sabato 28 novembre 2015
​Papa Francesco ha celebrato la Messa per i martiri dell'Uganda, sua seconda tappa del viaggio in Africa. "La fedeltà a Dio, l'onestà e l'integrità della vita e la genuina preoccupazione per il bene degli altri ci portano quella pace che il mondo non può offrire".
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​"La testimonianza dei martiri mostra a tutti coloro che hanno ascoltato la loro storia, allora e oggi, che i piaceri mondani e il potere terreno non danno gioia e pace durature. Piuttosto, la fedeltà a Dio, l'onestà e l'integrità della vita e la genuina preoccupazione per il bene degli altri ci portano quella pace che il mondo non può offrire". Lo ha detto Papa Francesco nel corso dell'omelia durante la celebrazione eucaristica per i martiri dell'Uganda, che si è tenuta questa mattina nell'area antistante il Santuario cattolico di Namugongo, nel 50° anniversario della canonizzazione di San Charles Lwanga e compagni, avvenuta a Roma il 18 ottobre 1969.

"Ciò non diminuisce la nostra cura per questo mondo, come se guardassimo soltanto alla vita futura. Al contrario - ha proseguito Francesco - offre uno scopo alla vita in questo mondo e ci aiuta a raggiungere i bisognosi, a cooperare con gli altri per il bene comune e a costruire una società più giusta, che promuova la dignità umana, senza escludere nessuno, che difenda la vita, dono di Dio, e protegga le meraviglie della natura, il creato, la nostra casa comune".

Nel segno del martirio e dell’ecumenismo si è aperta la seconda giornata in Uganda del Papa: prima dell'Eucaristia c’era stata la visita al Santuario anglicano di Namugongo dove il Papa in omaggio all’ecumenismo del sangue ha svelato una targa commemorativa dei 23 martiri anglicani torturati e uccisi alla fine dell’Ottocento. Poi dopo l’abbraccio all’arcivescovo anglicano e la preghiera silenziosa il trasferimento in papamobile al Santuario cattolico, distante appena 3 km, dove san Carlo Lwanga fu bruciato insieme ai suoi 21 giovani compagni il 3 giugno 1886 dopo averli iniziati alla fede in piena persecuzione anticristiana. Al sovrano Mwanda questi uomini non nascosero la loro fede nel vero re Gesù Cristo e per questo furuno trafitti con la spada e bruciati.

 

I 22 pilastri su cui poggia la chiesa in cui si è celebrata la Messa, la cui forma ricorda la capanna tradizionale dell’etnia Baganda, ricordano il sacrificio di questi 22 martiri cattolici. Il santuario consacrato da Paolo VI nel 1969 è luogo centrale nella storia della Chiesa e del Paese. E i 22 sono considerati i primi martiri riconosciuti dell’”Africa nera”.

Nel corso dell'omelia il Papa è tornato sul dono dello Spirito Santo: "un dono che è dato per essere condiviso. Ci unisce gli uni agli altri come credenti e membra vive del Corpo mistico di Cristo" ha affermato Francesco.

"Non riceviamo il dono dello Spirito soltanto per noi stessi, ma per edificarci gli uni gli altri nella fede, nella speranza e nell’amore.

Penso ai santi Joseph Mkasa e Charles Lwanga, che, dopo essere stati istruiti nella fede dagli altri, hanno voluto trasmettere il dono che avevano ricevuto. Essi lo fecero in tempi pericolosi. Non solo la loro vita fu minacciata ma lo fu anche la vita dei ragazzi più giovani affidati alle loro cure. Poiché essi avevano coltivato la propria fede e avevano accresciuto l’amore per Dio, non ebbero timore di portare Cristo agli altri, persino a costo della vita".

In questo modo "la loro fede divenne testimonianza; oggi, venerati come martiri, il loro esempio continua a ispirare tante persone nel mondo. Essi continuano a proclamare Gesù Cristo e la potenza della Croce".

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