mercoledì 24 gennaio 2018
Continua a salire il patrimonio dei prodotti italiani Dop e Igp. Il loro peso conta l'11% nel complesso del settore. Mentre è di 60 miliardi di euro il giro d'affari dell'agropirateria
La qualità a tavola vale 15 miliardi
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Belli, buoni e ricchi. Sono così i nostri prodotti agroalimentari certificati. In qualche modo sempre più preziose e ricercate, e anche un po’ invidiate dal tutto il mondo, le prelibatezze nostrane valgono un patrimonio: 14,8 miliardi di euro. E devono essere difese con maggiore attenzione di prima.

La fotografia del gruppo più aggiornata è stata scattata dal Rapporto Ismea-Qualivita sulle produzioni agroalimentari e vitivinicole italiane Dop Igp Stg, l’indagine che da 15 anni analizza i più importanti fenomeni socio-economici del comparto della qualità alimentare certificata. La ricerca è stata presentata ieri e non lascia spazio a molti dubbi. L’Italia può contare su 818 Indicazioni Geografiche registrate a livello europeo. Quasi 15 miliardi di valore alla produzione, come si è detto, che significano 8,4 miliardi di valore all’export; una crescita del +6% su base annua e un aumento dei consumi nella grande distribuzione organizzata pari a +5,6% per le vendite Food a peso fisso e del +1,8% per il vino. E non basta, perché Ismea e Qualivita hanno posto l’attenzione anche sulle tendenze dell’ultimo decennio che ha registrato una crescita continua del sistema Dop Igp. A conti fatti, i prodotti certificati valgono adesso l’11% dell’industria alimentare e il 28% dell’export agroalimentare nazionale (nel 2015 era il 21%). La ricerca indaga poi nel dettaglio del settore. Emerge così che il comparto cosiddetto Food nel 2016 (anno più recente con dati certi), contava 83.695 operatori (+5% sul 2015), valeva 6,6 miliardi di euro alla produzione e 13,6 miliardi al consumo. Il comparto Wine, invece, con oltre 3 miliardi di bottiglie, valeva nello stesso anno 8,2 miliardi di euro alla produzione con una crescita del +7,8% e 5 miliardi di valore all’export (su un totale di 5,6 miliardi del settore). Ma non è tutto. Oltre ai blasoni miliardari, Ismea e Qualivita hanno pure constatato la presenza di un forte sistema di garanzie e controlli «attraverso una rete che, alla fine del 2017, conta 264 Consorzi di tutela riconosciuti dal Mipaaf e oltre 10mila interventi annui effettuati dagli Organismi di con- trollo pubblici». Sicurezza prima di tutto, quindi, ma anche territorio. Un altro dato che emerge dall’indagine, infatti, è la distribuzione lungo tutto lo Stivale agricolo di Dop e Igp. Con alcune concentrazioni. Così Parma si conferma la capitale dell’agroalimentare, con un valore della produzione di 1,45 miliardi di euro, seguita da Modena con 583 milioni di euro e Mantova con 437 milioni. Nel comparto del vino, invece, spicca Verona con 392 milioni di euro, seguita da Treviso con 324 milioni di euro e Siena con 250 milioni.

«I dati – ha detto Raffaele Borriello, direttore generale dell’Ismea – ci confermano il successo di un modello produttivo tipicamente italiano che fa perno sulla qualità, sulla distintività e sulla valorizzazione dei prodotti tipici e dei saperi locali». A confermarlo ci sarebbe proprio l’export (negli ultimi dieci anni è aumentato del 140%), dal quale però arrivano anche i rischi maggiori. «La domanda mondiale di eccellenze agroalimentari Made in Italy è prevista in crescita – ha aggiunto Borriello –. In uno scenario internazionale in continua evoluzione, è necessario rafforzare le politiche di valorizzazione delle nostre eccellenze alimentari, per potenziare le loro capacità di penetrazione sui mercati esteri, e di difesa dei prodotti italiani contro la concorrenza sleale delle imitazioni e delle contraffazioni».

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