FOTOGRAMMA/Silvano Del Puppo
Una quota del 15% nei concorsi pubblici sarà riservata a chi ha svolto il Servizio civile. La vecchia richiesta degli enti e dei volontari sta per diventare realtà se - dopo il primo sì di martedì alla Camera con fiducia - anche il Senato approverà definitivamente il Decreto pubblica amministrazione. La buona notizia - frutto di un emendamento del Governo che ha l’obiettivo di contrastare la preoccupante flessione di domande nel Servizio civile universale - arriva alla presentazione del XXI Rapporto della Conferenza degli enti di servizio civile (Cnesc), che riunisce 29 tra i maggiori enti accreditati, un terzo del totale. L’altra novità positiva è l’aumento da 440 a 500 euro del contributo mensile ai volontari.
Un segnale di interesse politico in un momento difficile per il servizio civile. La tendenza, consolidata nel tempo, vedeva infatti a ogni bando molti più candidati dei posti disponibili. Poi la crisi: da due anni ormai restano scoperti quasi un terzo dei profili previsti nei progetti degli enti. Diverse le modalità di abbandono: c’è il calo delle domande; poi tra chi si candida sono molti quelli che, convocati, non si presentano; infine c’è chi, dopo il colloquio, decide di non entrare in servizio o lo abbandona dopo poco. L’altra buona notizia per i “servizio-civilisti” è l’aumento: non un’iniziativa del governo, stavolta, ma il risultato dell’adeguamento biennale previsto dalla legge. Vista l’inflazione, lo scatto in busta porterà probabilmente già a giugno un aumento di quasi il 14%, circa 60 euro.
A presentare il XXI Rapporto Cnesc è la presidente Laura Milani, con l’intervento anche del capo del Dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile, Michele Sciscioli. E durante la presentazione è Licio Palazzini, presidente della Consulta nazionale per il servizio civile, a confermare l’approvazione dell’emendamento per la quota nei posti pubblici non dirigenziali «per chi ha concluso senza demerito» il Servizio civile. Una misura che si pone l’obiettivo di invogliare i giovani a fare il Servizio civile. E allo stesso tempo agevolebbe l’ingresso nella pubblica amministrazione di ragazze e ragazzi “rodati” da un anno di servizio alle comunità.
Quello che cioè fanno da decenni gli enti della Cnesc. Il XXI Rapporto analizza il bando ordinario pubblicato il 21 dicembre 2020, esplicato in attività nel 2021 e nel 2022. Se gli enti che fanno parte della Cnesc sono 29, le realtà territoriali che collegate ai 29 “capofila” sono ben 6.711. Ad esempio, a essere accreditata è la Caritas italiana, che però attiva progetti di servizio civile in centinaia di diocesi.
Lo spostamento di diversi oneri dal Dipartimento agli enti, come la formazione, scarica però da tempo sul Terzo settore un enorme peso economico. A fronte di uno stanziamento statale nel 2020 di oltre 277 milioni di euro per tutti gli enti, solo quelli della Cnesc (un terzo del totale) hanno dovuto investire per quel bando oltre 109 milioni, quasi 36 milioni in più rispetto all’anno prercedente. È ipotizzabile quindi che tutti gli enti italiani complessivamente spendano per il servizio civile una cifra pari a quanto investito dallo Stato. Un sintomo dell’aumento di complessità, di burocrazia, di oneri scaricati sul non profit.
La tipologia dei progetti degli enti Cnesc è soprattutto l’assistenza (54,5%), seguita da educazione e promozione culturale (28,4%), patrimonio artistico e culturale (11,9%), poi estero, protezione civile, ambiente, agricoltura, tutti con percentuali attorno all’1%. A proposito del servizio all’estero: se in Italia le realtà collegate alla Cnesc sono pari al 29% di tutti gli enti, sui progetti fuori Italia la sola Cnesc gestisce il 69,6% di tutte le sedi all’estero. E chi è il volontario tipo degli enti della Conferenza enti Servizio civile? Soprattutto donne: sulle 50.094 domande presentate alla Cnesc per il bando 2020, ben 30.698 sono state ragazze (61,3%), mentre 19.397 i ragazzi (38,7&). Quasi 20 milioni le ore di servizio svolto in Cnesc.
Quota riservata nei concorsi e aumenti in busta paga sono le buone notizie. Ma non mancano nubi all’orizzonte, spiega la presidente Cnesc: «Dalla prossima legge di bilancio - ricorda Laura Milani - torneremo a riserve esigue, senza più i fondi del Pnrr. E questo non ci permetterà di programmare servizi e progetti. Attendiamo una risposta sulla possibilità di estendere i fondi del Piano di ripresa e resilienza anche al 2024. Assieme a una semplificazione degli oneri, che ci hanno costretto a investire molte più risorse».