Sergio Gatti, vicepresidente del comitato organizzatore
Due proposte subito realizzabili e altrettante che si possono iniziare a mettere in campo per dare un nuovo volto al lavoro e promuovere uno sviluppo più equilibrato. Dalla Settimana sociale dei cattolici italiani, in corso a Cagliari, emergono così le prime richieste alla politica e al governo, presente ai lavori con il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e il ministro del Lavoro Giuliano Poletti.
1) “Rimettere il lavoro al centro dei processi formativi”.
Per ridurre la disoccupazione giovanile occorre intervenire in modo strutturale “rafforzando la filiera formativa professionalizzante nel sistema educativo italiano”, spiega Sergio Gatti, vicepresidente del comitato organizzatore. E il professor Leonardo Becchetti, anch’egli nell’organismo che ha preparato le assise di Cagliari, fa subito l’esempio dell’apprendistato duale (scuola e lavoro insieme), di cui in questi giorni si sta decidendo al Senato una (errata) riduzione di fondi di finanziamento.
2) “Canalizzare i risparmi dei Piani individuali di risparmio (Pir)
"Risorse da indirizzare anche verso le piccole imprese non quotate” che rispondano a precise caratteristiche di coerenza ambientale e sociale, come per i fondi Impact. Stimolando l’investimento dei patrimoni familiari delle generazioni adulte per favorire il lavoro dei giovani. Dalla rendita al lavoro, un percorso virtuoso che si può avviare subito.
3) “Riforma del Codice dei contratti pubblici
”Vanno potenziati i criteri di sostenibilità ambientale; inserendo tra i criteri reputazionali i parametri di responsabilità sociale, ambientale e fiscale con certificazione di ente terzo; varando un programma di formazione delle Amministrazioni sul nuovo Codice. In sostanza, non più il “massimo ribasso” come avviene ancora oggi nel 60% dei casi.
4) “Rimodulazione delle aliquote Iva”
Tenendo conto delle scadenze e dei vincoli europei, il riassetto delle aliquote che oggi sono al 4, 10 e 22 per cento, dovrebbe essere finalizzata a “introdurre una premialità per le imprese che producono rispettando criteri ambientali e sociali minimi, oggettivamente misurabili anche da enti terzi – spiega Becchetti -. Una riforma che è possibile a saldo zero per le finanza pubblica. Anche per combattere il dumping sociale e ambientale che andrebbe invece penalizzato con aliquote più alte”.