Si sa che l’Italia è un paese di anziani: e lo sarà sempre di più. Basta guardare i numeri per capirlo. Gli ultimi dati Ocse dicono che nel 2050 ci saranno 74 persone al di sopra dei 65 anni per ogni 100 persone di età compresa tra 20 e 64 anni (rispetto al 38% di oggi). Saremo così uno degli stati più "vecchi" assieme a Giappone e Spagna. Un record che rende necessario un innalzamento dell’età pensionabile, dal 2019 sarà spostata a 67 anni e via via si procederà con l’adeguamento all’aspettativa di vita che oggi supera gli 85 anni, ha ricadute considerevoli in termini di spesa sanitaria e sociale. Gli anziani però, più che un problema, potrebbero rappresentare una risorsa. A patto che invecchino bene, tutelando la propria salute a 360 gradi. Serve un cambio di prospettiva, vale a dire la possibilità di fare dell’invecchiamento della popolazione un modo per tutelare la salute e al tempo stesso i conti pubblici. Anziani con meno malattie croniche e disabilità renderebbero maggiormente sostenibili i sistemi sanitari e previdenziali.
Rischi e opportunità dell’aumento della longevità della popolazione sono al centro delle tre giornate di studio - da oggi a sabato - promosse dalla Fondazione Ferrero di Alba nell’ambito di un accordo quadro stipulato con l’Università Cattolica, dal titolo «Invecchiamento di successo 2017: ageing opportunities». Alla tre giorni, cui interverrà anche il rettore Franco Anelli, prenderanno parte i docenti dell’Ateneo Lorenzo Morelli, Roberto Zoboli, Walter Ricciardi (attualmente alla guida dell’Istituto superiore di Sanità), Roberto Bernabei, Claudio Lucifora. Quest’ultimo terrà una relazione su invecchiamento, pensionamento e domanda di servizi sanitari utilizzando le informazioni tratte dalla Survey of Health, Ageing and Retirement in Europe e confrontando l’esperienza di diversi paesi europei.
Secondo il professor Lucifora il pensionamento incide significativamente sulle decisioni di investimento in salute e prevenzione degli individui. Anche perché dopo la pensione i soggetti si recano di più dal medico e, indipendentemente dalle proprie condizioni di salute, «si curano di più». C’è da dire che l’aumento risulta più pronunciato per quei lavoratori che avevano ritmi molto intensi, orari di lavoro prolungati e, più in generale, «poco tempo» per curarsi. Questo effetto è trainato principalmente dagli uomini, mentre le donne presentano una maggiore consuetudine e regolarità nel ricorso ai servizi sanitari sia prima sia dopo il pensionamento. L’università Cattolica ha condiviso con la Fondazione Ferrero l’interesse per l’active and healthy ageing stipulando, nell’ottobre 2016, un accordo quadro di collaborazione negli ambiti della ricerca e della formazione, di cui è espressione l’evento di Alba «Invecchiamento di successo 2017: ageing opportunities».