lunedì 9 dicembre 2024
Aperto un fascicolo per omicidio colposo dopo la morte di Amir, che si è tolto la vita nel carcere di Marassi, a Genova. Indagati due agenti
Un anno tragico per i suicidi in carcere: già 86 casi nel 2024

ANSA

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Amir Dhouiou aveva appena 21 anni ed era detenuto al carcere di Marassi, in provincia di Genova, per furto e resistenza a pubblico ufficiale. Dopo aver tentato già in passato il gesto estremo, il giovane di origine maghrebina ha posto fine alla sua vita il quattro dicembre scorso, impiccandosi nella sua cella. Aveva commesso atti di autolesionismo ed era considerato un soggetto fragile. Anche il giudice, quando il ragazzo si era presentato in tribunale, aveva sottolineato il pericolo che poteva rappresentare per sé e per gli altri. Per tutto questo era stato deciso di non metterlo in una sezione comune, ma nel centro clinico. Amir non ce l’ha fatta lo stesso. Il dramma è avvenuto in bagno, dove non ci sono telecamere. La Procura, ora, vuole capire se ci sono stati errori nella sorveglianza. Per indagare sulla sua morte è stato aperto un fascicolo con l’ipotesi di omicidio colposo. Al momento sul registro degli indagati sono stati iscritti due agenti della penitenziaria.

La notizia delle indagini sul caso di Marassi «ripropone, ove mai ve ne fosse bisogno, il tema della tutela di quanti vivono e lavorano in carcere», ha commentato Fabio Pagani, segretario della Uilpa - Polizia Penitenziaria. I detenuti «dovrebbero scontare la pena e le misure cautelari in un contesto di legittimità e sicurezza, che nella realtà pare molto prossimo all’utopia» ha aggiunto. Gli agenti, stando a quanto dichiarato dal sindacalista, «dovrebbero essere organizzati e avere gli organici e gli strumenti per poter assolvere alle loro funzioni in maniera efficace, dignitosa e senza dover essere costretti a difendersi per lo sfacelo delle carceri, di cui dovrebbe essere indagata tutta la politica che ha governato almeno negli ultimi 25 anni». Il segretario ha poi sottolineato la totale e incondizionata fiducia negli organi inquirenti, spiegando di essere loro del sindacato per primi a volere che si faccia piena luce sull’accaduto.

L’ennesimo suicidio in carcere è senza dubbio sintomo della crisi che il sistema penitenziario deve fronteggiare. A Marassi quest’anno si sono uccise quattro persone. Nel carcere genovese – con una capienza di 535 posti – sono ammassati 696 reclusi che vengono gestiti da 330 agenti, a fronte dei 551 che secondo il sindacato sarebbero necessari. Una situazione purtroppo simile a quella di tanti altri penitenziari in tutta Italia. Secondo Antigone, nelle nostre carceri sono presenti oltre 62mila detenuti a fronte di una capienza di 51.196 posti. Quello di Amir non è neppure l’ultimo caso. Lo stesso giorno della sua morte, a Verona nella casa circondariale di Montorio, un altro detenuto, il 24enne Robert Octavian, tentava di impiccarsi nella propria cella. Trasferito in ospedale in condizioni disperate, è morto due giorni dopo, portando a 86 il numero dei suicidi in carcere dall’inizio dell’anno: un triste sorpasso del record del 2022, che rappresentava il livello peggiore da trent’anni a questa parte, quando si erano tolti la vita 84 detenuti.

In carceri così sovraffollate diventa sempre più difficile poter rispondere alle finalità rieducative della pena o dare maggiori speranze a chi è costretto a viverci. Altro indicatore importante della crisi attuale è il totale delle persone morte in un istituto penitenziario nel 2024: sono 232, la cifra più alta dal 1992 a oggi secondo i dati di Ristretti Orizzonti.

Dai sindacati alle associazioni, tutti ormai chiedono misure urgenti per affrontare un’emergenza senza precedenti. Sempre ieri un’altra situazione problematica è stata denunciata dal segretario generale della Fns Cisl Sardegna, Giovanni Villa, a proposito del carcere di Cagliari-Uta, istituto che rappresenta «una bomba a orologeria che rischia di esplodere da un momento all’altro». L’allarme riguarda il fatto che un numero importante di detenuti avrebbe messo «in serio rischio la sicurezza del carcere e l’incolumità del personale di polizia penitenziaria e di chi vi lavora a qualsiasi titolo, finanche l’incolumità di altri detenuti non facinorosi».

A porre un ultimo accento sull’emergenza ieri sono stati infine i deputata Maria Elena Boschi e Roberto Giachetti che hanno annunciato un’interrogazione al ministro della Giustizia dopo aver fatto visita all’istituto penitenziario di Viterbo, dove – spiegano – il sovraffollamento sfiora ormai l’80% a fronte del personale effettivo della polizia penitenziaria pari praticamente alla metà di quello previsto: «I detenuti sono costretti a vivere in spazi inadeguati, trasformati in celle prive persino di un bagno. Una condizione inaccettabile che allontana da ogni possibilità di riscatto e che deve vedere immediatamente il coinvolgimento delle istituzioni a ogni livello, a partire dal garante nazionale dei detenuti, e su cui il ministro della Giustizia deve intervenire innanzitutto provvedendo alla nomina del Garante vacante ormai da mesi». Se dallo stato delle carceri si misura il grado di civiltà del Paese, aggiungono, «allora è evidente che ci troviamo di fronte ad un’emergenza democratica che il ministro Nordio non può ignorare. Specie dopo il record di detenuti che si sono tolti la vita».

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