domenica 4 agosto 2024
La percentuale sale al 45,7% per i nuclei con almeno tre bambini con picchi più alti nel Mezzogiorno. L’estate allarga il divario tra i ragazzi in stato di maggior svantaggio e i loro coetanei
Una famiglia in vacanza

Una famiglia in vacanza - ANSA/LUCA ZENNARO

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Molte famiglie con i figli piccoli le vacanze se le scordano: avere un solo pargoletto al seguito è un problema e se i bambini sono due o tre meglio abbandonare ogni speranza. Nel suo consueto report, Openpolis – una fondazione indipendente e senza scopo di lucro che promuove progetti per l’accesso alle informazioni pubbliche, la trasparenza e la partecipazione – incrociando i dati di Istat e del Ministero dell’Economia e delle Finanze relativi al 2021 e 2022 riesce a dare una buona notizia, l’unica in un panorama per il resto desolante: la percentuale di famiglie con un figlio che non si è potuta permettere una settimana fuori casa è calata di quattro punti e mezzo, restando pur sempre alta ma fermandosi al 30,2%.

Più figli, meno vacanze

All’aumentare dei figli, aumentano anche i problemi e sette giorni di villeggiatura diventano un miraggio per il 45,7% dei nuclei familiari con almeno tre bambini. Gli esperti di Openpolis, però, precisano: il rischio che queste percentuali siano sottostimate esiste e va tenuto presente quando si parla di dati sulla deprivazione. Forse perché non è facile attribuirsi una condizione di bisogno? Non è una colpa essere poveri, eppure l’aporofobia, il disprezzo per gli indigenti, è un sentimento diffuso. Inconfessabile ma diffuso.

Lo svago tra i diritti dell'infanzia

La posta in gioco, ovviamente, non è la tintarella ma la rinuncia a esperienze importanti di divertimento e anche di formazione a cui sono costrette fette ancora troppo ampie della popolazione. Per i bambini lo svago è un diritto messo nero su bianco il 20 novembre 1989, trentacinque anni fa, a New York, quando venne approvata la Convenzione Onu per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza: l’articolo 31 stabilisce il diritto dei bambini al riposo, al gioco, al tempo libero, a partecipare ad attività culturali… E non c’è tempo più adatto delle vacanze – per chi le fa – per dedicarsi a queste occupazioni e per condividerle con la propria famiglia.

A rischio soprattutto le famiglie monoreddito

All’origine dell’impossibilità di godersi una vacanza lontano da casa c’è, dunque, una deprivazione del nucleo familiare più o meno grave e variabile nelle diverse aree d’Italia. Alcuni spunti di riflessione interessanti, i ricercatori di Openpolis li hanno ottenuti analizzando i dati sulle famiglie monoreddito con figli a carico e sull’incidenza dei contribuenti a basso reddito nei Comuni con più di cinquemila abitanti (che sono 2.384).

Nell’ultimo anno prima dell’emergenza Covid, i valori maggiori di famiglie monoreddito con un figlio minore si raggiungevano ad Andria dove nel 2019 erano oltre un terzo (il 33,7%, per la precisione). Le città in cui il fenomeno è più evidente sono al Sud, con rare eccezioni: Barletta, Prato, Napoli, Trani, Matera, Palermo, Crotone, Latina, Vibo Valentia. I ricercatori di Openpolis hanno incrociato questo dato – le famiglie monoreddito con figli – con l’incidenza di contribuenti a basso reddito. I Comuni che si trovano in entrambe le situazioni (alta incidenza di famiglie monoreddito con figli e bassi redditi), nel 2019 erano 612, e l’83,8% di questi è nel Mezzogiorno.

Nord vs sud: il centro estivo funziona a metà

Il vento caldo dell’estate, insomma, soffia forte spingendo lontano da qualsiasi possibilità di divertimento e apprendimento i minori in condizioni di maggior svantaggio. Per le famiglie senza soldi da spendere le opportunità educative da offrire ai figli durante la lunga pausa scolastica sono poche e non sempre valide, l’offerta di centri estivi per numero e qualità presenta grandi divari tra un territorio e l’altro, come pure è a macchia di leopardo la presenza delle scuole aperte con il Piano Estate: lo sottolinea Save The Children in un sintetico documento intitolato “L’estate è arrivata… e i bambini?”. Anche in questo caso, i dati si riferiscono al 2022: in quell’anno, solo il 38,7% dei minori di età compresa tra zero e 15 anni ha avuto la possibilità di trascorrere una vacanza fuori dalla propria città per più di quattro notti consecutive tra l’inizio di giugno e la fine di agosto. Fin qui il dato medio. Scendendo nello specifico, la solfa è sempre quella: se in Liguria la percentuale schizza al 70,1%, in Calabria crolla al 6,7. Piccoli progressi in Sicilia, Sardegna e Basilicata fino ad arrivare al 13,4% della Puglia.

La lunga estate caldissima senza scuole

Soggiorni fuori città a parte, i genitori devono fare i conti con tredici settimane di pausa scolastica, più del doppio delle sei settimane a disposizione degli studenti di Germania e Danimarca e molte di più delle otto di cui godono gli alunni in Olanda, Norvegia e Francia, Paesi dove le pause sono distribuite anche sui mesi invernali. I centri estivi rappresenterebbero la soluzione più naturale ma il costo e la qualità delle strutture variano notevolmente: secondo Federconsumatori nel 2024, il costo medio per bambino è di 154 euro la settimana, con picchi di 208 euro a Milano e, verso il basso, di 100 euro a Bari. Questo per quel che riguarda i centri privati: molto più accessibili quelli comunali (90 euro a Napoli, 85 euro a Milano, 80 – in media – a Roma) che prevedono anche tariffe ridotte e agevolazioni in base all’Isee ma raramente sufficienti a garantire la gratuità. E i posti sono sempre troppo scarsi per accontentare la grande la richiesta. E la qualità? Disomogenea, secondo Save The Children: alcuni centri prevedono un calendario educativo stimolante, altri sono poco più di un servizio di babysitteraggio.

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