Diffusissimo e al centro di una battaglia non solo ambientalista ma anche, e soprattutto, economica. Il glifosato non è nuovo alle cronache anche se di fatto è un "semplice" composto chimico che viene usato come erbicida. Attorno però vi ruota un mercato mondiale che vale miliardi di dollari e che si tinge anche di aspetti che rasentano lo spionaggio industriale.
Ben 750 prodotti derivati
Il glifosato è alla base di 750 formulati commerciali tra i quali il famosissimo (per gli agricoltori), Roundup della multinazionale Monsanto (che ne trae circa 5 miliardi di dollari all’anno di fatturato). Questo composto viene assorbito dalle foglie ma riesce a propagarsi in tutta la pianta e colpisce pressoché tutte le piante infestanti. Nel 2014 la produzione mondiale di questo erbicida ha superato le 800mila tonnellate. Un tesoro, insomma, che è però finito nella bufera per effetto dello scontro fra l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e il Centro di ricerca sul cancro (Iarc) dell’Organizzazione mondiale per la sanità. Per l’Efsa infatti, il glifosato avrebbe una cancerogenicità non verificata dal punto di vista scientifico; al contrario, i ricercatori dell’Oms il 20 marzo 2015 hanno definito il glifosato «probabilmente cancerogeno per l’uomo». Visioni opposte che sembra dipendano dalla strada percorsa per arrivarci. L’Efsa si sarebbe pronunciata sulla molecola (che deve essere autorizzata dall’Ue), lo Iarc dell’Oms avrebbe esaminato la molecola e l’interazione con altri coformulati presenti nei prodotti.
Il dibattito è però importante non solo dal punto di vista della salute e dell’ambiente, ma anche sul fronte economico. L’autorizzazione all’uso del glifosato in Europa è infatti scaduta alla fine del 2015 ed è stata prorogata per tutto il 2017 in attesa di una nuova autorizzazione Ue per altri 15 anni. Ieri, invece, il Parlamento europeo ha votato per una eliminazione progressiva del glifosato entro fine 2022. In gioco interessi miliardari.
I rapporti poco trasparenti tra aziende e ricerca
Una storia che scotta, tanto da avere anche dei lati oscuri. Stando a quanto diffuso dal Guardian e le Monde, il capitolo che Efsa ha dedicato all’azione tossica del glifosato, sarebbe stato copiato pari pari dai rapporti di ricerca Monsanto (i cosiddetti "Monsanto Papers"). Questione da prendere in punta di diritto e di scienza. Parrebbe infatti dimostrata la interconnessione tra agenzie di regolamentazione europee e mondiali e la ricerca condotta dalle multinazionali della chimica. Molti, proprio partendo dalla vicenda glifosato, si chiedono quale sia il limite fra il giusto scambio di informazioni e pareri fra scienziati di enti diversi e l’influenza reciproca che travalica i limiti e che arriva ad essere qualcosa di più.
Intanto su questo composto chimico e sui suoi derivati i dubbi e le certezze si accavallano. A fine settembre, nel corso delle Giornate italiane mediche dell’ambiente (Gima) di Arezzo, sono stati presentati alcuni risultati di una ricerca sugli effetti di glifosato e Roundup che si sta svolgendo all’Istituto Ramazzini. Le rilevazioni su animali da laboratorio ai quali sono state somministrate dosi equivalenti (cioè uguali a quelle considerate sicure per l’uomo), di glifosato e Roundup hanno avuto risultati più preoccupanti a carico del formulato commerciale (Roundup). Secondo uno dei rapporti Ispra, invece, proprio il glifosato sarebbe una delle sostanze più diffuse nelle acque italiane.
L'Italia punta ad azzerarlo nei campi
Il glifosato, in ogni caso, divide e fa discutere ma deve fare i conti con le regole in vigore. È quello che ricorda Agrofarma-Federchimica spiegando che tutti gli agrofarmaci, inclusi i diserbanti, prima di essere messi in commercio vengono sottoposti a studi scientifici e rigorosi controlli, condotti secondo i sistemi di regolamentazione più rigidi e stringenti al mondo. L’Italia comunque lavora, stando alle dichiarazioni del governo, per azzerare la presenza di glifosato nei campi. Una politica appoggiata da una vasta coalizione di ambientalisti e agricoltori (#StopGlifosato) ma che deve fare i conti con la globalizzazione dei mercati sia dei prodotti agricoli che degli agrofarmaci. Per questo Coldiretti insiste sul fatto che il divieto «riguardi coerentemente anche l’ingresso in Italia e in Europa di prodotti stranieri con residui di Glifosato».