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Dalla Nigeria ai campi di detenzione della Libia sino alle strade del casertano. Dalla casa di accoglienza delle suore orsoline di Caserta, “Casa Rut”, al duplice incontro con papa Francesco. Che ha firmato anche la prefazione del libro che racconta la sua storia: “Io sono Joy” di Mariapia Bonanate, appena uscito per le Edizioni San Paolo. È un percorso di sofferenza e riscatto quello di Joy, giovane donna nigeriana sopravvissuta alla tratta degli esseri umani. Un percorso di maltrattamenti e schiavitù, ma anche di coraggio, libertà, dignità e speranza.
Oggi Joy ha 26 anni; è in Italia da quattro e sta studiando per ottenere il diploma di scuola superiore. «Coraggio, studia e non avere paura!», le ha detto e le ha scritto papa Francesco. Joy ha preso alla lettera questo impegno, perché «io voglio essere una donna libera», ci dice.
«Il Papa mi ha sempre stimolata a riprendere in mano la mia vita, a studiare e a costruirmi un futuro di libertà. È quello che sto cercando di fare». Anche mettendosi a nudo attraverso un libro che racconta una storia di povertà, inganni, sofferenze, abusi, disumanizzazione… Che Joy ancora fatica a raccontare.
Quando lo fa, i suoi occhi luminosi, il suo sorriso aperto e l’esuberante simpatia si piegano alle lacrime e alla commozione. E però sa quanto sia importante raccontare. Per lei stessa, ma anche per le migliaia di altre ragazze nigeriane (e non solo) che come lei sono state trafficate e sfruttate come schiave sessuali.
«Quando mio padre è morto – ricorda Joy – per noi la vita è diventata molto dura. Mia madre era sola, senza lavoro e con cinque figli. Un’amica di famiglia, che è anche pastora di una Chiesa nigeriana, cercava una ragazza che venisse in Italia a occuparsi di sua mamma. La mia famiglia mi ha spinto a partire. Era un’opportunità che non si poteva rifiutare».
Joy non sospetta nulla. Solo più tardi si renderà conto che i trafficanti sono spesso persone insospettabili che approfittano delle situazioni di vulnerabilità per reclutare nuova “merce” e alimentare i loro orrendi traffici.
Ben presto, però, si confronta con la durezza del viaggio: «Durante l’attraversata del deserto – ricorda – non avevamo niente, né acqua né cibo. E se qualcuno moriva o rimaneva indietro veniva abbandonato come se niente fosse».
Ma sono soprattutto i quattro mesi passati in Libia a farla sprofondare in un abisso di violenze e umiliazioni da cui pensava di non riuscire più a riemergere. «Poi un giorno – continua – ci hanno detto che potevamo partire. Speravo che tutta quella sofferenza sarebbe finalmente finita».
Tentano una volta la traversata, ma il mare è grosso e devono tornare indietro. Dopo quest’ennesima delusione ci riprovano. E fanno naufragio. «Ho avuto moltissima paura. Tante persone sono morte, prima che arrivassero i soccorsi. Quando siamo arrivati in Italia, ero felicissima. Non sapevo che mi aspettava una seconda Libia. Persino peggio!».
La rete dei trafficanti è tentacolare e non lascia scampo. La intercettano, la portano nel casertano e la consegnano alla madre della pastora che l’aveva fatta partire. «La sera stessa mi dice di andare a farmi i capelli per cominciare subito a lavorare – rievoca Joy –. “Quale lavoro?”, le ho chiesto. “Lavoro di strada”, mi ha risposto senza troppi giri di parole, precisando che dovevo restituirle 35mila euro. In quel momento ho capito che ero finita in una nuova prigione».
Joy viene obbligata ad andare su una strada. Non solo: viene costretta ad abortire clandestinamente il bambino che porta in grembo, frutto di un’altra violenza, quella subita in Libia. Joy non vuole, ma non può decidere nulla di se stessa e della sua vita. «Un’esperienza che non avrei mai immaginato di poter sopportare!» esclama.
Sta male ed è arrabbiata. «Persino con Dio! – ricorda –. Gli chiedevo dove fosse, che cosa volesse da me. La fede è sempre stata molto importante nella mia vita, ma in quei giorni bui pensavo che anche Dio mi avesse abbandonata».
Però non ha mai smesso di guardarsi dentro e di pregare. «Un giorno, ho letto un passo della Bibbia che diceva di non avere paura e di lasciarsi alle spalle le cose brutte del passato. Ho ritrovato coraggio e ho deciso di fuggire».
Joy chiede aiuto a una donna che aveva conosciuto in chiesa e sporge denuncia alla polizia, che la porta a “Casa Rut” di Caserta, una casa di accoglienza che da oltre 25 anni si occupa di donne vittime di tratta. «Mi hanno aiutata a togliermi quel peso insopportabile che mi portavo addosso. Mi hanno ridato la vita. E ho capito che Dio era sempre con me».
Papa Francesco ha firmato la prefazione del volume
«Un patrimonio dell’umanità». Sono le parole che papa Francesco dedica alla testimonianza della protagonista di “Io sono Joy. Un grido di libertà dalla schiavitù della tratta" (pagine 176, euro 16) appena pubblicato dalle Edizioni San Paolo. Ne è autrice Mariapia Bonanate, già condirettore del settimanale “Il nostro tempo” e collaboratrice di quotidiani e riviste fra cui Famiglia Cristiana. Come detto la prefazione è firmata dal Papa che definisce il libro, un dono di Joy «a ogni donna e a ogni uomo che coltivi un’autentica passione per la salvaguardia della vita».