Iacovacci in addestramento con i suoi colleghi
Vittorio Iacovacci, benché ancora giovane, era già «molto amato e stimato da tutti i commilitoni per il grande altruismo, la ferma determinazione e la grande professionalità. La sua scomparsa lascia in tutti noi militari del Reggimento un vuoto immenso». Il colonnello Saverio Ceglie comanda il 13esimo Reggimento "Friuli Venezia Giulia", di cui faceva parte il carabiniere ucciso in Congo. Sono i suoi uomini a fare da "angeli custodi" alle feluche nelle rappresentanze diplomatiche italiane di tutto il mondo.
Anche Vittorio (effettivo del Tredicesimo, di stanza a Gorizia e inquadrato all’interno della Seconda Brigata Mobile, élite operativa che include i parà del Tuscania e il Gis) era orgoglioso di farlo e fiero di essere di un carabiniere: «È doveroso ricordare il suo attaccamento al Reggimento e alla bandiera che racchiude la nostra storia e i nostri valori», ricorda il colonnello, che comanda uomini "speciali" per formazione, impegno e dedizione, alle dipendenze del Comando Carabinieri ministero Affari Esteri, nato nel 1979 in stretta intesa col corpo diplomatico.
Attualmente l’Arma è presente in 127 sedi diplomatiche, con 399 carabinieri a cui è affidato il compito di svolgere servizi di vigilanza e protezione. Parlano più lingue e hanno competenze in grado di dare supporto agli ambasciatori nella valutazione dei pericoli. Le sedi più a rischio vengono rinforzate con militari della Seconda Brigata Mobile, sottoposti a un addestramento che integra le attività di scorta, vigilanza e protezione. Soldati d’élite, con un coraggio dimostrato in più occasioni, non sempre note. A Gorizia si ricordano ancora di quando un collega a Teheran intervenne per bloccare un uomo pronto a darsi fuoco in ambasciata. O quando a San Paolo del Brasile un altro carabiniere sventò una rapina nella rappresentanza diplomatica, disarmando un evaso e consegnandolo alla polizia locale. "Angeli custodi" esperti e pronti a intervenire, come ha fatto Vittorio.