Ansa
I dati ufficiali parlano di 870mila persone ma l’esercito di badanti e colf, baby sitter e collaboratori domestici secondo l’Istat è composto da almeno due milioni di lavoratori. Il tasso di irregolarità e di lavoro sommerso nel delicato settore di "cura" è storicamente alto. Con l’emergenza coronavirus e le forti limitazioni agli spostamenti i problemi, dai più banali come la possibilità per le badanti di andare a fare la spesa, ai più seri come gli spostamenti, sono venuti al pettine. Questi lavoratori rischiano di essere tra i più penalizzati. Cassa integrazione in deroga e fondo di integrazione salariale non sono previsti. Nel decreto in via di approvazione da parte del governo dovrebbe slittare al 31 maggio 2020 (invece del 10 aprile) la rata dei contributi previdenziali ed assistenziali.
L’invito alla prudenza è massimo: se non è strettamente necessario (come nel caso di anziani non autosufficienti) è consigliabile sospendere l’attività. Sono già numerose le famiglie che hanno scelto di lasciare a casa i propri collaboratori per la paura del contagio e per effetto dello smart working. Le associazioni consigliano di cercare un accordo con il lavoratore, possibilmente scritto, e rispettare le norme sugli spostamenti che vanno ridotti e certificati. Altro discorso ovviamente per le badanti conviventi che sono almeno 140mila, un terzo del totale, e per chi non è in regola che in nessun caso può continuare a lavorare.
Il contratto di settore non prevede la giusta causa per il licenziamento. Il lavoratore ha diritto al preavviso (che va da un minimo di 8 giorni ad un massimo di 30 a seconda dell’anzianità e del numero di ore) oltre al pagamento delle spettanze arretrate e alla Naspi, l’indennità di disoccupazione. Altra ipotesi, nel caso in cui ci si accordi per uno stop temporaneo di qualche settimana, è il ricorso alle ferie, anche anticipate (il contratto prevede 26 giorni l’anno) o l’utilizzo di permessi non goduti in passato. Una soluzione tampone per salvare il posto di lavoro. Come per i rider sono le categorie più deboli a rischiare di più in termini economici. Proprio per questo motivo i sindacati confederali hanno chiesto al governo di estendere anche ai collaboratori domestici la cassa integrazione in deroga. Con una lettera alla ministra del Lavoro Nunzia Catalfo i segretari Tania Scacchetti della Cgil, Luigi Sbarra della Cisl e Ivana Veronese della Uil hanno avanzato questa proposta alla luce della situazione «che si sta creando in relazione a colf e badanti, la cui attività viene sospesa in questi giorni a causa delle misure precauzionali relative al contenimento del virus Covid-19».
A lanciare l’allarme nei giorni scorsi è stata Assindatcolf, l’associazione nazionale sindacale dei datori di lavoro domestico. Le famiglie che hanno alle proprie dipendenze colf e badanti e baby sitter, non potendo sostenere il peso economico per una prestazione che, molto spesso, non viene neanche svolta a causa delle limitazioni agli spostamenti (e alla paura del contagio, soprattutto per le persone anziane che sono le più a rischio) non hanno altra soluzione che quella di interrompere il rapporto di lavoro. Tra le richieste avanzate da Assindatcolf, tramite il vicepresidente Andrea Zini, quella di considerare l’assistenza agli anziani non autosufficienti come un’attività para-sanitaria e di prevedere oltre ai voucher anche la totale deducibilità del costo del lavoro domestico. L’obiettivo deve essere una doppia tutela per le famiglie e i lavoratori, all’insegna della legalità.
Da Federcolf, il sindacato di colf e badanti, arriva la conferma delle preoccupazioni che serpeggiano in questi giorni. «Riceviamo molte richieste di aiuto sia da parte delle badanti che sono preoccupate per i contagi e per le tutele salariali sia dalle famiglie che non sanno come comportarsi – spiega da Roma la responsabile Rita De Blasis –. Se è la lavoratrice che vuole stare a casa può prendere le ferie e i permessi, nel caso contrario non ci sono purtroppo ammortizzatori sociali al momento. Noi in ogni caso assistiamo anche i lavoratori che non sono in regola, garantendo la tutela a livello sanitario». Secondo Federcolf questa potrà essere un’occasione per gettare luce sul lavoro nero. «A volte le famiglie vogliono assumere le badanti ma non possono perché non hanno il permesso di soggiorno e, visto che non sono stati fatti i flussi in questi anni, non riescono a regolarizzarle». Un problema da porre ad emergenza finita, quello della sanatoria per chi lavora in Italia.
Anche dal segretario generale di Domina, l’associazione nazionale famiglie datori di lavoro domestico arriva l’appello a non dimenticare questo settore. «Dobbiamo evitare un grave pregiudizio – sottolinea il segretario Lorenzo Gasparrini – verso questi lavoratori che stanno addirittura perdendo l’alloggio e verso i datori di lavoro che invece per senso di responsabilità e solidarietà, laddove sia possibile, continuano a pagare le retribuzioni nonostante la sospensione del lavoro».