«Noi ce la mettiamo tutta: facciamo ripartire i servizi, vogliamo tornare alla normalità. Poi scopriamo che il passo indietro lo vuole fare Poste Italiane ». Luca Prandini, sindaco di Concordia, nel Modenese, non ha l’aria di uno che intende arrendersi. E la sua gente, dal terribile terremoto di tre anni fa, non ha mai smesso di lottare: «Fossa è una frazione, ma certo non piccola – attacca –. Ha 1800 abitanti, la scuola materna. Noi investiamo qui, e in cambio l’ufficio postale lo fanno chiudere». Delle 87 sforbiciate previste da Poste Italiane alle sedi emiliano-romagnole (53 chiusure, 34 riduzioni di orari), «quattro riguardano l’area del cratere del sisma: Villafranca di Medolla, che avrà una razionalizzazione, più Rivara e Motta di Cavezzo, che chiuderanno i battenti». E Fossa, appunto, che nel maggio 2012 si ritrovò ad appena 15 chilometri dall’epicentro di un sisma che la spogliò di tutto, trasformando la chiesa in un enorme contenitore di macerie. Chiede più attenzione, questo pezzo di Emilia ferita. E se la chiusura degli uffici postali resta - chissà per quanto - un capitolo sospeso, la preoccupazione rimane: « Sono scelte che incidono sulla quotidianità dei nostri cittadini - riattacca Prandini - e prese senza un ragionamento complessivo sul territorio » . Ma è il solito discorso della coperta corta, verrebbe da dire: qualcuno rimarrà per forza scontentato. Oppure no? «Le chiusure sono immotivate, tanto in paesini di 30 abitanti, se costringono a spostamenti di diversi chilometri, quanto in realtà più grandi – commenta Valerio Grillini, presidente della Cisl Flp regionale –. Prenda Montefiore Conca, nel Riminese: avrà 2800 abitanti e l’ufficio postale del centro non possono chiuderlo, per via della vicinanza al municipio. Però già la riduzione dell’orario sarà un gran danno». Il sindaco Vallì Cipriani, in quota Lega Nord (una rarità, in terra romagnola), non è riuscita a mantenere l’aplomb, quando a fine gennaio è stata comunicata la riduzione d’orario dell’ufficio postale: «Il più vicino dista 7 chilometri – ha risposto in una lettera, pubblicata sul sito dell’Anpci, l’associazione nazionale piccoli comuni d’Italia –. Se una raccomandata deve essere inviata con urgenza, gli anziani dovranno prendere il taxi per poterla spedire?». Dall’appennino piacentino alla riviera romagnola i sindaci non ci stanno, e sono pronti a scendere in piazza. Così, almeno, è emerso nell’ultimo vertice, il 21 aprile, tenuto nella sede dell’Anci regionale, che da parte sua non si è mostrata troppo ottimista: «Il fatto che Poste non consideri i tavoli regionali come tavoli di negoziato è la prova che Poste ritiene non modificabile il piano, se non per correggere gli errori». Dove non riescono i sindaci, tentano i cittadini. Sulla piattaforma change.org gli abitanti di Reno Centese, in provincia di Ferrara, hanno lanciato una petizione per dire no alla chiusura dello sportello che porterà, affermano, a «un impoverimento del livello dei servizi del cittadino » in un altro territorio ferito dal sisma. Il traguardo delle 100 firme è a portata di mano. Ma servirà a qualcosa?