venerdì 18 marzo 2016
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Una scelta «obbligata» e anche, tutto sommato, imposta dall’Europa. Il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta, l’uomo del governo con delega al gioco d’azzardo, allarga le braccia e spiega il senso del provvedimento assunto dall’esecutivo. In soldoni: se fosse stata presa la strada indicata da M5S, ovvero inserire in dichiarazione dei redditi sia le vincite italiane sia quelle estere, allora coloro che giocano nel Belpaese pagherebbero le tasse due volte, dato che sull’incasso lo Stato già preleva 'alla fonte'. In fondo, spiega il Mef, l’Europa la fa semplice, vuole che non ci siano disparità di trattamento fiscale tra gli Stati Ue. E poi lascia ai governi nazionali il compito di decidere come attuare il principio. Roma ha cercato di spiegare che la norma preesistente (dichiarare tra i redditi le vincite ottenute tramite piattaforme allocate all’estero) serviva, un minimo, a contrastare il 'nero'. Ma posti dall’euroburocrazia di fronte al solito bivio, si è preferito non raddoppiare il carico sul contribuente che ha giocato e vinto all’interno dei confini nazionali. Chiaro che in questi casi c’è sempre una certa dose di realismo a ispirare le mosse del Mef. Insomma, non è certo un mistero che il numero di persone che mettono in dichiarazione dei redditi le vincite da gioco ottenute su piattaforme estere sia ridotto all’osso. E infatti la posta è piccola, in relazione ai numeri del bilancio italiano: 4,5 milioni di euro circa. Resta il principio, perché poi, gira gira, si alternano i governi, i premier e i ministri dell’Economia ma la gran parte delle decisioni sull’azzardo vanno a sostenere, anziché limitare, il mercato del gioco. Baretta su questo punto però assume un impegno:  «Questa è una vicenda molto tecnica che ha a che fare con il rispetto delle norme comunitarie, non ci sono motivazioni politiche. I nostri veri intendimenti li mostreremo a fine aprile, alla Conferenza unificata con gli enti locali sulla distribuzione dell’offerta di gioco lungo il territorio ». Un appuntamento importante, imposto dall’ultima legge di stabilità, che dovrà sopperire anche alla scelta dell’esecutivo di mettere da parte il decreto attuativo della delega fiscale che avrebbe dovuto rimettere ordine nel comparto.
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