venerdì 21 ottobre 2016
Il presidente della Figc: «Ci danno soldi, è legale». Il portiere Buffon lo difende: «Non è bellissimo, ma fanno tutti così». Consulta antiusura e Cnca: «Così lo sport non conta più».
Tavecchio: «L'azzardo non è reato»
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Non importa che sia etico. Quello che conta è che sia lecito. «Auspichiamo che si fermi questo clamore e si valuti con attenzione e in maniera chiara: le scommesse non sono più un reato, sono lecite. Noi abbiamo operato nel lecito». Le parole di Carlo Tavecchio, presidente di Federcalcio, proferite per commentare il caso Intralot, la multinazionale delle scommesse entrata a far parte degli sponsor della Nazionale, ottengono però l’effetto contrario. Per dirla con don Armando Zappolini, presidente del Cnca, «Tavecchio avrebbe fatto meglio a tacere». Perché «non tutto ciò che è lecito è anche etico, e il fine non giustifica i mezzi», insiste il presidente delle Comunità d’accoglienza. 

«Queste affermazioni peggiorano la posizione di Tavecchio - rincara don Alberto D’Urso, presidente della Consulta nazionale antiusura –, a questo punto credo di poter dire che il presidente della Figc non abbia capito il problema». In effetti le parole dell’ex sindaco di Ponte Lambro assurto a guida del calcio italiano sembrano una debole difesa d’ufficio. «Tenendo conto che lo sponsor ci dà dei soldi – ha provato a spiegare Tavecchio –, noi non diamo l’immagine, la maglia, gli eventi. Non diamo niente e in cambio loro devono investire sui giovani. La parte morale è stata fatta».

Chiunque può trovare sul web le foto con la presentazione di Intralot tra gli sponsor principali della Figc, immagini con tanto di maglia azzurra con il logo (solo per le foto di rito e non per le partite) della società dell’azzardo. Difficile, perciò, sostenere, come dice Tavecchio, che l’immagine degli Azzurri non sia stata messa a disposizione di Intralot. Sulla questione ha sentito il dovere di intervenire Gianluigi Buffon, il portierone vero idolo dei giovanissimi. Dopo essersi ripreso da alcune papere in campo, il capitano della Nazionale, come si direbbe calcisticamente, sbaglia l’uscita proprio parlando della controversa sponsorizzazione.

«Se questa azienda porta soldi alla Figc, eticamente non è bellissimo. Ma da 20 anni – dice – le pubblicità di scommesse sono ovunque: tutti giocano e tutti prendono le distanze. Mi fa ridere: se è legale, di cosa ti devi vergognare? Siamo degli ipocriti e dei bigotti. Leviamo le scommesse, allora. E basta».

Come se in Svizzera o in Austria, dove la prostituzione è permessa, i postriboli si mettessero a finanziare le società sportive. Come se in Olanda i supermarket della marijuana investissero nelle manifestazioni sportive. Opinioni, quelle di Buffon e Tavecchio, assai difformi da quelle espresse in questi giorni da molti altri campioni (tra cui Tommasi e Toldo), che almeno la Nazionale vorrebbero vederla immune da Azzardopoli, semmai per dare l’esempio alle altre società calcistiche.

«Al centro ci sono ancora una volta i soldi e non le persone e nemmeno lo sport», dice don D’Urso che polemicamente suggerisce di cambiare nome alla Figc: «Federazione azzardo e calcio». E don Zappolini invita Tavecchio a ripassare alcune parole chiave dello sport: «Legalità, correttezza, etica, prevenzione, a questo dovrebbe servire il calcio. Invece ai nostri giovani, che già si misurano con modelli sbagliati provenienti anche dallo sport, diciamo che contano i soldi, non importa guadagnati come». In vista c’è un’altra scadenza.

Parlando dei centri scommesse il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, ha ribadito che «la conferenza unificata del 27 ottobre è conclusiva» e le «proposte del governo sono chiare e condivise da tempo con gli enti locali». Se venisse raggiunto l’accordo «è realistico affermare che già entro il 2017 possiamo dimezzare i punti di offerta gioco».

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