Agenzia Romano Siciliani
La Gmg di Lisbona ci ha restituito ciò che già sappiamo, ma che spesso facciamo fatica a mettere in pratica: è sbagliato approcciarsi al mondo giovanile come se i giovani fossero tutti uniformati e come se fosse sufficiente consegnare a tutti loro lo stesso messaggio (o lo stesso sussidio) per generare il desiderio di incontrare il Signore.
Oggi più che mai è necessario personalizzare il rapporto educativo alla luce dell’esperienza di vita che poi speriamo diventi esperienza di fede.
C’è una promessa che tutta la comunità educante è chiamata ad assumersi dopo la Gmg portoghese: la ricerca di un rapporto personale con ogni singolo giovane, rapporto che sia capace – come ha detto il Papa – di «far brillare sconfiggendo le tenebre che ci affliggono nella vita».
Durante gli incontri della Giornata mondiale della gioventù è emerso chiaramente che la Pastorale giovanile è prima di tutto una pastorale delle relazioni. Aggiungo: “relazioni aumentate”, che cioè tengano conto della vivacità digitale dei rapporti che ormai è nel Dna dei nostri giovani. Anche per questo è indispensabile che la pastorale sia sempre più una pastorale digitale, che intercetti ogni persona sul luogo che più frequenta: lo schermo del proprio smartphone.
Ma questa Gmg ci spinge oltre la promessa e ci conduce ad assumerci un impegno: quello di partecipare alla Gmg di Seul. Sarà la prima Gmg in un Paese a minoranza cattolica. Durante la conferenza stampa dopo l’annuncio della sede della Giornata del 2027 l’arcivescovo di Seul ha dovuto rispondere ad alcune domande che avevano un tono molto negativo: «Chi verrà alla Gmg in Corea del Sud, se in quel continente ci sono pochi cattolici?». Nelle sue risposte l’arcivescovo ha ricordato la vicinanza delle Filippine, uno Stato con molti cattolici. Ma la vera sfida è la missionarietà della Gmg del 2027: se la Corea del Sud è un Paese a minoranza cattolica questo non vuol dire che la Gmg non sarà partecipata, vuol dire semmai che il raduno dei giovani cattolici del mondo sarà un segno, un seme.
C’è un doppio motivo che ci spinge ad assumerci l’impegno di essere presenti a Seul: l’evento in sé e il forte valore missionario e di testimonianza di questo evento. Che oltretutto assume un forte rilievo sinodale, perché la Chiesa della Corea del Sud, come ha spiegato l’arcivescovo, è una Chiesa fondata dai laici.
Così, con questa promessa e con questo impegno, si sono conclusi i giorni di Lisbona. Forse i portoghesi e tutti i giovani del mondo hanno una cosa in comune: hanno consegnato nuovi mondi al mondo. Se il giovane Vasco da Gama non avesse avuto chi credeva in lui si sarebbe arreso dopo le prime spedizioni fallimentari. E invece no, ha trovato chi lo ha aiutato a brillare: diventiamo anche noi persone capaci di accendere la luce nei giovani che ci stanno accanto.