Per Roberto Scarpinato, senatore M5s ed ex magistrato antimafia, la riforma della giustizia in atto finirà per trasformare l’Italia in un Paese dal «diritto penale di casta» e la cancellazione del reato di abuso d’ufficio (assieme alle modifiche sulle intercettazioni) non è che il primo passo.
Senatore, perché l’abolizione è un errore?
Non un errore, ma qualcosa di peggio, è parte di un disegno preciso. Senza contare che le motivazioni addotte per la soppressione si sono dimostrate assolutamente inconsistenti.
La paura della firma non è un motivo valido?
È una favola infondata: nel 2020 la norma è stata modificata ed è stato escluso il sindacato del giudice penale su tutta l’attività discrezionale degli amministratori. Quindi dov’è questa paura?
E della percentuale di archiviazione del reato nei processi cosa pensa?
Una falsa informazione. Il tasso medio di archiviazione del reato è del 62%. Nel 2021 c’è stato un picco dell’85%, ma solo perché nel 2020 hanno cambiato la norma e tanti reati prima perseguibili non lo sono più stati. Allo stesso modo, dal ‘96 a oggi c’è sempre stato un numero decrescente di iscrizioni per questo reato, perché si sono succedute tre modifiche normative e ogni volta che l’area di applicazione si è ristretta sono ovviamente aumentate le archiviazioni e le assoluzioni.
Motivazioni a parte, che rischi comporta la cancellazione?
Normalizzare l’abuso d’ufficio rappresenta una regressione dello Stato, che esiste proprio per garantire il cittadino di fronte al potere. È stata abolita anche la parte della norma che imponeva al pubblico ufficiale l’obbligo di astenersi in presenza di un interesse privato, elemento che molti sindaci avevano chiesto di mantenere. Stiamo diventando il Paese di don Rodrigo, cioè del prototipo del potente che ha una concezione padronale del potere, con il paradosso che lo Stato dovrà chiedere scusa a tutte le persone condannate finora. Che messaggio si dà a chi ha un potere e immagina di poterne disporre a proprio piacimento?
A suo avviso saranno facilitati reati più gravi o infiltrazioni mafiose?
Lei ricorderà il sacco edilizio di Palermo, realizzato proprio grazie a licenze illegittime concesse ai mafiosi da amministratori compiacenti. Per di più l’Italia, assieme alla Slovenia e all’Ungheria, è uno dei pochi Paesi europei a non avere una legge sulle lobby e una normativa seria sul conflitto di interessi, mentre 97 parlamentari sono titolari (o partecipano al Cda) di un’azienda. Governo e maggioranza procedono a passo spedito per indebolire il contrasto al malaffare e sono immobili su conflitto d’interesse e regolamentazione delle lobby. È chiaro che questo vuoto verrà occupato da rapporti di forza che regolano l’attività affaristica sui territori, dove le mafie sono da sempre presenti.
E delle modifiche sulle intercettazioni che idea si è fatto?
I colletti bianchi hanno creato uno scudo di omertà che favorisce l’impunita. Testimoni non se ne trovano perché le persone conoscono bene le loro capacità ritorsive. E poi sono specialisti delle carte, che risultano sempre in ordine. L’unico tallone di Achille è l’intercettazione che quindi è diventata l’elemento su cui si deve intervenire in tutti i modi. Non a caso il governo ha voluto modifiche sulla utilizzazione dei risultati delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli in cui sono state disposte, per cui se intercetto un mafioso che parla di corruzione non posso usare quell’intercettazione, se parlasse di un furto al supermercato, potrei farlo. Inoltre adesso con il ddl Nordio impediscono che nella trascrizione delle intercettazioni si riporti il nome di un soggetto terzo non indagato. Questo crea un buco nelle indagini: nella prima fase di queste non è possibile capire bene chi è coinvolto in attività illecite. Colui che all'inizio può apparire come terzo nel prosieguo delle indagini può rivelarsi complice.
Secondo lei c’è una strategia per alleggerire i reati contro la pa?
C’è un disegno ampio e organico per dare vita a un diritto penale di casta, separando la gente comune dai “signori” vicini al potere. Criminalizzano organizzatori e partecipanti ai rave party, prevedendo intercettazioni e misure antimafia, poi si mettono il guanto di velluto quando si tratta di punire amministratori e politici. Una violazione palese dell’articolo 3 della Costituzione, che dimostrano di non sapere neanche cosa sia.