"Partecipazione all'associazione terroristica dello Stato Islamico". E' l'accusa nei confronti di un italo-marocchino arrestato questa mattina dalla Polizia al termine di un'indagine dell'Antiterrorismo coordinata dalla procura di Torino. Si tratta di Elmahdi Halili, 23enne autore del primo testo di propaganda del Daesh in italiano, che secondo gli inquirenti stava anche progettando un attentato, preparandosi ad agire come lupo solitario.
Il giovane "si informava sull'utilizzo di un coltello e stava studiando come preparare un camion per compiere un attentato". Così il questore di Torino, Francesco Messina, che ha aggiunto: "era il momento di intervenire non potevano permetterci che facesse un salto di qualità operativa e di aspettare che individuasse un obiettivo da colpire". L'arrestato, ha detto ancora il questore, nel corso del tempo "si è concentrato in una attività di acquisizione di elementi passati dall'apologia e dalla celebrazione delle iniziative dell'Isis e dei proclami dei predicatori dell'odio a un'attività specifica di documentazione su tecniche di intervento da parte dei cosiddetti lupi solitari".
Perquisizioni sono in corso da parte della Polizia nel nord Italia nei confronti di soggetti legati ad ambienti dell'estremismo islamico. I 13 decreti di perquisizione sono stati emessi nell'ambito dell'indagine che ha portato in carcere Halili e sono scattati a Milano, Napoli, Modena, Bergamo e Reggio Emilia. Nell'inchiesta sono coinvolti anche alcuni italiani convertiti all'Islam, oltre a cittadini di origine straniera: l'accusa ipotizzata nei loro confronti è di aver svolto una campagna di radicalizzazione e proselitismo sul web.
LEGGI ANCHE Contro chi indottrina all'odio: buoni maestri proprio ora di Marco Impagliazzo
Quando il 30 agosto del 2016 il capo della propaganda e portavoce del Daesh Abu Mohammed Al Adnani fu ucciso ad Aleppo, Elmahdi Halili creò una piattaforma social dove pubblicò tre diverse playlist con i messaggi più famosi del braccio destro di Al Baghdadi, compreso quello in cui dava l'ordine ai lupi solitari presenti in Europa di scatenare la campagna di terrore che ha portato alle stragi del 2015.
È quanto hanno accertato gli investigatori della Polizia nell'inchiesta che ha portato in carcere l'italo marocchino. L'indagine è partita alla fine del 2015, quando Halili ha patteggiato una condanna a due anni di reclusione, con sospensione condizionale della pena, per istigazione a delinquere con finalità di terrorismo proprio per la pubblicazione sul web di una serie di documenti del Daesh.
La famiglia (padre muratore, madre casalinga, il fratello come lui perito elettronico e la sorella, studentessa) lo ha sempre contrastato. Il padre, arrivato in Italia nel 1989, in particolare ha cercato più volte di allontanare il figlio dal radicalismo estremo, come provano i frequenti litigi tra i due, senza però riuscirvi. Nell'ultimo periodo, al contrario, le cose sono peggiorate. Il ragazzo non voleva neppure che la madre toccasse il suo cibo. "Anche per questi comportamenti - spiega il dirigente della Digos di Torino Carlo Ambra - la famiglia lo ha allontanato, condannando la sua scelta".
Proprio ieri è stato arrestato a Foggia un italo-egiziano ritenuto militante del Daesh che indottrinava i bambini nelle sue lezioni di religione (LEGGI QUI)
Gli inquirenti affermani di avere verificato che Halili trascorreva ore sul web, dove si era creato una fitta rete di contatti, italiani ed esteri. In molti casi si trattava di personaggi vulnerabili, con alle spalle situazioni familiari difficili, che si erano convertiti all'Islam e che come lui studiavano da lupi solitari. Dai tanti messaggi intercettati dagli inquirenti emerge come il giovane sia convinto che lo Stato Islamico rappresenti il perfetto equilibrio tra amore e odio. "Amiamo i credenti e odiamo i miscredenti" aveva scritto su un social network riservato. Alla base dell'ideologia, la convinzione che "i cittadini di uno Stato che non si oppongono alle politiche governative di attacco alla religione islamica sono obiettivi da colpire". Senza distinzione tra militari e civili, come provano i post sugli attentati in Francia, Belgio e Bangladesh.
Tra i video condivisi sui social anche quello che riprende un ragazzo di 15 anni accompagnato dal padre al martirio. Halili, in particolare, ammira i "predicatori dell'odio" britannici arrestati, che è riuscito perfino a contattare arrivando ad offrire del denaro per contribuire alle spese processuali.