Sempre più donne lavorano nella farmaceutica - Archivio
L'industria farmaceutica in Italia rappresenta uno dei principali poli a livello europeo e mondiale. Conta infatti 68.500 addetti diretti nel 2022, 90% laureati e diplomati, 44% donne (53% nella ricerca e sviluppo), 150mila addetti inclusi i fornitori e un +9% di crescita occupazionale tra il 2017 e il 2022. Inoltre - sempre secondo i dati di Farmindustria - sono più di 235 le aziende con almeno dieci addetti. Nel Centro-Nord ci sono l'87% delle imprese e il 91% degli addetti. Le prime cinque regioni per addetti sono Lombardia (24mila addetti diretti, 53mila con i fornitori diretti), Lazio (13mila addetti diretti, 29mila con i fornitori diretti), Toscana (7mila addetti diretti, 16mila con i fornitori diretti), Emilia Romagna (5mila addetti diretti, 11mila con i fornitori diretti) e Veneto (5mila addetti diretti, 10mila con i fornitori diretti). Nel 2022 ammonta a 49 miliardi di euro la produzione con 47,6 miliardi di export, a crescente valore aggiunto. Ci sono 3,2 miliardi di investimenti in produzione e R&S (ricerca e sviluppo), 700 milioni all'anno investiti in studi clinici (dove per ogni euro investito dalle aziende, il Servizio sanitario realizza un vantaggio complessivo di quasi tre euro). E il 2% del Pil è rappresentato dal valore aggiunto diretto e nell'indotto. Inoltre crescono, i "campioni" della farmaceutica a capitale italiano. È quanto emerge da uno studio condotto da Nomisma su 13 aziende guida del settore che, nel 2022, hanno visto crescere complessivamente del 12,6% i loro ricavi aggregati a quota 14,3 miliardi, grazie all'export, avanzato del 14,9%, agli investimenti, saliti del 25% e all'innovazione. Sotto la lente dell'istituto di ricerca bolognese sono finite - ribattezzate Fab13 - Alfasigma, Abiogen Pharma, Angelini Pharma, Chiesi Farmaceutici, Dompé farmaceutici, Ibn Savio, Italfarmaco, Kedrion, Menarini, Molteni, Mediolanum farmaceutici, Recordati e Zambon. Società, viene evidenziato, a prevalente controllo familiare, caratterizzate da forte radicamento sui territori regionali in cui sono insediate e in cui hanno stabilito il proprio quartier generale. A trascinare il fatturato aggregato delle principali imprese italiane del farmaco, sono i ricavi generati all'estero, progrediti del 14,9% mentre sul mercato domestico la crescita è stata più contenuta e pari al 7%). Il mercato estero è arrivato a rappresentare il 72,6% delle vendite totali. Quanto agli investimenti, questi sono ammontati a 3,4 miliardi (+25% rispetto al 2021) con un'incidenza sui ricavi annuali pari al 23,7%. Tra gli interventi principali previsti: 1,6 miliardi per sostenere l'attività di ricerca e sviluppo; 1,3 miliardi per acquisizione di aziende, prodotti e licenze; 250 milioni per miglioramenti infrastrutturali di efficientamento e ampliamento delle aree produttive e per l'acquisto di attrezzature e macchinari. E a fianco dell'incremento di fatturato e investimenti, si registra anche quello degli occupati: nel 2022 le 13 società hanno impiegato, a livello globale, 43.736 addetti con un rialzo dell'1,3% rispetto al 2021. Oltre 800 milioni di euro di export nel 2022, cresciuto del 172% negli ultimi cinque anni e pari a circa il 10% dell'export manifatturiero della regione e al 75% dell'export hi-tech regionale.
Nel 2023 riprendono le acquisizioni
Il settore farmaceutico, biotech e medtech negli ultimi anni ha registrato una forte crescita, principalmente dovuta a un aumento della domanda e alla risposta alla pandemia. Nonostante la grande incertezza che caratterizza l'attuale contesto sociopolitico ed economico, la sfida per i player del settore nei prossimi anni è quella di confermare questo andamento attraverso leve come acquisizioni strategiche, dismissioni di asset ritenuti non necessari alla crescita, investimenti in R&S e potenziamento nell'adozione del digitale. È quanto emerge dal report di Deloitte Life Sciences Global Outlook 2023, che esplora le tendenze caratterizzanti del settore delle scienze della vita e le principali aree di investimento che potrebbero consentire alle aziende di cogliere le opportunità e consolidare una crescita complessiva che per tutti i suoi comparti nel 2022 - farmaceutico, biotecnologico e medtech - si stima valga 2,83 trilioni di dollari. In un mercato sempre più competitivo e un panorama normativo in continua evoluzione, evidenzia il report, le aziende del settore si stanno concentrando sull'innovazione e sulla collaborazione con altri attori dell'ecosistema sanitario, con l'obiettivo di continuare a crescere ed intercettare le esigenze di operatori sanitari e pazienti alla ricerca di terapie personalizzate. Un ruolo importante è rivestito dalle tecnologie digitali capaci di rendere i processi di R&S e le catene di fornitura meno costosi e più agili. Tra le principali tendenze rintracciate spicca una evoluzione dei portafogli, frutto di operazioni di consolidamento nel settore. Dopo la flessione registrata in particolare nell'ultimo anno, con il valore delle transazioni passato da 306 miliardi di dollari nel 2021 a 135 miliardi di dollari nel 2022, nel 2023 si prevede un aumento del valore delle transazioni di fusione e acquisizione nel settore delle Life Sciences grazie a una maggiore concorrenza e domanda di prodotti multi-indicazione. In un settore che sta investendo maggiormente in R&S (91%), innovazione digitale (87%) e prodotti innovativi (95%), i vaccini e i trattamenti di nuova generazione, come la terapia genica e cellulare, possono rappresentare nuovi flussi di entrate.
Il fattore risorse umane
Le risorse umane rappresentano un punto di forza del settore farmaceutico e tra i principali elementi di attrazione degli investimenti. Non è un caso che si sia registrato un aumento dell'occupazione del 9% tra il 2017 e il 2022, con picchi del 16% per i giovani e del 13% per le donne. Lo ricorda Farmindustria che proprio ai dipendenti delle aziende del farmaco dedica la IX edizione della Scuola Farmindustria. Obiettivo dell'iniziativa: far conoscere meglio e sempre di più i diversi aspetti in cui ogni giorno opera l'industria farmaceutica. I partecipanti di quest'anno - riferisce una nota - sono oltre 400 e portano a 3mila il numero complessivo delle nove edizioni. «Formazione, competenze, partnership, network - afferma Marcello Cattani, presidente di Farmindustria - sono gli elementi chiave per cogliere le opportunità innovative che la grande trasformazione tecnologica e digitale mette a disposizione. Nella farmaceutica viviamo un'epoca di accelerazione sia quantitativa - con 20mila nuovi farmaci in sviluppo e 1.600 miliardi di investimenti in R&S previsti nel mondo tra il 2023 e il 2028 - sia qualitativa con cure sempre più mirate e personalizzate che richiedono competenze nuove e multidisciplinari, strategiche al pari delle materie prime. La Scuola Farmindustria in tal senso vuole essere un servizio per le aziende, apprezzato dai partecipanti in questi anni». Il focus della prima giornata è stata la descrizione dell'attività dell'associazione - chiamata ad affrontare nuove sfide e cogliere le opportunità nel contesto attuale - con i suoi diversi gruppi strategici (Ricerca, Produzione di valore, Accesso e valore, Lavoro e sostenibilità, Digital e Connected care) e la struttura. Nella seconda giornata al centro del dibattito la strategia farmaceutica della Commissione europea. Dalla revisione della legislazione al regolamento sulla valutazione dell'Health technology assesment. Dalle nuove regolamentazioni sull'impatto ambientale allo European health data space. Approfondite anche altre tematiche: il processo legislativo e il dialogo con le istituzioni; il sistema di proprietà intellettuale, di data protection e di market exclusivity; la trasformazione del lavoro e gli impatti su organizzazione, profili professionali e politiche di Welfare di settore; media e social media.
Un tavolo per migliorare la competitività
Presieduto dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso e dal ministro della Salute Orazio Schillaci si è tenuto a Palazzo Piacentini il primo tavolo per il settore Farmaceutica e Biomedicale. Presenti anche i sottosegretari, Massimo Bitonci e Marcello Gemmato, i rappresentanti delle aziende farmaceutiche, i rappresentanti delle aziende biomedicali, i rappresentanti della Conferenza Stato-Regioni, i sindacati e le associazioni di categoria. Il settore farmaceutico ha vissuto negli ultimi anni una grande trasformazione, diventando un settore strategico e di primaria importanza nel quadro della politica industriale nazionale e globale. L'intera filiera ha infatti avviato in tutto il mondo politiche pubbliche di attrazione investimenti che stanno determinando le scelte localizzative per i prossimi dieci anni, cambiando di fatto i rapporti di forza tra Paesi e Continenti. In questo scenario è diventato essenziale un profondo cambiamento verso politiche volte ad aumentare l'autonomia strategica dell'Italia e azioni per incrementare gli investimenti delle aziende del settore. Il tavolo nasce dall'esigenza di aumentare, alla luce della sua strategicità in Italia e in Europa, gli investimenti per salute, crescita, occupazione e sicurezza. Per questo motivo è fondamentale definire un piano di politica industriale e l'aumento dell'attrattività dell'Italia per gli investimenti nel settore. «Oggi l'industria farmaceutica - ha commentato Urso - è centrale e strategica su scala globale. Dobbiamo sviluppare investimenti nel settore e attrarne di nuovi e utilizzare al meglio gli strumenti che abbiamo. La politica industriale italiana deve essere al passo. La pandemia ci ha insegnato quanto importante sia l'industria farmaceutica e quanto necessario sia raggiungere una autonomia strategica su ricerca e approvvigionamenti. Per questo è importante il coordinamento tra il sistema sanitario e quello industriale». «Si tratta di un tavolo molto importante - ha affermato il ministro Schillaci - dall'innovazione in campo farmacologico e farmaceutico possono venire nuove cure per i malati, come è stato dimostrato soprattutto nel periodo che abbiamo appena vissuto. Sarà, quindi, molto utile un confronto con tutti gli stakeholder del settore». Le segreterie nazionali di Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec Uil riferiscono che nel corso della riunione, in cui si sono riaffermate le caratteristiche strategiche del settore farmaceutico per il nostro Paese e il ruolo di leadership che occupa a livello Europeo, sia sul versante industriale che per i risultati economici, si sono anche evidenziate le problematiche e le criticità che possono minare gli importanti risultati raggiunti. «Infatti - si legge nella nota sindacale - stiamo assistendo a livello internazionale, soprattutto negli Stati Uniti che in Cina e nei Paesi Arabi, a importanti investimenti sia sul versante della ricerca che sul versante delle innovative 'piattaforme tecnologiche' che causeranno, in assenza di una adeguata politica da parte dell'Europa, una condizione di subalternità di un settore strategico. Molteplici gli elementi emersi affinché il nostro Paese possa migliorare il grado di competitività raggiunto, soprattutto aumentando l'attrattività degli investimenti sia sul versante della ricerca di base e pre-clinica, dove registriamo forti carenze, che sul versante delle produzioni innovative. Per rafforzare la base industriale e incrementare l'autonomia strategica, come emerso in modo evidente a seguito della pandemia, si pone anche la necessità di sviluppare la filiera ora in gran parte dipendente per i principi attivi dalla Cina e dall'India». «Inoltre, si è sottolineata la necessità di adeguare il Fondo sanitario nazionale alla domanda di salute, come di intervenire sull'attuale meccanismo del pay back che agisce in modo distorsivo nel rapporto industria del farmaco e domanda del Servizio sanitario. Sostanzialmente è emersa la necessità di una politica industriale di settore che punti al suo sviluppo e che tenga conto, in modo coordinato, degli aspetti sanitari, industriali ed economici. Sui temi emersi si terranno prossimamente specifici tavoli tecnici di approfondimento, i cui risultati confluiranno in un documento del Mimit che dovrebbe costituire la base di una politica industriale del governo», conclude la nota dei tre sindacati di categoria.
Un libro sulle aziende farmaceutiche in Italia
Impresa farmaceutica e organizzazioni è il nuovo libro a cura di Leonardo Frezza, edito da Edizioni Edra. Descrive nel dettaglio l’organizzazione e i processi su cui si fonda un'impresa farmaceutica: dal contesto alle strutture, dal capitale intellettuale a quello professionale, fotografando l’interno di un’impresa che opera nel mercato farmaceutico e life science. Il volume si posiziona dunque come una vera e propria guida a tutto tondo, e si rivolge a chiunque voglia approfondire il funzionamento del settore farmaceutico: dai manager agli studenti universitari, dagli specialisti di vari settori, ai referenti della sanità, fino alle associazioni dei pazienti. L’autore del libro, managing partner di Frezza & Partners e Jefferson Wells Advisor, da anni opera all’interno del settore farmaceutico e life science nell’ambito della ricerca e selezione di profili dirigenziali. Il volume, inoltre, include la presentazione di Marcello Cattani, presidente di Farmindustria, e un’introduzione a cura di Alessandro Testa, direttore di Jefferson Wells, il brand di ManpowerGroup specializzato nella selezione di profili dirigenziali e manageriali in settori specifici, tra cui quello farmaceutico e Life Science. «Il libro propone una fotografia di come è organizzata un'impresa appartenente all’industria farmaceutica. Si tratta di un settore altamente complesso e questo progetto si pone l'obiettivo di illustrare, ad addetti e non addetti, l’imprenditorialità e la professionalità delle organizzazioni che si occupano di scienza e business, attraverso un viaggio per capire come siano strutturate aziende scientifiche, tecnologiche e specializzate, attive a livello domestico o internazionale, a partire dalla ricerca e dallo sviluppo, per passare al manifatturiero, fino alla distribuzione, alla governance e al comparto marketing e commerciale», afferma Frezza. «La maggiore difficoltà è stata tradurre in sintesi mondi altamente complessi e renderli comprensibili in maniera agile. Il libro si rivolge a chi ha bisogno di avere una visione organizzativa onnicomprensiva e coordinata del mondo farma e a chi vuole approfondire i vari argomenti». «Questo libro può rappresentare una bussola di riferimento per chi vuole comprendere quali siano i possibili percorsi professionali in un settore molto complesso e con caratteristiche uniche», dichiara Testa. «È innanzitutto un settore dove la parità di genere è quasi raggiunta, col 43% di addetti e dirigenti donna, e in cui la formazione accademica è essenziale, così come le competenze digitali. Infatti, sempre più anche in questo settore si andrà alla ricerca di professionisti ibridi, esperti non solo nel loro campo di studi ma anche di discipline informatiche. Una tendenza che riguarderà i profili ad ogni livello, dai giovani talenti ai manager e dirigenti». «Abbiamo aderito con piacere a questo progetto che offre una chiave di lettura diversa e di grande utilità per quanti vogliano conoscere nel dettaglio come sono organizzate e funzionano le imprese farmaceutiche - sostiene Cattani –. Il volume di Leonardo Frezza, con uno stile immediato e chiaro, ci porta a considerare che conoscenza, competenza e valori manageriali sono preziosi per innovare e competere a livello nazionale e internazionale. In questo scenario si pone una questione di prospettiva, di variabili in gioco e di previsione sulle risorse per il futuro. Con la necessità conseguente di attrarre investimenti e di porre ancora maggiore attenzione alla formazione. L’asticella da superare per rimanere competitivi è sempre più elevata e le aziende farmaceutiche che investono in Italia lo sanno e vogliono rispondere a questa sfida che richiede però un quadro regolatorio e una governance rinnovati e al passo con i tempi».
Il record in Abruzzo, Novartis amplia il sito di Torre Annunziata (Napoli), l'exploit ad Ascoli
Milletrecento addetti diretti che raggiungono i 3mila con i settori fornitori. Sono i numeri della presenza dell'industria farmaceutica in Abruzzo, che vede presenti importanti aziende come Alfasigma, Dompe', Menarini, Sanofi. L'Aquila e Pescara risultano fra le principali province in Italia sia per numero di addetti nella farmaceutica sul totale in Italia, sia per incidenza degli addetti sul totale manifatturiero della provincia. A L'Aquila l'export della farmaceutica è cresciuto del 58% e il settore è primo con il 53% dell'export manifatturiero nel 2022 (44% nel 2021). Grazie alla qualità delle risorse umane e agli elevatissimi investimenti delle imprese (60 milioni circa in R&S farmaceutica, una cifra che rappresenta oltre il 20% del totale delle imprese nella regione), in Abruzzo la produttività del lavoro della farmaceutica è superiore a quella di Paesi come Germania, Francia o Spagna. A fronte di un'occupazione pari all'1,6% del totale regionale, il valore aggiunto è del 6,1%. Una caratteristica che consente di incrementare gli addetti di qualità con una remunerazione superiore a quella della media manifatturiera in Abruzzo e quindi maggiore capacità di spesa che si rivolge prevalentemente al territorio. Un dato su tutti: l'export regionale nel 2022 è stato pari a oltre 800 milioni di euro, con una crescita del 172% negli ultimi cinque anni. A fare la differenza qui, ha aggiunto Sergio Dompè, presidente di Dompè Farmaceutici, «è la qualità degli abruzzesi, capaci di rialzarsi dopo il terremoto che qui nel nostro stabilimento ha fatto danni importanti per dieci milioni di euro». Più in generale, l'Italia «spende meno di altre nazioni in ricerca e sviluppo, ma se si fa il rapporto tra la spesa, il numero di ricercatori e la resa, i nostri ricercatori sono tra i migliori al mondo», ha aggiuto. Positivo anche il giudizio della ministra dell'Università e Ricerca Anna Maria Bernini, secondo la quale «siamo grandi in Europa e nel mondo grazie a un'industria farmaceutica che cresce continuamente». Una nuova spinta arriverà inoltre dal Pnrr, che prevede 11 miliardi per la ricerca. Questa sarà «la condizione preliminare - ha detto Bernini - per dare un booster di crescita e di innovazione non solamente alle nostre università ma anche alle nostre imprese, che ormai vanno di pari passo». Tuttavia, le criticità non mancano. Le sfide oggi sono «grandi, ma o comprendiamo questa innovazione e ci attrezziamo per poterla gestire o - ha avvertito Cattani - saremo indietro a rincorrerla. Ci vogliono regole nuove e cambio culturale». In generale, riferendosi al settore farmaceutico, Cattani ha rilevato come «le risorse non sono adeguate, perché la sanità e la farmaceutica hanno vissuto negli anni vari tagli e oggi questo sistema ha dimostrato i suoi limiti». Un investimento da 32 milioni di euro per ampliare il sito produttivo di Novartis Italia a Torre Annunziata (Napoli). Il piano, che ha ricevuto l'approvazione del commissario per la Zes (Zona economica speciale) campana Giuseppe Romano, prevede «la creazione di uno spazio dedicato allo sviluppo, all'innovazione e alle nuove tecnologie nel campo delle Life Science, che permetterà di raggiungere sempre più pazienti nel mondo puntando su tecnologie all'avanguardia e potenziando la capacità produttiva del sito», spiega la filiale italiana del gruppo farmaceutico svizzero. Il Campus Novartis di Torre Annunziata rappresenta uno dei poli industriali più importanti del Sud Italia, specializzato nella produzione di farmaci salvavita principalmente nelle aree oncologia, cardiovascolare e neuroscienze per tutto il mondo, con un valore strategico per il gruppo a livello globale. «Il sito di Torre Annunziata rappresenta per noi un fiore all'occhiello - dichiara Valentino Confalone, amministratore delegato e Country president di Novartis Italia -. Questo nuovo traguardo ribadisce l'importanza di creare collaborazioni virtuose con le istituzioni locali a beneficio dell'attrattività e della crescita produttiva di aree ad alto potenziale di sviluppo tecnologico, che possono contribuire all'innovazione del nostro settore». Afferma Sabino Di Matteo, ad del Campus di Novartis Torre Annunziata: «Lo stabilimento rappresenta uno dei siti più strategici al mondo del gruppo per le produzioni solide orali. La qualità e la competenza delle risorse umane del sito, unite agli ingenti investimenti in tecnologia e infrastrutture, accresceranno la nostra capacità di raggiungere con medicamenti essenziali e innovativi sempre più pazienti al mondo». Nel 2021 il sito di Torre Annunziata è stato certificato dall'Agenzia americana del farmaco Fda e nel 2022 le autorità regolatorie hanno approvato la produzione per il mercato cinese, andando a consolidare la capacità produttiva del polo che nell'ultimo anno ha superato i 100 milioni di confezioni all'anno e che si prevede raggiunga prospetticamente quasi 150 milioni di confezioni annue afferenti a più di 118 mercati al mondo. Grazie al nuovo piano di investimenti Novartis Italia - che nel 2022 ha realizzato un fatturato di oltre 1,7 miliardi, 78 milioni dei quali ottenuti grazie all'export - rafforza ulteriormente il suo impegno nel generare valore e innovazione nelle principali aree terapeutiche in cui opera. L'export di prodotti farmaceutici dalle Marche, in particolare di Ascoli, spiega un quinto della crescita dell'export nazionale nel 2022. Dietro questo dato spicca la performance di una provincia "fuoriclasse" se si considerano i più grandi e storici distretti italiani della farmaceutica: «Ascoli ha solamente lo stabilimento Pfizer come rappresentante del settore in termini di produzione», osserva Rossella Bruni, direttrice e ad dello stabilimento ascolano e sull'export ha sballato le statistiche. La spiegazione di questo exploit ha un nome: Paxlovid. Questo sito nel Centro Italia è stato selezionato dalla multinazionale Usa come uno dei tre stabilimenti, insieme a quello di Friburgo in Germania e Newbridge in Irlanda, per il lancio della pillola antivirale per Covid. Da qui nel 2022 sono uscite «15 milioni di confezioni» del farmaco. E «dieci milioni» sono quelle che usciranno in totale nel 2023, secondo le previsioni (6,5 milioni già prodotti nel primo trimestre dell'anno), illustra la direttrice. «L'opportunità del lancio di questo farmaco ha rappresentato un'avventura incredibile, che va ben al di là dei dati dell'Istat - ammette Bruni -. Negli ultimi 12 anni abbiamo avuto un piano di investimenti di circa 16 milioni di dollari l'anno. Solo nel 2022, la compagnia ha supportato 40 milioni di investimenti per il sito di Ascoli. Nel 2023 questo trend continua a essere comunque positivo, perché abbiamo un piano di investimenti approvato per 30 milioni di dollari. Oggi siamo quasi mille all'interno dello stabilimento, con occupazione diretta Pfizer intorno a quota 850. Rispetto al pre-Covid nel giro di pochi mesi abbiamo avviato un processo di assunzioni per circa 200 nuovi dipendenti. È un impatto che si è poi riversato sull'occupazione stabile di Pfizer, perché negli ultimi due anni abbiamo potuto fare un numero significativo di assunzioni dirette allo stabilimento».