L'Italia non ha condotto un'espulsione collettiva, in violazione della Convezione europea dei diritti umani, quando nel settembre del 2011 ha rinviato in patria tre uomini tunisini, ma ha violato il loro diritto alla libertà, perché la loro detenzione, nel centro di soccorso e prima accoglienza di Contrada Imbriacola a Lampedusa, non era prevista dalla legge. L'ha stabilito una sentenza definitiva della Grande camera della Corte europea dei diritti umani ribaltando cosi in parte il giudizio emesso il primo settembre 2015 da una delle camere, che aveva invece ritenuto l'Italia anche colpevole dell'espulsione collettiva.
Secondo i togati di Strasburgo, che hanno dunque convalidato la violazione riscontrata in primo grado, "la privazione di libertà dei tre senza alcuna chiara e accessibile base legale non soddisfa il principio di certezza legale ed è incompatibile con la necessità di proteggere gli individui da atti arbitrari" da parte delle autorità.
Le associazioni: «Gli hotspot illegali»
"Sebbene non tutte le violazioni riscontrate nel settembre 2015 siano state confermate - commenta l'Associazione studi giuridici sull'immigrazione (Asgi) - questa sentenza appare di fondamentale importanza perché definisce inammissibile qualunque forma di detenzione o privazione della libertà personale de facto sottratte al controllo dell'autorità giudiziaria. Questo vale anche per le situazioni di trattenimento dei migranti negli hotspot e in altri luoghi (porti, aeroporti, centri d prima accoglienza, ecc.) caratterizzati troppo spesso da criticità legate al mancato accesso di organizzazioni di tutela e dalla carenza di garanzie dei diritti fondamentali, come gli ultimi rapporti ampiamente testimoniano". Il riferimento è al rapporto "Hotspot Italia: come le politiche dell'Unione europea portano a violazioni dei diritti di rifugiati e migranti" pubblicato da Amnesty International a novembre.
"La decisione della Grande camera crea un importante precedente, di cui le istituzioni italiane ed europee dovranno tener conto nei trattamenti riservati ai migranti alle frontiere", commenta l'Arci sul proprio sito, ricordando la pratica degli hotspot, in cui i migranti sono detenuti "per svariati giorni con una flagrante carenza di garanzie" e sottolineando che "secondo i giudici della Corte e della Grande camera questo trattenimento è illegale, anche se oggi risulta essere la prassi".
Anche Amnesty International in un comunicato sottolinea che "si tratta di una sentenza importante, poiché ancora oggi l'Italia, come denunciato nel rapporto del 3 novembre, continua a trattenere migliaia di rifugiati e migranti, in particolare nei cosiddetti hotspot, in assenza di una norma che giustifichi tale detenzione. Dopo questa sentenza, l'Italia dovrà garantire che nessuna persona sia soggetta a detenzione arbitraria". "L'approccio hotspot, elaborato a Bruxelles e applicato in Italia, ha aumentato anziché diminuire la pressione sugli stati di frontiera e sta causando terribili violazioni dei diritti di persone disperatamente vulnerabili, violazioni per le quali le autorità italiane portano una responsabilità diretta e i leader europei una responsabilità politica", sottolinea Matteo de Bellis, ricercatore di Amnesty International per l'Italia.