domenica 6 aprile 2025
Accanto alle celebrazioni intenso programma di incontri per le giornate giubilari del mondo della salute. Sanitari e ammalti portano l'esperienza di cure umanizzanti. Zuppi: la speranza dipende da noi
Pellegrini entrano nell'atrio della Basilica di San Pietro al Giubileo dei malati e degli operatori sanitari

Pellegrini entrano nell'atrio della Basilica di San Pietro al Giubileo dei malati e degli operatori sanitari - Agenzia Romano Siciliani

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Che si tratti di salvaguardare la salute o di costruire la pace «siamo tutti corresponsabili». Nessuno deve tirarsi fuori. « Alle nostre mani, alle nostre menti, alla nostra volontà e al nostro cuore è affidata la speranza». Il cardinale Matteo Zuppi ieri pomeriggio, all’Università Pontificia Lateranense, al convegno “Many Worlds, One Health”, lo ha ribadito senza girarci intorno: «Ognuno di noi può e deve essere una parte nella soluzione dei conflitti sociali per la costruzione di un mondo più fraterno e solidale. È nostro il ruolo di ascolto e presa in carico delle sofferenze dell’umanità che attende una risposta».

All’appello del presidente della Cei hanno subito risposto con un applauso, senza tentennare nemmeno un secondo, tutti i rappresentanti delle Federazioni e dei Consigli nazionali italiani che operano in sanità e nei servizi sociali. In centinaia hanno voluto seguire l’evento organizzato dalla Commissione episcopale per il servizio della carità e la salute e promosso dall’Ufficio Nazionale per la pastorale della salute della Cei, in occasione del Giubileo degli ammalati e del mondo della sanità. «In un consesso internazionale di professionisti della sanità – ha chiarito il cardinale Zuppi nel video messaggio – non deve apparire strano che si parli di pace: è dal dialogo a diversi livelli, dal confronto tra interlocutori diversi, che nascono parole e cammini condivisi».

Tutela della salute e promozione della pace, dunque, camminano di pari passo. Come ha ribadito anche l’esperta dell’Oms Europa, Natasha Azzopardi-Muscat. «Continuiamo a far sentire la nostra voce per tutelare tutti. Con lo spostamento di risorse per la difesa – ha messo in guardia l’esperta dell’Organizzazione mondiale della sanità – si spenderà meno per la salute. Quindi sempre più persone dovranno spendere di tasca propria per le cure sanitarie. Sappiamo che molti oggi devono scegliere se curarsi oppure pagare le utenze, il cibo o altre necessità». Senza contare la diffusione delle malattie infettive, come il morbillo, a causa della mancanza di fiducia nei vaccini, e poi l’aumento delle malattie non trasmissibili, come quelle cardiovascolari, il cancro, il diabete, molte delle quali prevenibili con corretti stili di vita. «Abbiamo bisogno di un’azione centralizzata da parte dei governi – ha ribadito Michael G. Marmot, direttore dell’International Institute for Society and Health di Londra – per raggiungere l’obiettivo della giustizia sociale e di minori disuguaglianze sanitarie».

La questione, del resto, non può essere limitata entro i confini nazionali. « Il grande tema delle povertà sanitarie è trasversale, riguarda tante fasce sociali e tanti mondi – ha ricordato il direttore dell’Ufficio Cei per la Pastorale della salute, don Massimo Angelelli –. Ecco perché occorre entrare in un’ottica “one health”, dobbiamo fare le cose insieme. La persona che abbiamo di fronte è unica, in qualunque Paese si trovi, e ha bisogno di una riposta unitaria». Ma serve la partecipazione attiva di tutti. A cominciare dagli stessi pazienti e dai caregiver. E non a caso, ieri mattina, sempre alla Lateranense, sono stati proprio loro i protagonisti del convegno “Il ruolo della patient advocacy nella costruzione della speranza”, promosso dall’Ufficio nazionale per la Pastorale della salute della Cei e dall’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi sanitari (Altems) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. « Da quando è nato il sistema sanitario nazionale, quarantasette anni fa, le associazioni dei cittadini hanno sempre garantito un impegno costante come agenti di cambiamento, per renderlo più attento alle esigenze dei cittadini – ha ricordato Teresa Petrangolini, direttore del Patient Advocacy Lab di Altems –. Stiamo parlando di uomini e donne che si impegnano per tutelare i diritti di pazienti affetti per esempio da patologie rare, che chiedono il diritto ad accedere alle cure in modo equo e ovunque si viva, e a poter ottenere interventi e diagnosi tempestive».

Non sempre possibili però a causa di ostacoli burocratici o per mancanza di strutture adeguate. «Se tutti i sistemi sanitari sono alle prese con problemi di sostenibilità – ha chiarito Americo Cicchetti, direttore generale della Programmazione sanitaria del Ministero della Salute – non è solo per una questione di mancanza di risorse. Dobbiamo recuperare la fiducia dei cittadini: il sistema sanitario lo vediamo ormai come un supermercato, un bancomat, non come un bene di tutti. E invece serve uno sforzo collettivo per tenerlo in piedi». Il ruolo dei pazienti è dunque fondamentale. « La partecipazione dei cittadini è il miglior sistema per garantire la correttezza amministrativa anche delle aziende sanitarie, vigilando per esempio sulle liste di attesa – ha sottolineato Filippo Anelli, presidente della Federazione degli ordini dei medici (Fnomceo) –. Il Sistema sanitario nazionale italiano oggi rappresenta una speranza concreta, spesso l’unica, per potersi curare». © RIPRODUZIONE RISERVATA L’esperta Oms, Azzopardi-Muscat: «Più risorse per la difesa, meno per la salute». Ventimila i pellegrini a Roma per il Giubileo degli ammalati. Ieri, per loro, il passaggio della Porta Santa. Con lunghe processioni di persone fin dalle prime ore della giornata / Siciliani

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