mercoledì 17 luglio 2024
Il report dell’Istat sui livelli di istruzione conferma la riduzione dei ragazzi inattivi: sono il 10% in meno rispetto al 2014 ma l’Italia resta penultima in Europa
L’esercito dei Neet si assottiglia. La laurea facilita l’occupazione
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In dieci anni sono diminuiti di dieci punti percentuali. Uno dei fenomeni più spinosi della disoccupazione giovanile, il proliferare dei cosiddetti Neet, ragazzi che non studiano e non lavorano, è in netta riduzione. A confermarlo gli ultimi dati dell’Istat che ieri ha diffuso un Report sui livelli di istruzione e i ritorni occupazionali degli italiani. I giovani tra i 15 e i 29 anni che non sono più inseriti in un percorso scolastico o formativo e non sono impegnati in un’attività lavorativa nel 2023 erano il 16,1% (1,3 milioni secondo il Cnel), in calo di 2,9 punti percentuali rispetto al 2022 e di ben 7 punti rispetto al 2021. La percentuale è al di sotto anche dei livelli del 2007 (18,8%), anno precedente la crisi economica. Il livello più alto era stato raggiunto nel 2014 quando più di un giovani su quattro (il 26,2% per la precisione) si trovava in questa condizione.

A livello europeo però l’Italia è penultima in classifica, seguita solo dalla Romania (19,3%), decisamente più indietro rispetto alla media (11,2%), alla Germani (8,8%), alla Francia e alla Spagna (entrambe al 12,3%).

Il gap con l’Europa è massimo per i diplomati (6,5%), scende a 4,7% per i laureati e al 2% per chi si è fermato alla scuola media. Il calo generalizzato dei Neet è infatti più marcato proprio per i bassi titoli di studio e deriva in questo caso da un significativo aumento dell’occupazione. L’incidenza di Neet tra i giovanissimi è molto contenuta (6,3%) per effetto dell’alta partecipazione a percorsi di istruzione che sfiora il 90%, sale invece al 19% nella classe di età 20-24 e al 22,7% tra i 25-29enni.

Le differenze di genere e di cittadinanza sono consistenti: la quota di Neet tra le straniere (35,8%) è di quasi 20 punti percentuali più elevata di quella tra le italiane (16%). Una differenza che si riduce ad appena 1,4 punti percentuali tra gli uomini (rispettivamente 15,7% e 14,3% per stranieri e italiani).

Ad incidere in maniera determinante sulla riduzione dei Neet l’aumento degli occupati ma anche dei livelli di istruzione. La percentuale di laureati tra i 25 e i 34 anni è passata dal 29,2% del 2022 al 30,6% del 2023 mentre nello stesso periodo nella media Ue il tasso di giovani con un titolo terziario è passato da dal 42% al 43,1%.

Avere una laurea in tasca è comunque una garanzia quando si parla di lavoro. Il differenziale nel tasso di occupazione delle persone tra i 25 e i 64 anni con un titolo terziario rispetto a quello secondario in Italia è di 11 punti, leggermente superiore alla media Ue (9,8%). Il tasso di laureati occupati è dell’84.3% e quello dei diplomati del 73,3%. Il gap sale a 15,7 punti tra gli under 35 che hanno conseguito il titolo da uno a tre anni prima (75,4% e 59,7% rispettivamente). Nell'indagine si rileva che quando i genitori hanno un basso livello di istruzione quasi un quarto dei giovani (24%) abbandona precocemente gli studi e poco più del 10% raggiunge il titolo terziario. Al contrario, se almeno un genitore è laureato, le quote diventano rispettivamente 2% e circa 70%.

Le donne sono più istruite degli uomini: una su quattro è in possesso di un titolo terziario, il 24,9% a fronte del 18,3% degli uomini. Il vantaggio femminile nell'istruzione non si traduce in un vantaggio lavorativo: il tasso di occupazione femminile è molto più basso di quello maschile (59% contro 79,3%). Ma al crescere del titolo di studio, i differenziali occupazionali di genere si riducono: sono a 32,3 punti percentuali per i titoli bassi (36,8% e 69,1% i tassi di occupazione femminili e maschili), 21,6 punti per i medi (62,4% e 84% i rispettivi tassi) e solo 6,9 punti per gli alti (81,4% e 88,3% i tassi di occupazione). Il tasso di occupazione tra le laureate è di 19% punti percentuali superiore a quello delle diplomate a fronte di soli 4,3 punti di differenza tra gli uomini. Anche le differenze con la media europea si riducono significativamente all'aumentare del livello di istruzione: sono massime per le donne con basso titolo di studio e minime per le laureate.

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