Roberto Moncalvo, presidente della Coldiretti, al Forum Internazionale dell'Agricoltura e dell'Alimentazione a Cernobbio
«Furto di valore aggiunto». Un’accusa che è un programma. La formula Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti, che a Villa d’Este di Cernobbio, sul Lago di Como, ha aperto la sedicesima edizione del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, presentando il primo Rapporto Coldiretti/Censis su "La ristorazione in Italia", che individua nel boom dei pasti fuori casa un’opportunità per l’agricoltura made in Italy. Come peraltro nel web, che sta cambiando le nostre abitudini d’acquisto. Vecchi e nuovi canali di consumo che si scontrano con la perdita di posizioni del settore primario, vittima di una grave ingiustizia, come spiega Moncalvo in quest’intervista.
Al recente G7 di Bergamo avete denunciato le speculazioni che colpiscono l’agricoltura. Cosa emergerà dal Forum?
Per ogni euro speso dai consumatori per l’acquisto di alimenti meno del 15 per cento in media va a remunerare il prodotto agricolo mentre il resto viene diviso tra l’industria di trasformazione e la distribuzione commerciale che assorbe la parte preponderante del valore. Sono gli effetti di un furto di valore aggiunto che, senza alcun beneficio per i consumatori, vede sottopagati i prodotti agricoli spesso al di sotto dei costi di produzione. Una ingiustizia da sanare rendendo più equa e giusta la catena di distribuzione degli alimenti anche con interventi per limitare lo strapotere contrattuale dei nuovi poteri forti dell’agroalimentare. Una esigenza condivisa anche dal Commissario Europeo all’Agricoltura Phil Hogan.
Quali sono i negoziati commerciali che l’agricoltura italiana deve temere di più?
L’Unione Europea è alle battute finali nella trattativa con i Paesi del Mercosur dove l’agricoltura, dall’allevamento all’ortofrutta, rischia di essere ancora una volta merce di scambio per interessi diversi. A livello nazionale l’appuntamento più prossimo è con la ratifica del trattato di libero scambio tra Unione Europea e Canada (Ceta) che è slittata al Senato anche grazie ad una rivolta popolare contro un accordo sbagliato e pericoloso per l’Italia che ci ha visti protagonisti su tutto il territorio nazionale dove hanno già espresso contrarietà 14 regioni, 1973 comuni e 69 Consorzi di tutela delle produzioni a denominazioni di origine. Per la prima volta nella storia l’Unione Europea legittima in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali, dall’Asiago alla Fontina dal Gorgonzola ai Prosciutti di Parma e San Daniele, ma sarà anche liberamente prodotto e commercializzato dal Canada il Parmigiano Reggiano con la traduzione di Parmesan. La svendita dei marchi storici del Made in Italy agroalimentare non è solo un danno sul mercato canadese ma è soprattutto un pericoloso precedente nei negoziati con altri Paesi anche emergenti che sono autorizzati cosi a chiedere le stesse concessioni. Il Ceta uccide il grano duro italiano con il crollo dei prezzi favorito dall’azzeramento strutturale i dazi per l’importazione dal Canada dove peraltro viene fatto un uso intensivo di glifosate nella fase di pre-raccolta, vietato in Italia.
Una delle battaglie storiche della confederazione è quella per l’etichettatura dei prodotti. Giusto un anno fa proprio a Cernobbio veniva annunciato il via libera all’obbligo di indicare in etichetta la provenienza del latte e dei derivati. Cosa è cambiato?
Con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine si è immediatamente rivitalizzato il mercato del latte con le quotazioni alla stalla che sono salite dopo anni di crisi gravissime che hanno portato alla chiusura migliaia di stalle italiane. Ad aumentare sono state anche le esportazioni di formaggio Made in Italy che sono cresciute addirittura dell’8% nel primo semestre del 2017 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Una svolta positiva per l’allevamento italiano che dimostra l’importanza della trasparenza in etichetta sull’origine per sostenere il Made in Italy che va perseguita in tutto l’agroalimentare, dal grano nella pasta al riso, dai succhi di frutta ai derivati del pomodoro.
Effettivamente, rispetto a vent’anni fa, grazie alla Coldiretti, sono stati fatti molti passi avanti sulle etichette che denunciano l’origine degli alimenti sugli scaffali. Ma quando andiamo al ristorante, mangiamo "al buio". Vi preparate a etichettare anche il menu?
Al mangiare fuori casa oggi è destinato ormai oltre 1/3 del totale dei consumi alimentari delle famiglie e diventa sempre piu’ importante dare garanzie sulla reale provenienza di quello che viene portato a tavola. Al di là della buona volontà dei ristoratori, oggi non esiste nessuna garanzia per i clienti sulla reale provenienza, ad esempio, del pesce o della carne ma anche del formaggio per condire la pasta con un utilizzo molto diffuso di imitazioni straniere del Parmigiano reggiano e del Grano padano. Solo con la trasparenza sarà possibile evitare il rischio di ritrovarsi nel piatto pietanze Made in Italy di nome ma non di fatto, un italian sounding di casa nostra che rappresenta l’altra faccia di quelle ricette ’sfregiate’ che già causano un danno d’immagine considerevole alle specialità tricolori. Occorre estendere allora la domanda di trasparenza dagli scaffali dei supermercato ai menu dei ristoranti con l’indicazione dell’origine dei prodotti utilizzati nella preparazione dei piatti serviti.
A Cernobbio, ma non solo qui, avete schierato una nuova figura, gli agrichef che ruolo possono avere gli agricoltori nell’educazione alimentare della popolazione?
Sono una risposta alle richieste dei consumatori che quando si siedono a tavola fuori ritengono che l’eccellenza nella ristorazione deriva soprattutto dalla qualità delle materie prime usate per preparare le pietanze e dalla loro origine italiana, secondo l’indagine Coldiretti/Censis che abbiamo appena presentato qui a Cernobbio. Una esigenza che riguarda in realtà in generale tutta la ristorazione che sempre più spesso si rifornisce per i prodotti più significativi direttamente dagli agricoltori, dal vino all’olio, dai formaggi all’ortofrutta nei mercati degli agricoltori di Campagna Amica.