Giorgio Boato
Nel breve volgere di poche settimane stiamo assistendo ad un crescendo di restrizioni – che si muovono di pari passo con il dilagare del virus – allo svolgimento del normale modo di vivere, restrizioni che, oltre a cambiare profondamente le nostre abitudini, comportano anche la riduzione o la sospensione di tante attività lavorative, economiche e non.
Abbiamo visto chiudere scuole o oratori, cessare l’attività di cinema, teatri e palestre, abbassare la saracinesca di bar, ristoranti e negozi. Abbiamo ascoltato le raccomandazioni ad imprese e professionisti di ridurre produzione e orari di lavoro, adottando con rigore le misure di sicurezza individuate nel Protocollo per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori dal possibile contagio da nuovo coronavirus siglato il 14 marzo tra il Governo e le parti sociali, abbiamo assistito all’incremento del cosiddetto smart working o lavoro agile, favorito dall’appello a consentire quanto più possibile ai collaboratori di lavorare da casa.
L’ultimo provvedimento, il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di domenica 22 marzo dà un ulteriore giro di vite e sospende, da lunedì scorso e fino al prossimo 3 aprile «ogni attività produttiva che non sia indispensabile a garantirci i servizi essenziali».
Anche il mondo del Terzo Settore, compresi gli enti ecclesiastici, è naturalmente colpito dalle stesse restrizioni e anche gli enti si trovano a dover far fronte alle difficoltà di attività interrotte e di gestione del personale.
Di seguito elenchiamo le misure del Decreto “Cura Italia” (il D.L. n. 18 del 17 marzo) che mirano a sostenere imprese e datori di lavoro e che sono utilizzabili anche dagli enti non profit, in alcuni casi solo se svolgono attività commerciali, in altri anche con riferimento alle loro attività istituzionali.
Integrazione salariale per tutti i dipendenti. I provvedimenti adottati per affrontare l’epidemia hanno previsto la sospensione di molte attività lavorative oltre ad una serie di misure restrittive degli spostamenti che producono effetti sui rapporti di lavoro. Nel Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 marzo scorso, si raccomanda «ai datori di lavoro pubblici e privati di promuovere […] la fruizione da parte dei lavoratori dipendenti dei periodi di congedo ordinario e di ferie», ma si favorisce anche la possibilità che vengano adottate, ove compatibile con le esigenze organizzative e produttive aziendali, la modalità di lavoro agile o smart working «anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti».
Considerato l’evolversi dell’emergenza, il Governo è poi intervenuto, con il Decreto “Cura Italia”, per garantire una integrazione salariale praticamente a ogni lavoratore subordinato, sfruttando tutti gli ammortizzatori sociali esistenti (CIGO, FIS, fondi bilaterali, cassa in deroga) e prevedendo numerose agevolazioni per favorirne la massima fruizione.
Le misure operano in tre direzioni: semplificazione delle procedure di ricorso ai trattamenti (art. 19), coordinamento delle misure speciali con quelle ordinarie già in essere (artt. 20 e 21), ampliamento del campo di applicazione dell’integrazione salariale attraverso i c.d. ammortizzatori in “deroga” (art. 22).
L’INPS, con il Messaggio 1287 di venerdì 20 marzo, ha predisposto «una prima sintetica illustrazione relativa alle prestazioni di Cassa integrazione ordinaria, Assegno ordinario e Cassa integrazione in deroga, riferite all’emergenza Covid», rinviando ad una prossima Circolare illustrativa per le istruzioni operative e procedurali e assicurando che «l’Istituto sta provvedendo per mettere a disposizione di tutti i soggetti interessati, nel più breve tempo possibile, le procedure telematiche per inviare le domande di accesso ai trattamenti previsti».
Una particolare segnalazione merita l’articolo 22 che consente l’accesso alla Cassa Integrazione in deroga anche «ai datori di lavoro del settore privato, ivi inclusi quelli […] del Terzo Settore compresi gli enti religiosi civilmente riconosciuti per i quali non trovino applicazione le tutele previste in materia di sospensione o riduzione di orario».
Pertanto, gli enti che a causa dell’emergenza sanitaria causata dal coronavirus hanno sospeso in tutto o in parte l’attività lavorativa dei propri dipendenti possono richiedere il trattamento di cassa integrazione salariale in deroga; esso è riconosciuto a decorrere dal 23 febbraio 2020 e può essere chiesto solo per i dipendenti già in forza a quella data; avrà la durata della sospensione del rapporto di lavoro e comunque non potrà superare le nove settimane.
Ai lavoratori posti in CI, oltre al trattamento d’integrazione salariale, è riconosciuta la contribuzione figurativa e i relativi oneri accessori (come gli assegni per il nucleo familiare).
Per i datori di lavoro con più di 5 dipendenti è necessario l’accordo sindacale, concluso anche in via telematica, con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale relativamente alla durata della sospensione del rapporto di lavoro.
Ai fini del riconoscimento del trattamento non si applicano: le disposizioni relative al requisito dell’anzianità di effettivo lavoro, il contributo addizionale, la riduzione in percentuale della relativa misura in caso di proroghe dei trattamenti di cassa integrazione in deroga.
La prestazione è concessa con decreto delle Regioni e delle Province autonome interessate, le quali provvedono anche alla verifica della sussistenza dei requisiti di legge.
Le domande di accesso alla prestazione in parola devono essere presentate esclusivamente alle Regioni e Province autonome interessate, che effettueranno l’istruttoria secondo l’ordine cronologico di presentazione delle stesse.
Come visto sopra possono accedere a questa misura agevolava anche gli enti ecclesiastici (diocesi, parrocchie, seminari istituti religiosi) sia per i dipendenti addetti alla loro attività “istituzionale” – come gli operatori delle Curie, delle Caritas, i sacrestani, le segretarie parrocchiali – sia per quelli addetti alle attività commerciali – se sono escluse da ogni intervento del Fondo di Solidarietà e della Cassa Integrazione Ordinaria
A proposito del trattamento ordinario di integrazione salariale e dell’assegno ordinario il Messaggio dell’INPS illustra le semplificazioni apportate dall’articolo 19, precisando che:
- la domanda può essere presentata, con le consuete modalità, per periodi decorrenti dal 23 febbraio al 31 agosto 2020 e per una durata massima di 9 settimane, utilizzando la nuova causale denominata “COVID-19 nazionale”,
- le aziende non devono fornire alcuna prova in ordine alla transitorietà dell’evento e alla ripresa dell’attività lavorativa né, tantomeno, dimostrare la sussistenza del requisito di non imputabilità dell’evento stesso all’imprenditore o ai lavoratori. Conseguentemente, l’azienda non dovrà redigere e presentare in allegato alla domanda la relazione tecnica, ma solo l’elenco dei lavoratori beneficiari,
- le aziende possono chiedere l’integrazione salariale per “Emergenza COVID-19 nazionale” anche se hanno già presentato una domanda o hanno in corso un’autorizzazione con un’altra causale. Il periodo concesso con causale “Emergenza COVID-19 nazionale”, infatti, prevarrà sulla precedente autorizzazione o sulla precedente domanda non ancora definita. Queste ultime saranno annullate d’ufficio per i periodi corrispondenti.
Inoltre, sono previste numerose agevolazioni per favorire la massima fruizione delle integrazioni salariali: non è dovuto il pagamento del contributo addizionale, non si tiene conto degli ordinari limiti (52 settimane nel biennio mobile, 1/3 delle ore lavorabili), i periodi autorizzati sono neutralizzati in caso di successive richieste, non occorre che i lavoratori siano in possesso del requisito dell’anzianità di 90 giorni di effettivo lavoro, ma è solo sufficiente che siano alle dipendenze dell’azienda richiedente alla data del 23 febbraio 2020, il termine di presentazione delle domande è fissato alla fine del quarto mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell'attività lavorativa.
Come disposto dall’articolo 20, le aziende che alla data del 23 febbraio 2020 hanno in corso un trattamento di integrazione salariale straordinario, possono sospendere il programma di CIGS e accedere alla CIGO, a condizione che rientrino tra le categorie di imprese assicurate anche alle integrazioni salariali ordinarie.
Quanto agli assegni di solidarietà (art. 21) – la prestazione di integrazione salariale erogata nei casi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa in favore dei lavoratori dipendenti di datori di lavoro rientranti nel campo di applicazione dei Fondi di solidarietà e del Fondo di integrazione salariale – l’INPS indica le modalità per la presentazione delle domande che potranno essere presentate entro la fine del quarto mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell'attività lavorativa.
In particolare precisa che: alla domanda non dovrà essere allegata la scheda causale, né ogni altra documentazione probatoria, nei casi in cui l’accesso alla prestazione sia subordinato al preventivo espletamento delle procedure sindacali con obbligo di accordo aziendale, ai fini dell’accoglimento dell’istanza, sarà ritenuto valido anche un accordo stipulato in data successiva alla domanda, le aziende potranno chiedere l’integrazione salariale per “Emergenza COVID-19 nazionale” anche se hanno già presentato una domanda o hanno in corso un’autorizzazione con altra causale.
Inoltre, al fine di garantire un più agevole accesso alla prestazione e favorirne la massima fruizione, è stata introdotta una disciplina semplificata: non è dovuto il pagamento del contributo addizionale, non si tiene conto del tetto contributivo aziendale, non si tiene conto degli ordinari limiti (52 settimane nel biennio mobile o 26 settimane nel biennio mobile per il Fondo di integrazione salariale; 24 mesi nel quinquennio mobile; 1/3 delle ore lavorabili), i periodi autorizzati sono neutralizzati in caso di successive richieste, non occorre che i lavoratori siano in possesso del requisito dell’anzianità di 90 giorni di effettivo lavoro, ma è solo sufficiente che siano alle dipendenze dell’azienda richiedente alla data del 23 febbraio 2020, il termine di presentazione delle domande è fissato alla fine del quarto mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell'attività lavorativa.
Sospensione dei versamenti contributivi e assistenziali per i collaboratori domestici. Allo scopo di non sottrarre liquidità alle famiglie, ed anche per evitare adempimenti che in condizioni di emergenza rischiano di essere più complessi, l’articolo 37 dispone la sospensione, fino al 31 maggio, dei termini per il pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria per i lavoratori domestici. Essi dovranno esser effettuati entro il 10 giugno 2020, senza applicazione di sanzioni e interessi.
Si sottolinea che questa misura riguarda tutte le persone fisiche titolari di rapporti di lavoro domestico (compresi i sacerdoti), ma interessa anche alcuni enti ecclesiastici che hanno alle proprie dipendenze lavoratori inquadrati con il contratto di collaborazione domestica, contratto utilizzabile non solo nell’ambito familiare, ma anche nelle “comunità religiose”, limitatamente alle esigenze di accudimento della comunità stessa e all’assistenza personale dei suoi membri, ad esempio, come ricorda l’INPS «le case famiglia, i seminari, le comunità familiari di assistenza, le convivenze di sacerdoti anziani cessati dal ministero parrocchiale o dal servizio diocesano» (Messaggio INPS del 21 ottobre 2011).
Misure di sostegno alle imprese. Gli enti non commerciali, compresi gli enti ecclesiastici, che svolgono attività commerciali (e con rifermento alla sola sfera d’impresa) possono usufruire di una serie di misure che elenchiamo di seguito:
- vengono stanziati 50 milioni per erogare contributi per l’acquisto di dispositivi ed altri strumenti di protezione individuale allo scopo di sostenere la continuità, in sicurezza, dei processi produttivi delle imprese (art. 43);
- vengono previste una serie di misure a sostegno della liquidità delle imprese, come la sospensione delle rate dei mutui contratti con banche e altre agevolazioni finanziarie per micro, piccole e medie imprese (artt. 55-58),
- per incentivare la sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro viene introdotto un credito di imposta nella misura del 50% delle spese sostenute, nel limite di 20.000 euro. I criteri e le modalità di applicazione saranno stabiliti con un apposito decreto da emanare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge (art. 64),
- viene istituito il Fondo emergenze spettacolo, cinema e audiovisivo destinato a sostenere questi settori che sono stati tra i primi a subire le conseguenze delle misure di contenimento dell’epidemia. Entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del D.L.18/2020 il Ministero per i beni e le attività culturali dovrà stabilire, con apposito decreto, le modalità di ripartizione e assegnazione delle risorse agli operatori dei settori.
Centri diurni e semiresidenziali per l’assistenza di anziani e disabili. Considerate le condizioni necessarie ai fini dell’operatività delle strutture, pubbliche o private, accreditate presso il Servizio Sanitario Nazionale che erogano prestazioni per persone con disabilità e considerando prevalenti gli aspetti di prevenzione dal contagio, viene stabilita la chiusura – dal 17 marzo e fino al 3 aprile – dei centri dei servizi semiresidenziali che erogano prestazioni socio-assistenziali, educative, socio-formative, sanitarie e socio-sanitarie, comunque denominati dalla normativa regionale.
Nel caso in cui però in tali centri siano previste prestazioni di tipo sanitario, non differibili, per persone con disabilità con alta necessità di sostegno, le ASL e le ATS, d’accordo con gli enti gestori, provvedono alla loro erogazione con modalità e a condizione che siano rispettate le misure di contenimento e di distanziamento sociale prescritte.
Per tutta la durata della chiusura dovuta allo stato di emergenza le assenze dalle attività dei centri, indipendentemente dal loro numero, non possono causare dismissione del servizio o esclusione degli utenti (art. 47).
L’articolo 48 stabilisce che durante la sospensione dei servizi diurni per disabili e anziani disposta con ordinanze regionali o altri provvedimenti, considerata l’emergenza di protezione civile e il conseguente stato di necessità, le pubbliche amministrazioni forniscono prestazioni in forme individuali domiciliari o a distanza o anche presso le strutture ove si svolgono normalmente i servizi, purché nel rispetto delle direttive sanitarie e senza ricreare aggregazione. Per rendere il servizio si possono avvalere del personale disponibile, già impiegato in tali servizi, dipendente da soggetti privati che operano in convenzione, concessione o appalto.
Tali servizi si possono svolgere secondo priorità individuate dall'amministrazione competente, tramite coprogettazioni con gli enti gestori, impiegando i medesimi operatori ed i fondi ordinari destinati a tale finalità, alle stesse condizioni assicurative sinora previste, anche in deroga a eventuali clausole contrattuali, convenzionali, concessorie, adottando specifici protocolli che definiscano tutte le misure necessarie per assicurare la massima tutela della salute di operatori ed utenti.
Viene inoltre stabilito che durante la sospensione dell’attività dei centri le pubbliche amministrazioni sono autorizzate al pagamento dei gestori privati dei servizi per il periodo della sospensione, sulla base di quanto iscritto nel bilancio preventivo. Le prestazioni convertite, cioè erogate in forma individuale domiciliare, a distanza o presso le strutture, saranno retribuite ai gestori con quota parte dell'importo dovuto per l'erogazione del servizio secondo le modalità attuate precedentemente alla sospensione e subordinatamente alla verifica dell'effettivo svolgimento dei servizi. Sarà inoltre corrisposta un'ulteriore quota in modo da arrivare ad una corresponsione complessiva di entità pari all'importo già previsto, al netto delle eventuali minori entrate connesse alla diversa modalità di effettuazione del servizio stesso.
La seconda quota sarà corrisposta previa verifica che gli enti gestori provvedano al mantenimento delle strutture attualmente impossibilitate ad operare che dovranno essere immediatamente disponibili e in regola con tutte le disposizioni vigenti, con particolare riferimento a quelle emanate ai fini del contenimento del contagio da Covid-19, all'atto della ripresa della normale attività.