sabato 18 maggio 2024
Obiettivo ambizioso della Direttiva europea: rendere il patrimonio edilizio a emissioni zero entro il 2050. Opportunità per i professionisti del settore: ma servono più formazione e nuove competenze
Con l'efficienza energetica crescono anche i posti di lavoro

Con l'efficienza energetica crescono anche i posti di lavoro - Archivio

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Promuovere l'efficienza energetica degli edifici stabilendo anche nuovi standard per la costruzione di nuovi immobili (residenziali e non) che dovranno diventare a emissioni zero entro il 2030 grazie all’utilizzo, per esempio, di tecnologie sostenibili e all’adozione di soluzioni passive e attive per ridurre l'impatto ambientale. Oltre a una maggiore adozione di fonti di energia rinnovabile e sostenibile, evidenziando la necessità di abbandonare i combustibili fossili, anticipando il divieto delle caldaie a gas metano entro il 2040 e sostenendo l'integrazione di tecnologie solari con l'installazione di pannelli solari sugli edifici esistenti. Con queste intenzioni è nata la Epbd-Direttiva europea sull'efficienza energetica degli edifici, approvata nonostante il voto contrario del nostro Paese. L’obiettivo è molto ambizioso: rendere il nostro patrimonio edilizio a emissioni zero entro il 2050, senza tuttavia prevedere sanzioni per chi non rispetta gli obiettivi.


L'Epbd, che pone l'accento sull'importanza di una strategia di lungo termine, richiede agli Stati membri dell'Ue di garantire un miglioramento progressivo delle prestazioni energetiche degli edifici. Questo si traduce in una transizione che non si focalizza più esclusivamente sulla classe di efficienza dei singoli edifici, bensì sul raggiungimento di obiettivi intermedi di riduzione dei consumi, fissati al 16% entro il 2030 e al 20-22% entro il 2035. Occorre, però, agire con una certa rapidità perché circa il 40% dell'energia consumata nell'UE è attribuibile agli edifici, mentre oltre un terzo delle emissioni di gas serra legate all'energia proviene da questa fonte. Questa nuova legge avrà un impatto determinante sulle nostre case. In Italia, infatti, oltre l'85% degli edifici si trova in una classe energetica inferiore alla C, più della metà degli acquisti riguarda ancora immobili in classe F o G e l’80% degli immobili oggetto di compravendita richiede un miglioramento energetico. Nel 2023 sono stati investiti quasi 85 miliardi di euro nella riqualificazione del patrimonio edilizio.

«Per affrontare questa lotta ai cambiamenti climatici e la sfida verso un'economia a basse emissioni di carbonio – spiega Gionata Aldeghi, manager Renewables & Energy Efficiency Division di Hunters Group – saranno necessarie competenze e, secondo i dati elaborati dal nostro osservatorio, cresceranno del 10% le opportunità per gli auditor energetici e per gli energy manager. I primi, in particolare, sono professionisti capaci di condurre diagnosi energetiche approfondite, fornendo analisi dettagliate del consumo energetico e proponendo soluzioni per migliorare l'efficienza degli edifici; i secondi, invece, si occupano dello sviluppo e dell'attuazione di strategie per monitorare e ottimizzare il consumo energetico, contribuendo così a ridurre i costi legati all'energia».


Possibile creare altri 200mila posti qualificati e specializzati
La ricerca realizzata da The European House - Ambrosetti sulla conoscenza del concetto di edifici intelligenti (smart building) conferma la necessità di favorire una maggiore consapevolezza sul tema. Una vasta maggioranza degli italiani (oltre il 64%) ha dichiarato di avere informazioni scarse, generiche o nulle e oltre un quarto ha la percezione di costi elevati delle tecnologie e degli interventi (26,9%). «Con la recente pubblicazione della Epbd, si rafforza il ruolo del settore degli edifici per il raggiungimento dei target di decarbonizzazione stabiliti per il prossimo futuro. L'obiettivo prioritario di ridurre del 16% i consumi energetici degli edifici entro il 2030 rappresenta senza dubbio una sfida per l'Italia. Tuttavia, il nostro Paese può contare su una filiera legata agli edifici intelligenti in grado di generare un elevato valore economico e occupazionale. Nel 2022, la filiera estesa degli smart building ha generato 174 miliardi di euro di fatturato e 38 miliardi di euro di valore aggiunto, dando occupazione a circa 515mila individui. Non solo. La filiera ha un significativo potenziale moltiplicativo nel sistema economico: ogni 100 euro investiti nella filiera estesa dell'edificio Intelligente in Italia se ne generano ulteriori 187 nel resto dell'economia e per ogni 100 unità di lavoro dirette se ne attivano ulteriori 178 nel Paese», sottolinea Lorenzo Tavazzi, Senior Partner e Responsabile dell'Area Scenari & intelligence di The European House - Ambrosetti.

Considerando la posizione in cui l'Italia si trova attualmente, il tema della riconversione in ottica efficiente e smart degli edifici è di assoluta rilevanza, proprio in virtù dei benefici a livello ambientale ed economico per i cittadini attivabili. Il nostro Paese è caratterizzato da un parco immobiliare obsoleto, che vede l'84,5% degli edifici costruiti prima del 1990 (contro il 65,6% della Francia e il 75,3% della Germania), e da un basso tasso di rinnovamento edilizio, che in Italia è pari allo 0,85% all'anno (contro l'1,7% di Francia e Germania). Da un punto di vista ambientale, secondo le stime di The European House - Ambrosetti, nel Paese l'efficientamento degli edifici può portare a una riduzione fino al 33% dei consumi energetici e fino al 5% di quelli idrici, abbattendo inoltre le emissioni di CO2 di circa il 20-24%. Da un punto di vista economico, invece, se gli edifici più vetusti del parco immobiliare italiano fossero dotati di tecnologie smart i cittadini risparmierebbero 17-19 miliardi di euro netti all'anno e verrebbero abilitati investimenti per oltre 330 miliardi di euro. Non per ultimo, in questo scenario potenziale, la filiera sarebbe in grado di abilitare la creazione di ulteriori 200mila posti di lavoro qualificati e specializzati.

Sul tema formazione e competenze, sono state identificate alcune linee d'azione concrete, tra le quali le principali sono: sviluppare nuovi programmi di formazione in materia di smart building, attraverso esperienze pratiche e con chiari risultati di apprendimento, in termini di qualifiche professionali, a supporto di tutti gli operatori della filiera estesa; creare un cluster nazionale sulle tecnologie degli Edifici Intelligenti e istituire in questo contesto un centro di competenza e di trasferimento tecnologico che colleghi sistema della ricerca e mondo delle imprese, dove è possibile consultare online i corsi disponibili; rendere obbligatoria la formazione nel caso di grandi appalti pubblici di riqualificazione edilizia, istituendo ad esempio una clausola condizionata alle competenze in tema di riqualificazione smart. Oltre a un lavoro sulle competenze mancanti e quindi da "costruire", è necessario anche rafforzare i sistemi di formazione già esistenti potenziando i programmi formativi attraverso curricula dedicati al settore degli edifici intelligenti, incentivando la collaborazione tra aziende e Its-Istituti tecnici superiori attraverso tirocini mirati a sviluppare le competenze necessarie alla filiera e istituendo percorsi di formazione dedicati alle competenze informatiche necessarie per la gestione di un edificio intelligente.

Città più sicure e sostenibili con la rigenerazione urbana

L’Italia si trova ad affrontare sfide importanti legate soprattutto alla sostenibilità ambientale e all’implementazione di nuove tecnologie all’interno del complesso processo di trasformazione degli stili di vita per il benessere e la sicurezza delle persone nei luoghi, spazi, territori e città in cui vivono, operano e transitano. In risposta a queste sfide, come sostenuto da Remind, emerge sempre più l’importanza di promuovere la collaborazione tra pubblico e privato adottando un approccio integrato che consideri congiuntamente tre pilastri fondamentali dell’economia: l’immobiliare, le infrastrutture e i trasporti.

«Ormai si parla di rigenerazione urbana da 25 anni - afferma Benedetta Bonifati, amministratore unico di Master Engineering e vicepresidente di Ance Roma Acer - e non è ancora stata fatta una legge nazionale, che consenta di andare incontro alle necessità della rigenerazione urbana di oggi, perché fare rigenerazione urbana oggi significa ridurre il consumo del suolo, contrariamente ai principi dell’espansione. Ci sono quindi dei limiti, posti da queste leggi del passato, che devono essere ​superati, altrimenti la rigenerazione urbana diventa impossibile».

Angelica Donati, responsabile di Sviluppo Business Donati e presidente di Ance Giovani, riconosce che «nel settore delle costruzioni ci troviamo di fronte a una carenza evidente di rinnovamento generazionale, una situazione che minaccia seriamente il
futuro di tutti noi. È evidente che un settore con un’età media dei lavoratori superiore ai 50 anni e un tasso di rinnovamento abbastanza scarso, il quale registra invece una costante diminuzione della forza lavoro, si troverà ad affrontare notevoli difficoltà in futuro. Con l’entrata in vigore della nuova direttiva Green europea e l’attenzione crescente su livello nazionale, c’è una spinta verso il rinnovamento sostenibile del nostro patrimonio edilizio. Questa sfida è anche un’opportunità per l’Italia, che ha una grande quantità di edifici classificati nelle categorie energetiche meno efficienti. Per noi è cruciale avere un solido piano industriale a lungo termine che non solo ci guidi verso il 2050, ma che incoraggi anche gli investimenti delle imprese nel futuro. Stimiamo che circa 200mila persone siano necessarie per implementare le iniziative legate al Pnrr e alla nuova Direttiva Green. Contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, il settore delle costruzioni non è antiquato o poco remunerativo. Si tratta di un settore in continua evoluzione, con numerosi esempi di innovazione sia digitale sia operativa. Questo settore offre prospettive di carriera solide e retribuzioni competitive. È importante sottolineare che questo può rappresentare una via d’uscita per i circa due milioni di giovani che si trovano attualmente in una situazione di inattività, né studiano né lavorano».

«Le nostre città, i nostri paesaggi, le strade e i vicoli sono il risultato di quella complessa commistione di tradizione e innovazione, di bellezza e funzionalità, che sono l’essenza del made in Italy - precisa Paolo Crisafi, presidente di Remind -. È fondamentale considerare che le azioni che intraprendiamo oggi avranno un impatto significativo sul futuro dell’Italia e sulle generazioni a venire: siamo, infatti, i luoghi che abitiamo. Collaboriamo con il Governo, il Parlamento e le altre Istituzioni, in particolare, nell’individuare e porre in essere le direttrici su cui bisogna lavorare riassunte nelle tre S: Senior Housing, Social Housing e lo Student Housing».

Intanto un protocollo d'intesa è stato siglato tra Legacoop - l'associazione che riunisce oltre 10mila imprese cooperative italiane - e il Gse-Gestore dei servizi energetici - società del ministero dell'Economia che in Italia promuove lo sviluppo sostenibile. L'obiettivo è supportare le imprese cooperative italiane nell'attuazione della transizione energetica attraverso un maggiore utilizzo delle fonti rinnovabili, la promozione di configurazioni di autoconsumo per la condivisione dell'energia rinnovabile e l'efficientamento energetico del patrimonio immobiliare e degli asset produttivi e dei propri processi.

Ance: con la riqualificazione sale il valore delle case

Far salire di sole due classi energetiche il patrimonio edilizio residenziale consente la riduzione media del 40% della bolletta di una famiglia, pari a un risparmio annuo di 1.067 euro ai costi del 2022 e allo stesso tempo un incremento del valore delle abitazioni in quanto una casa ristrutturata vale mediamente il 44,3% in più di una casa da ristrutturare. Incremento che arriva al 50,8% fuori dalle aree metropolitane in luoghi non turistici, mentre nelle periferie le case ristrutturate valgono il 40,5% in più di quelle non ristrutturate. Lo rivela il report Il valore dell'abitare. La sfida della riqualificazione energetica del patrimonio edilizio italiano promosso da Cresme, Fondazione Symbola, Assimpredil Ance e European Climate Foundation.

«La sfida più importante che il settore edilizio dovrà affrontare nei prossimi anni riguarda la decarbonizzazione del patrimonio edilizio e serve una riflessione sulle possibili linee di intervento per l'attuazione in Italia della nuova direttiva europea recentemente approvata e sulle opportunità di medio-lungo periodo per il Paese in termini di riduzione della dipendenza energetica, potenziamento della filiera delle costruzioni e delle competenze, riduzione della bolletta energetica delle famiglie - sostengono i promotori dell'indagine -. Lo stock edilizio nazionale, stimato al 2022, è di 12.539.173 edifici residenziali che ospitano un totale di 32.302.242 abitazioni di cui il 78,4% circa (25.324.854 abitazioni) è occupato da famiglie residenti. Un numero considerevole che rende l'Italia primo paese in Europa per numero di case per 1.000 abitanti: se usiamo i dati dello stock abitativo dell'Istat, in Italia risultano 599 abitazioni ogni mille abitanti contro una media europea di 506, seguono Portogallo (582), Norvegia (579), Finlandia (576) e Francia (566). Un primato che evidenzia la centralità delle politiche per la casa nel nostro Paese, soprattutto alla luce di una graduale perdita di valore dello stock edilizio, specialmente nelle aree periferiche, dovuta al fatto che il 72% degli edifici ha più di 43 anni ed è stato costruito prima della legge sull'efficienza energetica e che il 68,5% delle abitazioni hanno una classe energetica compresa tra la E e la G. La forte crescita degli investimenti attivati dagli incentivi fiscali dell'ultimo triennio ha di fatto determinato la crescita occupazionale nell'edilizia, attivando una media annua di oltre 639mila occupati diretti, che salgono a oltre 959 mila considerando anche l'indotto. I soli lavori di riqualificazione energetica hanno generato una media annua di 371 mila occupati diretti e 556 mila occupati nella filiera. Nello stesso periodo le costruzioni, settore storicamente basso nelle classifiche sulla competitività, hanno sperimentato l'aumento maggiore della produttività oraria nel quadro economico: rispetto alla media del triennio pre-crisi (2017-2019), il dato del 2022 certifica una crescita della produttività oraria del +9,2%, mentre il totale dell'economia segna un incremento di "appena" il +2,8%. L'obiettivo sfidante di far scendere il consumo medio dell'intero patrimonio edilizio del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035 deve rappresentare per il Paese una occasione per creare lavoro, sviluppare nuove competenze e dare nuovo impulso alla filiera edilizia, motore della crescita economica interna».

Per Lorenzo Bellicini, direttore del Cresme, «la sfida del cambiamento climatico si gioca sul piano dei comportamenti delle persone e sulle risposte di efficienza tecnica che siamo in grado di sviluppare: il nostro patrimonio edilizio è caratterizzato da un lato da classi energetiche molto basse, ma allo stesso tempo da condizioni climatiche molto diverse energetiche degli immobili, ad esempio migliorando di due classi energetiche attuali il nostro patrimonio edilizio, servirebbero tra i 260 e i 320 miliardi di euro, occorre quindi pensare a modalità di intervento che garantiscano il raggiungimento degli obiettivi che ci vengono posti dall'Europa per gradi partendo dagli edifici più energivori, e con un percorso di medio-lungo periodo, che oltre a garantire un più corretto rapporto tra domanda e offerta, consentirebbe alle imprese di programmare investimenti in grado di porre le costruzioni alla testa del processo di innovazione».

Gli ingegneri chiedono un Piano di ristrutturazione

Attualmente gli edifici rappresentano oltre un terzo delle emissioni di gas serra nell’Ue. Vengono previsti degli standard
minimi di prestazione energetica. Ma già entro la fine del 2025 il nostro Paese dovrà definire e consegnare il Piano nazionale di ristrutturazione. Lo dichiarano gli ingegneri. «La Epbd – rimarca Angelo Domenico Perrini, presidente del Cni-Consiglio nazionale degli ingegneri – così come approvata, rappresenta un passo in avanti crea le premesse per affrontare in modo più credibile la questione dell’efficientamento energetico di un patrimonio edilizio ormai vetusto, non solo in Italia ma anche nel resto d’Europa». Obiettivo della Epbd è avere edifici a emissioni zero al 2050. Saranno coinvolte quasi 12 milioni di famiglie. Resta aperta la questione sulle risorse finanziarie. Gli ingegneri ritengono i principi della direttiva «un buon punto di partenza» per agire sul parco edilizio e contribuire a combattere i cambiamenti climatici. Sono infatti i singoli Stati che dovranno trovare la giusta combinazione di strumenti e tecnologie per raggiungere gli obiettivi: al cuore del ragionamento degli ingegneri c’è infatti proprio l’appello a mettersi al lavoro nell’immediato per definire il percorso verso il Piano nazionale di ristrutturazione. Sul punto il Cni offre la propria disponibilità per una collaborazione, chiedendo allo stesso tempo «un’interlocuzione con il governo». Prima di tutto – precisano gli ingegneri – è necessario individuare il campo di azione e poi definire gli interventi di ristrutturazione e di efficientamento energetico a seconda dello stato degli edifici. Naturalmente serve avere un quadro chiaro del patrimonio edilizio esistente. A questo si deve aggiungere che l’efficienza energetica ha senso se portata avanti insieme con una riqualificazione strutturale e anti-sismica.

Dalla banca dati dell’Enea sulle attestazioni di prestazione energetica emerge che gli immobili residenziali nelle classi meno performati (E, F e G) rappresentano il 70,1% del totale dei 12 milioni di immobili presenti in Italia. Ragionando in termini unità abitative occupate da residenti (escludendo le case vacanza o seconde case), secondo le stime del Cni, quelle più energivore
sarebbero 13,4 milioni. Stime che però lo stesso Cni ritiene «insufficienti». C’è infatti una «carenza di dati di dettaglio sullo stato effettivo del patrimonio edilizio e la mancanza di diagnosi energetiche degli edifici» anche per «stabilire una scala di priorità».

Inoltre, c’è da tener presente il rinnovo progressivo degli impianti termici, dato che saranno ammessi solo quelli ibridi e poi vietati quelli alimentati da fonti fossili. Da affrontare anche la questione dei finanziamenti dei Piani nazionali di ristrutturazione. La Epbd lascia ai singoli Stati la possibilità di individuare le misure più adatte; si menzionano mutui ipotecari verdi e interventi di sostegno per le famiglie meno abbienti. Secondo una stima del Centro studi del Cni la prima parte di interventi ritenuti più urgenti – in base alle indicazioni della direttiva – ricadrebbe sul 43% degli edifici più energivori, e coinvolgerebbe 11,8 milioni di case. Gli ingegneri lanciano una proposta: «Iniziare ad attivare una sorta di "cantiere" che porti alla predisposizione del Piano nazionale di ristrutturazione. Sarà una prova estremamente difficile, ma il nostro Paese ha le competenze per elaborarlo. L’auspicio è che da parte delle istituzioni ci sia anche la predisposizione di un Piano finanziario che renda fattibile uno sforzo così consistente».








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