La Carovana dei Ghiacci di Legambiente sul passo del Presena
Boschi che bruciano, ghiacciai che si sciolgono: un quinto del territorio nazionale è a rischio desertificazione. E in più, con l’erosione delle coste, il paesaggio dell’Italia ogni anno muta la sua fisionomia.
I dati, rilevati in questo scorcio d’estate, fanno rabbrividire. Per mano dell’uomo e per colpa del cambiamento climatico – con lunghi periodi di siccità che si alternano a intense piogge e repentini balzi delle temperature – dall’inizio dell’anno a oggi sono andati in fumo, a causa degli incendi, 158mila ettari di verde e foreste, in particolare al Sud e nelle isole. Con milioni di animali selvatici arsi vivi. E non solo: gli effetti dello sconvolgimento ambientale riguardano anche le Alpi, perché ogni anno sull’Adamello, il ghiacciaio più esteso d’Italia, in Alta Val Camonica, spariscono 14milioni di metri cubi d’acqua con un relativo e progressivo ritiro dell’area glaciale che si è ridotta di quasi 2 chilometri quadrati in 58 anni (dal 1957 al 2015).
I numeri sui roghi e sulla desertificazione, diffusi da un report di Europa Verde, mettono in evidenza che quasi la metà dei Comuni italiani (più del 44%) non ha richiesto di entrare nel catasto degli incendi, un fatto grave perché significa che sono privi dello strumento necessario all’analisi dei dati per la promozione delle politiche di salvaguardia del territorio e di prevenzione dei rischi. Finora, in questo annus horribilis, con le temperature estive che hanno raggiunto anche i 45 gradi centigradi, è come se fosse andata a fuoco una superficie che comprende le città di Roma, Napoli e Milano messe insieme. La situazione più seria è quella della Sicilia dove oltre 78mila ettari sono andati bruciati (è il 3,05% della superficie della regione). In Sardegna, invece, 20mila ettari sono andati a fuoco causando l’evacuazione di centinaia di persone dalle loro abitazioni. «Serviranno almeno 15 anni in Italia per ricostruire i boschi e la macchia mediterranea distrutti dalle fiamme – scrive Europa Verde – che hanno raggiunto pascoli, ulivi, capannoni, fienili con le scorte di foraggio e mezzi agricoli ma anche ucciso animali come ricci, scoiattoli, cervi, caprioli, volpi, ghiri, passeri, capinere, falchi, tartarughe, salamandre, lucertole». Incalcolabili i danni all’agricoltura, con 20mila ettari di coltivazioni divorati dalle fiamme, come emerge da un monitoraggio della Coldiretti.
Secondo il Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche), le aree maggiormente a rischio sono il 70% in Sicilia, il 58% in Molise, il 57% in Puglia, il 55% in Basilicata, mentre in Sardegna, Marche, Emilia-Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania sono comprese tra il 30 e il 50%», dati che indicano che «il 20% del territorio italiano è in pericolo di desertificazione». Colpa anche dell’eccessivo sfruttamento delle falde acquifere, dell’urbanizzaziione selvaggia, dei disboscamenti e delle attività estrattive spesso fuori dalle regole. Infine, «con l’avvento dei primi temporali – è l’altro allarme lanciato da Europa Verde – risulta ad altissima e drammatica probabilità il rischio di frane e alluvioni».
La denuncia di Legambiente, invece, arriva stavolta dal monitoraggio della Carovana dei ghiacciai presentato ieri a Ponte di Legno: «Nei prossimi decenni se continueremo con il trend attuale di immissioni di gas climalteranti, le masse glaciali dell’Adamello non potranno più essere ammirate dai numerosi turisti che raggiungono il passo del Presena». Qui si registra infatti una progressiva riduzione anche dello spessore del corpo glaciale, che è pari a 10-12 metri dal 2016 ad oggi. E l’acqua “persa” a causa dello scioglimento dello strato di gelo equivale a 5.600 piscine olimpiche.
La Carovana dei ghiacciai è la nuova campagna di Legambiente realizzata con il supporto del Comitato Glaciologico Italiano (CGI): dal 23 agosto al 13 viene esaminato lo stato di salute di tredici ghiacciai alpini più il glacionevato del Calderone in Abruzzo, per sensibilizzare le persone sugli effetti che i cambiamenti climatici stanno avendo anche sull’ambiente glaciale alpino.
La penisola e il clima che cambia
Siccità prolungate alternate a intense precipitazioni. Aumento repentino delle temperature e graduali processi di erosione delle coste. Diminuzione della sostanza organica dei terreni (anche a seguito di pratiche agricole intensive) e salinizzazione delle acque. Sono questi alcuni degli effetti del cambiamento climatico in atto sul Pianeta, che hanno avuto riflessi sull’ecosistema della nostra penisola: sempre più gli eventi estremi.