Fotogramma
Quale immagine di Chiesa emerge dal Sinodo, concluso da papa Francesco lo scorso 27 ottobre? Per rispondere a questa domanda ricorro alle tre espressioni collegate al tema Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione. La comunione è stata anzitutto quella sperimentata durante l’assemblea fra vescovi, presbiteri, consacrati e laici, uomini e donne provenienti da ogni parte del mondo, che si sono ritrovati a vivere uno scambio ricchissimo di riflessioni e di esperienze alla luce dell’unica fede e dello stesso amore a Cristo e alla Chiesa. Vari aspetti della comunione sono stati richiamati nel Documento finale: la sua origine dalla Trinità, il suo attuarsi in Cristo mediante lo Spirito Santo, la sua sorgente nell’Eucaristia, la sua espressione a vari livelli, fra i fedeli, le Chiese e i pastori, il ruolo del Successore di Pietro al servizio di questa multiforme comunione, quale «perpetuo e visibile principio e fondamento» dell’unità della Chiesa (cf. n. 16. 18 e 31). Anche il valore ecumenico di questa comunione è stato richiamato (cf. n. 40 e 137), col riferimento specifico ai recenti dialoghi intessuti con le altre Chiese e comunità ecclesiali sulla sinodalità e il suo rapporto al primato del Vescovo di Roma.
La comunione non si realizza, però, senza un’attiva partecipazione di tutti i membri del popolo di Dio, ciascuno secondo i carismi ricevuti e il ministero che gli è stato affidato: uniti nell’amore che viene dall’alto, i battezzati formano un popolo in cammino, dove a ognuno è chiesto di mettere al servizio di tutti quanto gli è stato dato. La Chiesa - afferma il Documento - «riceve da Cristo il dono e la responsabilità di essere il lievito efficace dei legami, delle relazioni e della fraternità della famiglia umana, testimoniando nel mondo il senso e la meta del suo cammino. Assume oggi questa responsabilità in un tempo dominato dalla crisi della partecipazione - cioè del sentirsi parte e attori di un destino comune - e da una concezione individualista della felicità e della salvezza» (n. 20). Di fronte a questo scenario, il Sinodo rilancia il valore della partecipazione di tutti, fondata sulla diversità dei doni e dei servizi: «È emersa l’aspirazione ad ampliare le possibilità di partecipazione e di esercizio della corresponsabilità differenziata di tutti i battezzati, uomini e donne” (n. 35). In questa luce una particolare attenzione è data ai vari organismi di partecipazione nella Chiesa locale, come a livello universale (nn. 87-94). Sulla partecipazione più ampia delle donne ai processi decisionali nella Chiesa, oggetto di una larga attesa, il Documento non va al di là di un auspicio, segnalando un bisogno di approfondimento (cf. n. 60). Il richiamo ad una maggiore corresponsabilità riguarda, comunque, tutti i battezzati (cf. n. 77).
È, infine, il tema della missione a permeare l’intero Documento: «La sinodalità non è fine a sé stessa, ma mira alla missione che Cristo ha affidato alla Chiesa nello Spirito... Sinodalità e missione sono intimamente congiunte» (n. 32). Certo, la missione non può attuarsi in una forma univoca, ma va adattata alle attese e alle sfide con cui viene a incontrarsi: «La chiamata al rinnovamento delle relazioni nel Signore Gesù risuona nella pluralità dei contesti in cui i Suoi discepoli vivono e realizzano la missione della Chiesa. Ciascuno di questi contesti ha peculiari ricchezze di cui è indispensabile tenere conto, legate al pluralismo delle culture” (n. 53). In particolare, «l’ascolto di chi patisce esclusione ed emarginazione rafforza la consapevolezza della Chiesa che fa parte della sua missione farsi carico del peso di queste relazioni ferite perché il Signore, il Vivente, le risani» (n. 56). Tutto questo esige una speciale attenzione al discernimento da operare: «Prevedendo l’apporto di tutte le persone coinvolte, il discernimento ecclesiale è allo stesso tempo condizione ed espressione privilegiata della sinodalità, in cui si vivono insieme comunione, missione e partecipazione. Il discernimento è tanto più ricco, quanto più tutti sono ascoltati» (n. 82). Molteplici i campi di impegno che vengono richiamati: dalla difesa della vita e dei diritti della persona al servizio del giusto ordinamento della società, dalla dignità del lavoro all’azione in favore di un’economia equa e solidale, dall’ecologia integrale alla missione evangelizzatrice, che la Chiesa è chiamata a vivere e incarnare nella storia (cf. n. 151).
Infine, nell’omelia della Messa conclusiva del Sinodo papa Francesco - che ha dichiarato di non voler scrivere un’esortazione post-sinodale, ma di accettare questo documento come il frutto del Sinodo da offrire a tutta la Chiesa - lancia un appello a continuare sul cammino della sinodalità, senza stanchezze e senza paura. La Chiesa che ha detto di sognare non è «una Chiesa seduta, ma una Chiesa in piedi. Non una Chiesa muta, ma una Chiesa che raccoglie il grido dell’umanità. Non una Chiesa cieca, ma una Chiesa illuminata da Cristo che porta la luce del Vangelo agli altri. Non una Chiesa statica, ma una Chiesa missionaria, che cammina con il Signore lungo le strade del mondo» (domenica 27 ottobre 2024). Nella visione del Papa, insomma, il Sinodo non termina qui, ma deve andare avanti come stile di vita e processo necessario, a cui nessuno ha il diritto di sottrarsi: e l’esperienza di sinodalità vissuta dai circa quattrocento partecipanti intorno a Lui diventa un modello da realizzare nei più diversi contesti, con l’apporto di tutti, nessuno escluso.
Arcivescovo di Chieti-Vasto padre sinodale eletto dalla Conferenza episcopale italiana