mercoledì 7 agosto 2019
L'esecutivo è stretto al Senato tra i sì leghisti e il no dei 5 stelle. Determinanti le opposizioni. Salvini: «Voteremo tutti i testi a favore»
Tav, il giorno delle 6 mozioni diverse. Ma nessuno vuol far cadere il governo
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«Basterebbe davvero poco per far cadere il governo sulla Tav». Le voci si rincorrono e si moltiplicano e continuano a girare per il Senato per l’intero lungo giorno che precede il voto sull’alta velocità Torino-Lione. A sposarla sono in tanti nelle opposizioni. Specie nel Pd. I senatori del Carroccio la ascoltano con un pizzico di compiacimento. Ma l’eco dell’esito della partita sul decreto sicurezza-bis è ancora nell’aria e per lo più ci si prepara alle vacanze imminenti. Da questa mattina l’assemblea di Palazzo Madama vaglierà e voterà le sei mozioni sul progetto italo-francese, contro il quale M5s ha costruito e vinto la sua campagna elettorale. Ma stavolta, con il premier Conte e il governo contro, sarà il boccone più amaro da ingoiare per Luigi Di Maio, che non intende mettere a rischio l’esecutivo ma che sarà presente a Palazzo Madama.

Così, dopo aver spostato la partita in Parlamento per rimarcare definitivamente la distinzione dalla posizione leghista, il vicepremier pentastellato offre l’ennesima occasione al suo alleato per lanciare offese e umiliazioni al M5s.

Matteo Salvini farà una puntata in aula prima del suo tour meridionale. «Ho passato sei ore a sentire tutti che c’è bisogno di infrastrutture – spiega a margine dell’incontro al Viminale con le parti sociali –. Voteremo qualunque mozione sostenga il futuro, la crescita, il progresso, la mobilità sostenibile e mi stupisce che nel 2019 ci sia ancora qualcuno che invece di andare avanti vuol tornare indietro». E poi in serata avverte: «Come si fa a fermarla, è come fermare il futuro».

Per il leader della Lega, Di Maio avrebbe messo in atto il proprio «suicidio politico», riferiscono fonti del Carroccio. La mossa strategica voluta dal leader 5s di coinvolgere le Camere e non il premier ricorderebbe gli stratagemmi della Prima Repubblica, secondo il ministro dell’Interno. A sostenere il testo pentastellato ci sarà anche il ministro Danilo Toninelli, sullo scranno più scricchiolante dell’assemblea.

Ma di fatto, se le opposizioni votassero le proprie mozioni e ritirassero le proprie truppe al momento del voto su quella 5 stelle, la frattura della maggioranza prenderebbe forma, e la crisi sarebbe inevitabile. A chiederlo sono stati +Europa e Verdi, ma anche una parte del Pd (quella in minoranza in Parlamento, legata al segretario Zingaretti). E allora riflettori accesi ancora sul Senato.

La linea più eclatante, però, appare ancora minoritaria. Si pensa piuttosto a far mancare il numero legale, o a chiedere voti per parti separate sui singoli documenti. Il Pd – spiega la vicesegretaria Paola De Micheli – vuole assistere all’imbarazzante momento in cui il governo si rimetterà all’aula per entrambe le posizioni dei testi. «Il premier Conte non può fare lo struzzo: se non esprime un parere sulla mozione Tav – incalza – , allora per il governo gialloverde sarà il momento di porre fine a questa agonia che sta danneggiando il Paese». Non resterà che «recarsi al Colle», per De Micheli. Concorda da Fi Deborah Bergamini. Mentre dall’area di Zingaretti non si esclude un cambio di tattica dell’ultim’ora.

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