Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan e il premier Paolo Gentiloni (Ansa)
Un Def "tecnico" che lascia in bianco la parte programmatica delle riforme. Quelle spetteranno di diritto al prossimo governo. In un clima di grande incertezza politica ieri il premier Gentiloni ha riunito il suo esecutivo per dare il via libera al Documento di economia e finanzia, che traccia la strada per la Finanziaria da varare entro la fine dell’anno. L’immediato passaggio alle Camere consentirà di rispettare la scadenza ufficiale per l’invio a Bruxelles entro il 30 aprile.
Come previsto si tratta di un documento che si limita a fotografare la situazione dei conti pubblici senza elaborare strategie. La buona notizia è che l’Italia sembra ormai uscita dalla crisi, con una crescita confermata all’1,5% per il 2018 (ma sottostimata secondo Padoan che ipotizza un 2%). La cattiva notizia è il Def incorpora l’aumento dell’Iva che scatterebbe dal primo gennaio del 2019, per effetto delle clausole di salvaguardia. Ma l’appello del vecchio governo al nuovo è quello di neutralizzare al più presto questa eventualità.«Si tratta di un Def particolare, a politiche invariate. In sostanza fotografa la situazione tendenziale dell’economia» ha esordito il premier Paolo Gentiloni. Quello che emerge è «un quadro positivo che riflette il buon lavoro fatto» ha sottolineato. «L’Italia è uscita dalla crisi, la crescita si è andata consolidando e il lavoro è cresciuto recuperando circa un milione di posti di lavoro, il deficit si è ridotto dal 3 al 2 percento e il debito si è stabilizzato e comincia a scendere». Questi risultati sono frutto «della coerenza dell’azione di governo nel sostegno all’espansione dell’economia, credibilità a livello europeo e serietà nei conti pubblici». Lo dimostra, secondo Gentiloni, il fatto che «non ci sono state turbolenze in queste settimane di incertezza politica».
Lo stato di salute dei conti pubblici insomma è buono e i numeri non sempre riflettono la realtà. Ad esempio sul deficit collocato al 2,3% per il 2017. «Un dato più alto della precedente previsione perché incorpora le cifre messe a disposizione per gravi situazioni bancarie» ha spiegato il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Si tratta di «misure una tantum che non impattano sulle grandezze strutturali e di conseguenza sul rispetto dei parametri del patto di stabilità e crescita». Padoan ha sottolineato come lo spread rispetto alla Spagna si sia ulteriormente ristretto e il sistema bancario non sia più un fattore di rischio come in passato. La crescita nel 2017 è stata dell’1,5% e quest’anno è prevista equivalente. Ma secondo Padoan si tratta di una stima prudenziale, al ribasso. «Credo che la crescita potenziale sia superiore e che il Pil possa andare almeno intorno al 2% ma a patto che le misure adottate siano confermate e rafforzate». Dopo di che ci sarà una flessione: nel 2019 la crescita è stimata al 1,4%, nel 2020 all’1,3%. Il debito diminuisce di un punto percentuale nel 2018. «Questo dimostra che la strategia è quella giusta e non è necessario deviare come a volte sento dire». Il rapporto tra debito pubblico e Pil sarà del 130,8% quest’anno, del 128% nel 2019 e del 124,7% nel 2020.
Ma la vera incognita è l’aumento dell’Iva. Le clausole di salvaguardia «sono tenute dentro, nell’aspettativa che, come in passato, il prossimo governo presenti misure per rimuoverle» ha spiegato Padoan. Nel quadro tendenziale gli aumenti di Iva e accise sono incorporati. Fino alla fine del 2018, i rialzi sono scongiurati, ma il problema si pone dal 2019, anno su cui gravano 12,4 miliardi di aumenti, e nel 2020, con ben 19,1 miliardi. Il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda ha sottolineato che l’aumento va disinnescato «perché ha un impatto sulla domanda interna che va ancora stimolata».<+RIPRODUZ_RIS>