giovedì 1 febbraio 2024
Dialogando con La Civiltà Cattolica il presidente della Cei parla di lotta agli abusi e di politica come servizio al bene comune. Sui migranti con il governo «un'interlocuzione dialettica»
Il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei

Il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei - Siciliani

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Il dolore per la tragedia degli abusi nella Chiesa, il servizio al bene comune, le prossime sfide pastorali. Il cardinale Matteo Zuppi arcivescovo di Bologna e presidente della Cei ne parla con La Civiltà Cattolica. Intervistato dal direttore padre Nuno da Silva Goncalves, e da Simone Sereni. il porporato sottolinea che i cattolici oggi sono presenti nelle diverse forze politiche ma «il vero nodo è intendersi su cosa significhi fare politica e fare delle politiche ispirate alla Dottrina sociale della Chiesa. Abbiamo assistito a una trasformazione della politica in cui è cambiato il profilo di chi fa il politico e il perché lo fa. Io spero che l'appello di papa Francesco, nell'enciclica Fratelli tutti, all'amore politico riattivi nel cuore di qualcuno la scelta di tradurre l'attenzione al prossimo, al bene comune, alla Dottrina sociale nella laicità della politica». A proposito dei rapporti con il governo, Zuppi sottolinea che «c'è una buona interlocuzione, e su certi tavoli ottima collaborazione. Sul tema dei migranti, c'è certamente un'interlocuzione dialettica, come d'altra parte è successo anche con i governi precedenti. La richiesta è salvare le persone e creare un sistema che funzioni, che sconfigga con la legalità l'illegalità. La Chiesa non ha mai detto “dentro tutti”, così come non ha mai detto “fuori tutti”: ha detto che si devono salvare tutti e che si deve creare un sistema di accoglienza, serio, funzionante, di diritti e doveri, che
richiede anche una politica europea, e l'Europa è largamente assente, purtroppo». Una risposta in proposito viene dai corridoi umanitari. «un'indicazione chiara e possibile – osserva il presidente della Cei - di come far arrivare in sicurezza».
Molto chiare le parole sulla lotta agli abusi nella Chiesa che in Italia – osserva Zuppi - «sta vivendo questa realtà con grande dolore, fatica, ma anche con consapevolezza e, credo, con grande serietà e senza nessuna opacità». Come prima cosa – continua il presidente della Cei - «ci siamo messi in ascolto delle vittime, senza tanto clamore, convinti che solo toccando con il cuore la sofferenza causata dagli abusi nella vita delle persone possiamo trarre la motivazione necessaria per compiere ogni sforzo perché questo non avvenga mai più. Abbiamo lavorato sulla formazione come cardine della prevenzione, in un immenso sforzo educativo che coinvolge migliaia di laici, uomini e donne, professionisti esperti, chiamati a costruire cammini di formazione per rendere più sicuri e a misura dei più fragili tutti i luoghi ecclesiali». Quanto all’immediato, dopo le rilevazioni già presentate, «altre ricerche multidisciplinari sono allo studio, con la collaborazione di importanti Centri di ricerca riconosciuti a livello internazionale, come l'Istituto degli Innocenti di Firenze e il Centro interdisciplinare di ricerche sulla vittimologia dell'Università di Bologna». Certo – prosegue il cardinale - si tratta di alcuni passi, «ma la strada è stata intrapresa con decisione e convinzione. E su questo non si torna indietro».
Ampia e articolata, naturalmente, la riflessione sulle sfide pastorali che attendono la Chiesa, a partire dalle parole di papa Francesco alla Gmg di Lisbona, dove il Pontefice disse che la Chiesa accoglie tutti: todos, todos, todos. «Io penso – osserva Zuppi che dire “tutti” non significhi che la Chiesa diventa un albergo, ma la vera sfida è essere una casa. Perché c'è certamente la tentazione che la Chiesa diventi un albergo: un albergo con più o meno stelle, con varie tradizioni e sensibilità, una Chiesa che alla fine si impoverisce. Ma non si può resistere a tale tentazione con le dogane, come direbbe il Papa, o con i filtri: la sfida è far sentire tutti a casa». A questo proposito occorre «immaginare soluzioni pastorali, evangeliche per concretizzare quella visione del “tutti, tutti, tutti”. “Pastorale” significa pienamente legata alla verità, non una giustificazione per fare come vogliamo noi. Non giustifica tutto e non è occultamento della verità, ma parlare capendo chi hai davanti e non ripetere qualcosa di distante, pensando poi che il problema sia il suo e non il nostro, che parliamo “latino” o che pensiamo di scaldare il cuore comunicando una regola e non un amore. Mi sembra che il Papa stia cercando questo tipo di risposta». Il Vangelo – continua Zuppi - va seminato e si conserva gettandolo nella terra dei cuori; perché noi non capiamo la domanda di “tutti”, che sale da tanta sofferenza, e abbiamo in testa risposte che sono inadeguate, oggi, dopo i cambiamenti che ci sono stati». Occorre sempre ribadire la verità perché «un amore senza verità finisce per non amare davvero».

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