mercoledì 13 settembre 2023
Sono 7,7 milioni gli occupati nel settore privato in attesa della firma del nuovo ccnl. Terziario, commercio e turismo in forte difficoltà. Per bancari e medici le trattative sono a livello avanzato
L'inflazione corre e i rinnovi non arrivano: senza contratto il lavoro è povero

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Contratti scaduti da anni e stipendi ridotti ai minimi termini dall’inflazione. È la situazione paradossale in cui si trovano 7,7 milioni di lavoratori del settore privato. In pratica più di uno su due: il 56% secondo i dati ufficiali del Cnel aggiornati a fine giugno. Alcuni contratti sono scaduti da anni e ai ritardi ordinari si è aggiunta la difficile congiuntura iniziata nel 2020. La pandemia ha “congelato” la contrattazione per due anni e l’esplosione dei prezzi ha acuito la distanza tra le richieste, legittime, dei lavoratori e la disponibilità delle aziende preoccupate per il rallentamento dell’economia a livello globale. Il risultato è una paralisi che si ripercuote sull’intero sistema produttivo con i consumi in forte calo perché le famiglie si vedono costrette a tirare la cinghia. A fronte di un’inflazione all’8,7% gli stipendi in Italia sono cresciuti appena del 2% nel 2022. E se quest’anno la forbice è destinata con ogni probabilità a ridursi il potere d’acquisto perso in questi anni non verrà recuperato.


I contratti collettivi nazionali registrati in Italia sono 1.037 ma molti sono “pirata”, vale a dire firmati da organizzazioni sindacali fantasma, e prevedono condizioni peggiorative rispetto a quelli tradizionali. Dei 976 relativi al settore privato ben 533 sono in scadenza. Quelli firmati da Cgil, Cisl e Uil che coprono il 97% dei lavoratori privati sono 211 e di questi 115 sono in attesa di rinnovo. L’industria si è mossa siglando gli accordi in tempo utile mentre il terziario è il settore più instabile con il 96% dei lavoratori al momento senza contratto. Sono 2,4 milioni nel commercio, con un contratto scaduto nel 2019, e un altro milione nel turismo in attesa di un rinnovo dal 2016. Si tratta di ambiti dove il part-time involontario, la stagionalità e la precarierà sono molto diffusi: un lavoro povero per eccellenza dove la presenza femminile è elevata. In attesa di un nuovo contratto anche i 210mila lavoratori del settore alimentare mentre per banche e camici bianchi l’accordo, senz’altro più corposo, è in dirittura d’arrivo.

Il 21 settembre riparte a Roma il tavolo di confronto sul contratto dei 291mila bancari scaduto a fine 2022. I sindacati chiedono un aumento di 435 euro lordi per il livello medio, oltre al ripristino della base di calcolo del Tfr e ad alcuni miglioramenti sull’orario di lavoro e sulle tutele per lo smart working. Richieste che vanno di pari passo con gli ottimi risultati del settore creditizio legati all’aumento dei tassi di interesse. Trattative in corso a Roma anche per il rinnovo del contratto privato della sanità che coinvolge 130mila persone e che potrebbe venire siglato entro fine mese. Il contratto triennale è scaduto nel 2018 e si prospetta un aumento medio di 241 euro lordi al mese oltre ad arretrati compresi tra i 6mila e i 10mila euro. Ma i medici chiedono soprattutto il potenziamento degli organici e un tetto alle ore extra in ospedale.

Un discorso a parte meritano i lavoratori dello spettacolo, circa 100mila, che hanno 15 contratti scaduti da tempo e soffrono per un profondo stravolgimento globale del settore dopo la pandemia come dimostra lo sciopero in America.

«La pandemia e la crisi energetica non possono diventare alibi per non rinnovare i contratti, è vero che in alcuni settori, come ad esempio quello dei servizi e del commercio, ci sono stati momenti difficili, ma il conto non può essere solo a carico dei lavoratori che negli anni hanno visto ridotto il loro potere d’acquisto» sottolinea Giorgio Graziani, segretario confederale della Cisl. Proprio per questo il sindacato chiede che venga costruito un meccanismo di incentivazione che promuova il rinnovo a scadenza, per arginare quella che è ormai una vera e propria emergenza salariale. «Se non si risponde tempestivamente all’aumento dell’inflazione ma si fanno passare anni, la perdita in termini di potere d'acquisto diventa strutturale perché non verrà mai recuperata del tutto» continua Graziani. La situazione più spinosa riguarda i lavoratori del terziario, dei servizi e dello spettacolo con un potere contrattuale debole. «Ci sono lavoratori in alcuni settori dei servizi e dello spettacolo che aspettano da anni il rinnovo come quelli dei servizi all’interno delle Rsa che aspettano un nuovo contratto da otto anni, casi limite che richiedono un’assunzione di responsabilità sociale da parte delle imprese» continua Graziani. Un esempio virtuoso è arrivato dall’industria che ha rinnovato in pratica tutti i contratti con aumenti significativi, l’ultimo in ordine di tempo è stato il settore del legno con 143 euro. Per i metalmeccanici è stata applicata una clausola che “aggancia” gli aumenti all’inflazione in caso di scostamento importante, in tutti gli altri casi gli aumenti sono stati in linea con l’indice Ipca al netto dei beni energetici importati.

«Quando le cose vanno bene e i profitti aumentano a trarne vantaggio sono le imprese, ma se la crescita aumenta i profitti delle imprese, il sacrificio nei momenti di crisi non può essere solo a carico dei lavoratori – continua Graziani –. Se ci fosse una tempestività dei rinnovi si creerebbe un circolo virtuoso». Per quanto riguarda il delicato tema del salario minimo legale Graziani sottolinea che la Cisl teme che possa innescare una corsa al ribasso, soprattutto in una stagione di bassa crescita come quella che rischia di vivere l’Italia nell’immediato futuro. «Noi siamo contrari ad una soglia minima legale dei salari, per la Cisl occorrerebbe una norma che identifichi il salario minimo contrattuale ovvero quello fissato dai contratti nazionali di settore più applicati e quindi quelli sottoscritti da Cgil-Cisl e Uil. Con i 9 euro ipotizzati il rischio è che per alzare la paga oraria ad una minoranza di lavoratori se ne penalizzino molti altri e che si rischi inoltre una fuoriuscita dalla contrattazione collettiva per passare ad una logica individuale nelle singole aziende. Un altro pericolo è che torni ad allargarsi la piaga del lavoro irregolare nei settori più deboli faticosamente e gradualmente portati ad emergere negli ultimi anni come nel caso dei Servizi fiduciari».

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