venerdì 22 settembre 2023
Mariafrancesca Serra, 41 anni, eletta a capo dell’associazione, ha un profilo che rispecchia quello delle lavoratrici che rappresenta: il 25% ha una laurea e il 60% pratica attività green
Mariafrancesca Serra, neo responsabile Coldiretti Donne

Mariafrancesca Serra, neo responsabile Coldiretti Donne - Coldiretti

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Ingegnera e pastora. Mariafrancesca Serra munge le pecore, aiuta a far nascere vitelli e agnelli, cura le transumanze e segue una per una, con una App, i suoi capi di bestiame. Una professione “maschile”, ma solo nel passato: perché oggi la sarda Mariafrancesca, 41 anni, rappresenta un esercito di oltre 200mila contadine e pastore, essendo stata eletta, mercoledì, a capo delle Donne Coldiretti. E il suo profilo – 41 anni, laurea in Ingegneria edile-Architettura con master in Costruzioni ecosostenibili a Vienna, in Acustica ambientale a Roma ed esperienze lavorative anche in Giappone – rispecchia quello delle lavoratrici che rappresenta: il 25% è laureata, il 50% all’attività primaria ne accompagna altre come agriturismo, agriasili, fattorie didattiche, e il 60% pratica attività green come l’agricoltura biologica.

Mariafrancesca Serra, il suo è stato un ritorno alla terra dopo anni di formazione, anche all’estero. E alla fine ha scelto di rientrare a Usellus, un paese di 728 abitanti nell’Oristanese. Una storia da raccontare…

A 10 anni sono stata sradicata dal mio paese: la morte di mia madre ha costretto mio padre a mettere me e mio fratello maggiore in collegio. Io andai dalle suore francescane a Oristano, poi a Cagliari per il liceo scientifico e la laurea e infine all’estero per le specializzazioni. Ma per l’azienda di famiglia, un allevamento di bovini, suini e ovini, ho sempre svolto incarichi amministrativi. Due anni fa lui ha avuto problemi di salute, voleva vendere tutto. Diceva che era un lavoro troppo duro per una donna, che non voleva che io vivessi una vita di sacrifici come la sua. Ma non potevo disperdere un patrimonio di esperienza lungo 60 anni.

Ed è diventata pastora ed allevatrice a tempo pieno. Un mestiere da uomini, dunque?

Diciamo che stiamo crescendo di numero ma ci guardano ancora spesso come un’anomalia. Una delle mie missioni, come responsabile di Coldiretti Donne, sarà quella di farci vedere di più.

Descriva il suo lavoro.

La mia è un’azienda agro-zootecnica, allevo ovini, bovini e suini. L’alimentazione degli animali è prodotta da noi con foraggi e fieno dei nostri terreni. Ho un solo dipendente fisso e altri stagionali. Sono una imprenditrice presente a 360 gradi: mungo, faccio nascere i vitelli e gli agnelli, seguo le transumanze.

Barriere culturali e pregiudizi?

Quelli non mancano. Ci sono clienti che pretendono di parlare con un uomo e non si danno pace che io gestisca l’azienda con mio padre. Ma io resto me stessa, non nascondo la mia femminilità, nemmeno al pascolo.

Il 50% delle donne della Coldiretti, che lei ora rappresenta, ha una laurea. Lei addirittura due master. Come utilizza i suoi studi?

Cerco di innovare, pur nella tradizione. Applico l’allevamento di precisione: tutti i miei capi sono registrati su una App, ciascuno ha un codice con il quale recupero ogni informazione, sanitaria e fisica, eseguo l’ecografia sulle pecore per gestire al meglio l’alimentazione anche durante la gravidanza, so per ogni giorno del calendario quanti sono i parti previsti e quindi quanti capi avrò in ogni momento. L’allevamento di precisione è praticato da una nicchia di operatori, ma questo è il futuro. Ora sto studiando un progetto utilizzando i miei studi in acustica: usare certe frequenze per far stare bene gli animali.

Lei ha detto che le imprese agricole a conduzione femminili sono le più innovative. Perché?

Il 25% delle donne in agricoltura sono laureate, spesso in materie lontane e prima di arrivarci fanno esperienze diverse, in altri settori. Così riescono a portare nelle loro aziende una visione differente. Il 50% delle imprenditrici Coldiretti ha inoltre affiancato all’attività principale più attività collaterali: fattorie didattiche, agriasili, agriturismi, agricampeggi, agricosmesi. E poi c’è l’attenzione per il sociale, ad esempio con l’inserimento di lavoratori svantaggiati o di donne che hanno subìto violenza. Le donne hanno visione, sensibilità e creatività.

Oltre a essere Responsabile nazionale Donne Coldiretti, lei mantiene il ruolo di leader provinciale di Oristano e regionale della Sardegna. Pensa di essere un modello per le giovani che vogliono accostarsi al mestiere di contadina o pastora?

Spero di essere di ispirazione per tante donne che vorrebbero ma non hanno il coraggio di intraprendere questi mestieri. Vorrei dare coraggio alle ragazze - so che sono tante - che vorrebbero riprendere in mano le aziende di famiglia o i loro sogni. Vorrei che non si facessero scoraggiare da chi dice loro che si tratta di un mestiere umile oppure troppo duro per una donna. Vorrei che pensassero che i confini e i limiti sono solo mentali e culturali.

Quali sono i suoi progetti a favore delle donne della sua categoria?

Vorrei contribuire a creare un ambiente favorevole per le donne che lavorano in agricoltura. Occorre aumentare il contributo di maternità, che ora è bassissimo. E poi lavorerò per aumentare la presenza femminile nei ruoli apicali sia in Coldiretti che negli enti collegati. Il punto di vista delle donne è fondamentale.

Condivide la battaglia di Coldiretti contro i cibi sintetici?

Sì, del tutto. Dietro il cibo sintetico ci sono interessi milionari, ma noi siamo per il cibo buono, sano e made in Italy. Amiamo anche noi la tecnologia, ma la natura non si replica.

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