Migranti sbarcati a Palermo (Fotogramma)
Una presenza sempre più stabile e integrata degli immigrati. E una crescita che c’è, ma non si vede. Sono i due tratti che emergono dal XXII Rapporto che la Fondazione Ismu ha presentato ieri a Milano. Come ogni anno, è stata l’occasione per fare il punto sugli stranieri in Italia: sono 5,9 milioni (di cui un quarto minorenni e 435mila irregolari), cioè il 9,6% della popolazione italiana. Gli extracomunitari, poi, sono meno di 4 milioni. «Eppure – spiega il segretario della Fondazione Vincenzo Cesareo – gli italiani hanno una percezione del 30% e addirittura del 20% di musulmani (dati Ipsos-Mori), mentre sono il 4%». Dal 2015 al 2016 l’incremento è stato dello 0,9% (+52mila), dovuto soprattutto agli irregolari (+31mila). «In realtà – svela Gian Carlo Blangiardo dell’Ismu – in un anno la presenza è aumentata di 230mila persone, ma il dato è 'occultato' dagli stranieri che hanno acquisito la cittadinanza italiana». Nonostante una legge arretrata, infatti, le naturalizzazioni crescono: nel 2015 i nuovi italiani sono 178mila (contro i 130mila del 2014 e i 60mila del 2012), di cui 66mila minorenni.
Al Nord, dove vive più della metà degli immigrati, la crescita non appare e nel Nord Est ci sono addirittura 22mila residenti in meno: anche qui il calo apparente si spiega con le acquisizione di cittadinanza. Invece, a Sud e nelle Isole, proprio perché qui l’immigrazione è più recente, si registra ancora un aumento significativo (+84mi-la), con punte nelle provincie di Crotone (14,4%), Campobasso, Trapani, Benevento, Sassari e Isernia.
Le nazionalità più numerose sono, nell’ordine, romeni, albanesi, cinesi, ucraini, filippini e indiani. Sono equamente divisi tra maschi e femmine, anche se ci sono alcuni gruppi marcatamente femminili come ucraini (80%), brasiliani e moldavi, e alcuni a dominanza maschile come senegalesi (74%), bangladesi, pakistani ed egiziani. Questi ultimi sono, in percentuale, la nazionalità che cresce maggiormente (+14,4%).
Tutti i dati sottolineano come la multietnicità sia sempre più strutturale: sui banchi di scuola gli alunni stranieri sono per la maggioranza nati in Italia, aumentano i permessi di soggiorno di lungo periodo e quelli per motivi familiari, mentre diminuiscono quelli per lavoro (dal 60% del 2010 al 9% del 2015). Gli immigrati assumono anche una caratteristica italiana: fanno meno figli. Se il loro contributo allo svecchiamento della popolazione rimane comunque importante, la fecondità è scesa dal 2,65 figli per donna straniera del 2008 all’1,93 del 2015.
Quanto al lavoro, arrivano segnali positivi: diminuisce la disoccupazione degli stranieri (16,2% contro l’11,4% degli italiani). Il Rapporto smentisce inoltre alcuni luoghi comuni, mostrando che non rubano impieghi agli italiani ma costituiscono un’opportunità: «Concorrono per l’8,7% al Pil italiano, hanno innalzato di quasi 4 punti percentuali la sua crescita negli anni di espansione precedenti alla crisi e durante quest’ultima ne hanno limitato la decrescita di 3 punti». Sul fronte sanitario, invece, fanno meno ricoveri rispetto agli italiani, con l’eccezione delle malattie infettive e delle complicazioni per i parti.
Spiega sempre la Fondazine Ismu: 'La quota delle famiglie straniere che non dispone di alcun reddito o pensione è di circa il doppio di quella dei nuclei italiani (7,6%). In sostanza, gli immigrati hanno un rischio di diventare poveri doppio rispetto agli italiani».
Infine, tra i quasi sei milioni di stranieri, una piccola parte è costituita dai profughi sbarcati sulle coste del Meridione. Il 2016 è stato l’anno record: dopo i 154mila del 2015 e i 170mila del 2014, al 27 novembre sono giunti via mare in 171mila migranti. Tra loro, i minori non accompagnati rappresentano il 14%, mentre costituivano l’8% nel 2015 e il 7,7% nel 2014. Quasi la metà.