Ansa
Nessun accordo, nessuna mediazione sul ddl Zan. Il testo che sanziona l’omotransfobia arriva oggi nell’aula del Senato alle 9.30, senza modifiche, così come approvato dalla Camera. E si andrà, dopo la discussione generale, alla conta a scrutinio segreto sul 'non passaggio del voto per articoli', in base alla proposta avanzata da Lega e Fratelli d’Italia, la cosiddetta 'tagliola' che Pd, M5s e Leu chiedevano di ritirare per poter aprire la trattativa. La riunione 'di maggioranza' convocata nel pomeriggio dal presidente della commissione Giustizia del Senato, il leghista Andrea Ostellari, iniziava subito con i peggiori auspici, per le defezioni dei capigruppo di M5s e Leu. Al vertice erano invece presenti la capogruppo del Pd Simona Malpezzi, col vice Franco Mirabelli, Davide Faraone di Italia viva, per Forza Italia Anna Maria Bernini e il vice Maurizio Gasparri, e il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo.
Un dialogo fra sordi, con la Lega indisponibile a eliminare l’emendamento a prima firma Roberto Calderoli (in grado, astrattamente, di far bocciare la legge ancor prima di entrare nel merito) e il Pd non in grado, anche per l’assenza degli altri due partiti, di garantire l’eliminazione dei punti controversi, ossia la definizione di identità di genere (articolo 1) il rischio di reato di opinione (scaturente dall’articolo 4) e le iniziative nelle scuole (previste all’articolo 7). «Non era proponibile - spiega il Ostellari - il ritiro dell’ememdamento senza un impegno per le modifiche nel merito».
A quel punto era Italia viva, con Faraone, a proporre un’ulteriore di mediazione, un rinvio del voto di una settimana, proposta che veniva sposata anche da Forza Italia, e dalla stessa Lega, sulla quale il Pd prendeva tempo, anche per sentire M5s e Leu.
Clima non buono, ma fino a sera si alternavano voci discordanti sulla possibilità in extremis di addivenire a un accordo o almeno a un rinvio. Parallelamente, però, sotto traccia, si continuavano ad aggiornare i conti fra i sostenitori del ddl, in vista di un possibile voto segreto, e la voce circolante in serata, a Palazzo Madama, era di una tenuta (per 5 o 6 voti) della maggioranza che aveva votato la legge, Italia viva inclusa. Cosicché, alle 20, direttamente in conferenza dei capigruppo, Pd, M5s e Leu annunciavano il mancato accordo nella maggioranza. «Ho seri dubbi a questo punto che la voglia di trattativa fosse reale», constata Ostellari, prendendo atto del fallimento del tavolo da lui convocato.
«Avevamo proposto un rinvio di una settimana per continuare la mediazione, ora ognuno si prenderà le sue responsabilità», dice il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo. «La proposta di rinvio al 3 novembre era inaccettabile, per loro era solo un modo per prendere tempo», replica Loredana De Petris, per Leu, che incolpa alla Lega, per non aver ritirato la 'tagliola': «Nessuno si siede a un tavolo se uno ha ancora un’arma».
Delusa Paola Binetti, dell’Udc: «Ha prevalso alla fine l’ostinazione politica dei capi del centrosinistra a scapito di una mediazione ragionevole che avrebbe potuto portare a un risultato condiviso». Irritazione dentro Italia viva, intestataria della prima e dell’ultima mediazione. «È da irresponsabili aver deciso di andare subito in aula senza un accordo, occorreva un rinvio di una settimana per entrare nel merito, cercando un’intesa, come avevamo chiesto.
Cercando quelle modifiche che erano state auspicate anche da Letta. Senza questa intesa si rischia il naufragio in aula», sostiene Faraone, che comunque assicura i voti di Iv. Ma nel Pd sono convinti, invece, di farcela, anche a scrutinio segreto: «Non voglio nemmeno prefigurare che passi la 'tagliola' sarebbe una sconfitta per il Paese», dice Alessandro Zan.