Riccardo Di Stefano, presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria - Imagoeconomica
Qui da Capri i Giovani imprenditori di Confidustria suonano la sveglia e lanciano un appello a fare presto. Servono più energie per cambiare epoca – parafrasando il titolo di questo 37esimo convegno – e per evitare un inverno lungo e difficile per l’Italia e le future generazioni. Nel suo intervento di apertura, Riccardo Di Stefano, presidente dei Giovani imprenditori, è preoccupato per questa sorta di "tempesta perfetta" (pandemia, guerra, inflazione, crisi delle materie prime e dell’energia) che colpisce soprattutto il capitale umano. «La dipendenza energetica italiana ed europea dalla Russia affonda le sue radici in scelte miopi e irresponsabili vecchie di decenni. Confindustria lo aveva denunciato da tempo – spiega Di Stefano –.Come definireste un imprenditore che affida la propria capacità produttiva a un solo e unico fornitore? Uno che deve cambiare mestiere. E chi affiderebbe il destino energetico di una grande nazione industriale a un solo fornitore? Questa scelta sconsiderata si abbatte oggi su famiglie e imprese con un aumento del 1.406% dei prezzi del gas (a settembre rispetto al pre-Covid) e del 13,4% per quelli alimentari (settembre su 4 trimestre 2019). Beni per cui la domanda è difficile da comprimere senza innescare una recessione e senza far andare a gambe all’aria intere filiere industriali». La cosiddetta Agenda Draghi, per i giovani imprenditori dovrebbe essere «l’Agenda Italia». Ecco perché al nuovo Governo chiedono «autorevolezza, competenza, responsabilità» per affrontare lo choc energia e per «il compito di contribuire a costruire un Paese più forte». Dall’inverno demografico si scivola nell’inverno sociale. In Italia la povertà è ai massimi storici, con 5,6 milioni di persone in povertà assoluta. E non mancano le accuse al reddito di cittadinanza: «Serve una profonda riforma delle politiche attive e del Rdc come strumento di reimmissiome nel mercato del lavoro. Diventa cruciale che chi può lavori». Di Stefano è preoccupato per i giovani che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in percorsi informativi. Oltre tre milioni: un primato negativo in Europa. «Quasi il 10% degli studenti con un diploma superiore non ha le competenze minime necessarie per entrare nel mondo del lavoro o dell’Università. Come sempre, a pagare sono i bambini e i ragazzi che già provengono da famiglie in situazioni di svantaggio socio-economico. Che non trovano strumenti nella scuola per migliorare la propria condizione. Così l’ascensore sociale resta bloccato, condannando ogni bambino che nasce a vivere una fotocopia della vita dei propri genitori, senza speranza, senza riscatto».