Proteste sabato scorso contro la fiera milanese "Wish for a baby" - Ansa
«La legge - spiega Varchi - non inficia i diritti dei bambini. Ci sono sentenze della Cassazione e della Corte costituzionale che affermano chiaramente che il genitore intenzionale può chiedere l’adozione e che il Tribunale dei minori valuta la reale esistenza di un rapporto con il bambino, senza trascrizione automatica di atti secondo leggi di altri Stati, e questo proprio a tutela dell’interesse preminente del bambino».
Sono rassicurazioni con cui Varchi e la maggioranza vogliono rispondere a chi, come Alessandro Zan del Pd, ritiene che la legge sul “reato universale” sia «un attacco senza precedenti alla comunità Lgbtq+». Un «disegno folle», secondo l’esponente dem, perché a suo avviso impedire di ricorrere alla maternità surrogata all’estero sarebbe «una scusa per discriminare e criminalizzare le famiglie arcobaleno». Ma di fronte all’accusa di «ignorare i diritti dei bambini» nati all’estero con Gpa, accusa avanzata anche da M5s, Varchi replica da un lato ricordando l’indirizzo di Cassazione e Consulta, dall’altro ricordando all’opposizione che questi «emendamenti manifesto» avrebbero potuto «riversarli in apposite proposte di legge quando erano maggioranza di governo».
In ogni caso, il rinvio alla prossima settimana è un piccolo segno di distensione. Anche il presidente della commissione Maschio prova a giustificare il suo voto - considerato una «sgrammaticatura» dalle opposizioni- affermando di aver voluto «esprimere la sua posizione» ma senza «minare l’imparzialità della seduta».
L’obiettivo di andare in aula a giugno resta in piedi, ma al momento della stretta il clima si infiammerà e l’opposizione ricorrerà all’ostruzionismo. La proposta di legge prevede che le pene ora previste su scala nazionale - reclusione da tre mesi a due anni e multa da 600.000 a un milione di euro - siano applicate anche quando il ricorso alla maternità surrogata avviene all’estero. Diversi giuristi non sono convinti di tale “estendibilità” quando lo Stato estero (in particolare dentro l’Ue) considera legale la Gpa. Motivo per cui anche Enrico Costa, del Terzo polo, «da giurista» ha votato per la soppressione. La maggioranza, invece, fa riferimento all’articolo 7 del Codice penale che stabilisce la punibilità per taluni reati anche se commessi all’estero. Ma su questo nodo la partita non finirà in Parlamento.