La sede del ministero dell'Economia, in via XX Settembre, a Roma (foto Ansa)
L’aggiornamento del rapporto della Commissione europea sull’Iva conferma che l’Italia è uno dei Paesi dove l’imposta sul valore aggiunto è più evasa. Il cosiddetto “VAT gap”, cioè la distanza tra l’Iva effettivamente incassata e quella che lo Stato avrebbe dovuto incassare se tutti avessero pagato il dovuto, nel 2017 è al 24%, quarto peggior dato d’Europa dopo quelli di Romania (36%), Grecia (34%) e Lituania (25%).
Il dato italiano è comunque in graduale miglioramento: il VAT gap era al 30% nel 2013 e al 26% nel 2016. I Paesi europei che hanno economie di dimensioni confrontabili con quella italiana hanno però tassi di evasione dell’Iva molto più bassi: la media Ue è all’11%, in Germania il VAT gap è al 10%, in Francia al 7%, in Spagna al 2%.
A livello di mancato gettito in valore assoluto, l’Italia è di gran lunga in testa alla classifica europea. L’Iva non pagata è ammontata a 33,6 miliardi di euro nel 2017, più o meno un quarto dell’intera evasione Iva europea (a 137,5 miliardi).
Evitare l’aumento dell’Iva, previsto dalle clausole di salvaguardia della legge di Bilancio 2019, è uno dei primi obiettivi del nuovo governo. Attualmente l’Italia applica tre aliquote Iva: quella standard al 22%, quella ridotta al 10% e quella ancora più ridotta al 4-5%. L’effettiva aliquota applicata, quella che tiene conto dei diversi acquisti con diversa tassazione, è al 10,2%, mediamente più bassa di quella di altri Paesi europei.