Negli ultimi dieci anni sono stati 848 i chierici ridotti allo stato laicale perché ritenuti colpevoli di abusi sessuali verso minori. Altri 2.572 sono stati poi sanzionati con altre pene (ritiro perpetuo in vita di penitenza e preghiera o altro). I dati, finora inediti, sono stati forniti ieri dall’arcivescovo Silvano Maria Tomasi rispondendo nell’ufficio Onu di Ginevra, dove è osservatore permanente della Santa Sede, al 52° Comitato sulla Convenzione contro la tortura. Tomasi, ribadendo che la Santa Sede è responsabile del rispetto della Convenzione solo all’interno Stato della Città del Vaticano (SCV), ha tuttavia fornito i dati – scorporati anno per anno dal 2004 al 2013 – che gli erano stati chiesti ieri da membri del Comitato. Tomasi ha precisato che la «Santa Sede non ha la competenza o i mezzi di avviare procedure per crimini fuori dalla Città del Vaticano». Tuttavia «compie ogni sforzo per condurre procedure ecclesiastiche nei confronti di membri del clero contro i quali sono state mosse accuse credibili di abusi sessuali contro minori, ma senza pregiudizio per le procedure giudiziarie nel Paese di residenza». E i membri del clero sono soggetti alla «legge del Paese dove risiedono». Il presule ha anche specificato che i sacerdoti condannati, ma non laicizzati, sono stati destinati in luoghi in cui «non hanno alcun contatto con bambini». E ha ribadito che i 3.420 casi di chierici sanzionati riguardano comportamenti delittuosi commessi nella grande maggioranza dei casi in un periodo compreso tra il 1950 e la fine degli anni ’80. I dati inediti forniti da Tomasi sono stati evidentemente forniti dalla Congregazione per la dottrina della fede. Da essi si evince che gli anni in cui ci sono state più laicizzazioni sono stati il 2006 (114) e il 2011 (143). Nel poi 2013 sono state 43, mentre 358 chierici hanno subito altre sanzioni. Intervistato ieri sera da
Radio Vaticana monsignor Tomasi ha spiegato la decisione di fornire i dati che gli erano stati richiesti. «Il punto più importante da fare entrare nella convinzione degli esperti» ha detto è che la Chiesa tutta, Santa Sede e Conferenze episcopali, «da dieci anni sono sul fronte per combattere contro ogni abuso sessuale sui minori, per prevenire questo crimine, per aiutare le vittime e per punire anche chi è colpevole ». «Quindi, – ha aggiunto – non vogliamo che rimanga fossilizzata la percezione che la Chiesa non abbia fatto abbastanza o che la Chiesa abbia cercato di evitare o che stia ancora evitando di affrontare il problema». Tomasi poi oltre ad aver ribadito che «non tutte le attività di abuso sessuale sono “tortura” », ha convenuto che l’articolo 16 della Convenzione dice chiaramente «che il trattamento inumano e umiliante ricade sotto questa Convenzione». È quindi «legittimo», ha aggiunto, «che gli esperti toccassero questo tema», fermo restando però che «si debba rimanere all’interno dell’interpretazione del testo secondo la Convenzione di Vienna sui Trattati, e cioè di non aggiungere crimini nuovi che non siano elencati nella Convenzione stessa, e di fare in modo che la chiarezza di distinzione tra la Convenzione dei diritti del fanciullo, per esempio, e questa, rimangano in piedi».