venerdì 12 luglio 2024
Dibattito a Bologna tra medicina, etica, diritto e politica. Il presidente Cei scettico su introdurre altre norme in un ambito dove ci sono già regole che però non sono applicate come si dovrebbe
Il dibattito a Bologna sul fine vita. Sulla destra, il cardinale Zuppi

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«Che nessuno, mai, sia lasciato solo»: si è parlato di fine vita la sera dell'11 luglio a Bologna, in un convegno organizzato dall’Associazione Giovanni Bissoni, già sindaco di Cesenatico, poi assessore alla Sanità della Regione Emilia-Romagna e consigliere di amministrazione Aifa, morto nel 2023 per Sla fulminante, dopo essersi affidato al percorso delle cure palliative. Iniziando proprio dal medico che l’ha seguito, Danila Valenti, direttrice della Rete di cure palliative di Bologna, è subito parsa evidente la convinzione dei relatori della necessità che il nostro Servizio sanitario garantisca i presupposti perché la libertà di scelta del paziente oggi al centro del confronto sul fine vita sia autentica, che cioè sia alimentata dalla piena consapevolezza del malato. Una consapevolezza delle sue condizioni, ma anche di cosa la medicina può fare oggi per lui perché non soffra e di cosa possano fare il contesto sociale e culturale che gli stanno intorno, per garantire ascolto, accoglienza e dignità, valorizzando anche la vita malata più fragile.

Princìpi contenuti nella legge 219 del 2017 sul “consenso informato in sanità e le disposizioni anticipate di trattamento”, ricordata ieri da Donata Lenzi, che ne fu relatrice alla Camera, e da Stefano Canestrari, componente del Comitato nazionale per la Bioetica, a parere del quale «l'applicazione degli istituti previsti dalla legge può avere un effetto preventivo nei confronti di moltissime, anche se non di tutte, le richieste di aiuto medico al suicidio» mentre «l'accesso alle cure palliative e un'adeguata assistenza sanitaria (medica, psicologica e psichiatrica) devono essere garantiti a prescindere da quella che sarà la decisione legislativa in materia di fine vita». In generale, è emerso come ancora manchi in Italia una vera conoscenza dei diritti del malato, carenza che porta a una richiesta di suicidio assistito dettata da ignoranza e paura, tanto da far dubitare che, allo stato dell’arte, le scelte eutanasiche siano davvero consapevoli, libere e stabili, con il pericolo di lasciare l’ultima parola al legislatore quando non è garantita la giusta prevenzione, come nel caso delle sofferenze psicologiche.

Il cardinale Matteo Maria Zuppi, che a Bissoni fu vicino alla sera della vita – una prossimità che determinò in lui una svolta di spiritualità e serenità nell’affrontare la malattia e la morte –, ha invitato a rifuggire le polarizzazioni, nello stile che caratterizza le radici della nostra Costituzione e del Paese, fondato su princìpi di umanesimo condivisi da cattolici e laici. L’arcivescovo di Bologna e presidente della Cei si è mostrato scettico sull’ipotesi di una nuova legge sul suicidio assistito: «Nonostante ci sia già la legge 219, approvata a larga maggioranza, questa inspiegabilmente non è conosciuta né totalmente applicata», ha detto, ritenendo quindi che anche una nuova, ulteriore legge sul fine vita – della quale molto si parla – potrebbe subire la stessa sorte.

Zuppi si augura comunque che nel dibattito sul fine vita non ci siano risse e barricate ma «dialoghi al rialzo» valorizzando quanto unisce e non ciò che divide. Ha poi ribadito l’importanza di garantire le cure e prevenire il senso di abbandono del malato, dando qualità alla vita, a ogni vita: «Né pietismo, né abbandono» è la formula cui ha fatto ricorso il cardinale. Ancora troppo spesso, ha aggiunto, «le cure palliative sono viste come la medicina della rassegnazione, come l’ultima spiaggia». A suo parere, l’autodeterminazione «è sempre anche relazione. Non può mai ridursi all’invito a “riempire il modulo”», in un delicato equilibrio tra «le terapie da una parte e, dall’altra, la consapevolezza e la speranza». Il concetto della dignità «è fondamentale, va sempre garantita », rifuggendo le forme di accanimento terapeutico. Presente tra il pubblico anche Beppino Englaro, che ha chiesto di intervenire insistendo sui diritti a suo avviso negati per lunghi anni alla figlia Eluana. Conclusioni affidate a Pier Luigi Bersani, che ha auspicato un dibattito che affronti con coraggio il tema del fine vita, senza cercare di rimuovere il problema.

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