Una persona su quattro non ha accesso all'acqua potabile - Ansa
L’acqua potabile è un bene a disposizione del 74% della popolazione mondiale ma ci sono ancora profonde diseguaglianze da colmare. Oggi è la trentesima giornata mondiale dell’Acqua, ricorrenza istituita nel 1992 come risultato della conferenza di Rio, e un rapporto di Onu e Unesco sottolinea come si faccia ancora troppo poco per renderla accessibile e sicura per tutti. I 13 miliardi di dollari all’anno di aiuti pubblici sono dieci volte inferiori alle risorse necessarie. In sofferenza soprattutto l’Africa subsahariana dove 400milioni di persone non hanno accesso ai servizi idrici essenziali. Un appello a fare dell’oro blu «un simbolo di condivisione, di dialogo costruttivo e responsabile a favore di una pace duratura » è arrivato da papa Francesco che ha inviato un messaggio al Forum mondiale sull’Acqua che si è aperto ieri a Dakar in Senegal. «L’acqua non può essere semplicemente un bene privato che genera profitti mercantili e soggetto alle leggi del mercato» ha sottolineato papa Francesco ricordando come la sua sicurezza sia «minacciata da inquinamento, conflitti, cambiamento climatico e abuso delle risorse naturali».
Dall’emergenza mondiale a quella italiana con consumi elevati e investimenti ridotti. Il nostro non è un paese che preserva le sue risorse idriche, quest’anno messe a dura prova da una siccità che ha portato gli invasi a livelli minimi. Il nuovo Blue Book, la monografia completa dei dati del servizio idrico integrato realizzata dalla Fondazione Utilitatis in collaborazione con l’Istat e la Cassa depositi e prestiti, certifica un consumo medio di 220 litri di acqua al giorno (con picchi di 236 nelle città), quasi il doppio della media europea che è di 125 litri. Colpa degli sprechi ma soprattutto di una rete idrica inadeguata che avrebbe bisogno di interventi consistenti. Nei capoluoghi di provincia in media va perso il 36,2% dell’acqua immessa in rete (dato comunque in leggero miglioramento negli ultimi anni) tanto che in 11 città del Mezzogiorno è stato necessario adottare misure di razionamento della distribuzione.
Gli investimenti realizzati negli ultimi cinque anni sono passati da 40 a 49 euro per abitante (+22% dal 2017), un livello ancora lontano dalla media europea che è di 100 euro. Restano ancora grandi differenze tra le aree del Paese con il Sud che si trova in una condizione di arretratezza. C’è ancora molta strada da fare, insomm, e in questa direzione è essenziale il contributo che arriverà dal Pnrr che destina 3,5 miliardi alle aziende del servizio idrico integrato per 75 progetti di manutenzione straordinaria. Obiettivo colmare il divario infrastrutturale del Sud e rendere le reti più resilienti agli effetti della crisi climatica. Ancora molta strada da fare sul fronte della consapevolezza: gli italiani diffidano dell’acqua del rubinetto (il 28% non la beve con punte del 60% in Sicilia) e consumano grandi quantità di minerale.