Giovani al lavoro in un call center (archivio Emblema)
Con il Decreto «dignità» è rispuntata anche la fattispecie della «somministrazione fraudolenta» di manodopera, un’ipotesi di reato prevista inizialmente dalla Legge Biagi, abrogata poi con il Jobs Act, e che, come buona parte delle sanzioni in materia, è stata depenalizzata. Ora il ritorno, che potrebbe restituire agli ispettori dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro il potere di prescrivere l’immediata regolarizzazione del personale somministrato in maniera fraudolenta, soprattutto negli appalti irregolari di manodopera a false cooperative, ma che, quanto a sanzioni, appare decisamente insufficiente.
Proviamo a fare un po’ d’ordine. La legge Biagi, la 276 del 2003 prevedeva all’articolo 18 alcune «Sanzioni penali». In particolare per «l’esercizio non autorizzato delle attività [delle Agenzie di lavoro autorizzate alla somministrazione] ... è punito con la sanzione dell’ammenda di euro 5 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro. L’esercizio abusivo della attività di intermediazione è punito con la pena dell’arresto fino a sei mesi e l’ammenda da euro 1.500 a Euro 7.500 (...)». E all’articolo 28 si specificava che «ferme restando le sanzioni di cui all’articolo 18, quando la somministrazione di lavoro è posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicato al lavoratore, somministratore e utilizzatore sono puniti con una ammenda di 20 euro per ciascun lavoratore coinvolto e ciascun giorno di somministrazione».
Si trattava dunque di una sanzione penale con ammenda per quanto allora di limitata entità monetaria (5 euro al giorno per lavoratore per l’esercizio "abusivo", 20 euro, quattro volte tanto, per quello "fraudolento"). Questa previsione era stata poi modificata dalla legge 134 del 2012 elevando da 5 a 50 euro la sanzione.
Successivamente, però, il decreto 81 del 2015, il «Jobs Act», aveva del tutto abrogato la fattispecie della «somministrazione fraudolenta» lasciando solo le altre ipotesi. Soprattutto, il decreto legislativo 8 del 2016 approvato sempre dal governo Renzi aveva depenalizzato i «reati puniti con la sola pena pecuniaria», prevedendo che «non costituiscono reato e sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro tutte le violazioni per le quali è prevista la sola pena della multa o dell’ammenda», tra cui evidentemente anche l’illecita somministrazione di manodopera nelle varie forme.
Una scelta quest’ultima che aveva sollevato più di una perplessità nel mondo sindacale. Il segretario della Flai-Cgil dell’Emilia Romagna, Umberto Franciosi, per primo aveva denunciato come, oltre alla depenalizzazione, la previsione di un tetto massimo di 50mila euro per l’ammenda – a prescindere dal numero dei lavoratori coinvolti e dalle giornate in cui sono stati impiegati illecitamente e oltretutto riducibile di un terzo nel caso di pagamento immediato – rendevano praticamente nullo l’effetto deterrente sperato.
Ora, come detto, il Decreto «dignità» ha nuovamente modificato la normativa introducendo l’articolo 38-bis nel decreto legislativo n. 81 del 2015, in materia appunto di «somministrazione fraudolenta». La novella prevede che, ferme restando le sanzioni previste dalla normativa vigente in caso di violazione di norme in materia di somministrazione di lavoro (di cui sempre all’articolo 18 della Legge Biagi, la 276 del 2003), «quando la somministrazione di lavoro è posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore, il somministratore e l’utilizzatore siano puniti con un’ammenda di 20 euro per ciascun lavoratore coinvolto e ciascun giorno di somministrazione».
Si è ripresa dunque la formulazione originaria della legge Biagi ma non è stata aggiornata l’entità dell’ammenda fissata a 20 euro per ciascun lavoratore per giornata. Nel 2003 aveva un certo peso, oggi molto molto meno.
All’Ispettorato dovrebbe essere restituito il potere di ordinare la regolarizzazione dei lavoratori ma per un lavoratore somministrato in maniera fraudolenta, ad esempio da una falsa cooperativa, la sanzione per il somministratore e l'utilizzatore risulta davvero modesta. Pari a 1 euro e 65 centesimi per ora di lavoro (20 euro, ridotti di un terzo, divisi per 8 ore).
È il costo di un caffè al tavolino. Una cifra decisamente "sopportabile" come rischio per un’operazione fraudolenta, pari a circa 3.250 euro per un intero anno di contratto irregolare, posto in essere in maniera illecita evidentemente per ottenere un consistente risparmio sul costo del lavoro regolare.
Bene dunque il ritorno della fattispecie di reato, sarebbe necessario però quantomeno quadruplicare l’entità della sanzione affinché dispieghi un seppure minimo effetto deterrente. O frodare i lavoratori, la previdenza e il fisco continuerà a "convenire" decisamente.