sabato 7 settembre 2024
Dopo la clamorosa aggressione di giovedì nell'ospedale di Foggia, anche gli infermieri reclamano misure urgenti, come la presenza dei soldati nei luoghi di cura. La Fism: 16mila episodi solo nel 2023
Una recente protesta del personale sanitario

Una recente protesta del personale sanitario - Ansa

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Se i medici, dopo l’ultima, eclatante aggressione di Foggia - dove decine di persone giovedì hanno seminato il panico nel reparto di Chirugia toracica -, minacciano di abbandonare i reparti, ecco che gli infermieri mostrano non meno risolutezza. E, senza giri di parole, chiedono l’intervento dell’Esercito a presidio dei luoghi di cura. Una proposta avanzata dal presidente del sindacato di categoria Nursing Up, Antonio De Palma, che parla di «escalation di violenze nei confronti dei professionisti sanitari, che non aveva mai toccato, se guardiamo agli ultimi 10 anni, un livello di brutalità e soprattutto di pericolosità così elevato».

De Palma indica 34 episodi gravi avvenuti ad agosto, negli ospedali italiani, a causa della mancanza della vigilanza notturna. «Il ministro degli Interni faccia il punto sulla gravità della situazione – l’invito di Nursing Up –, monitorando, se necessario, ospedale per ospedale, per comprendere il livello di sicurezza legato alla presenza degli agenti e all'organizzazione delle aree più delicate». E, soprattutto, «che venga attuato un indispensabile nuovo piano di reclutamento delle forze dell'ordine, aumentando non solo i presidi fissi nei Pronto soccorso, ma soprattutto allargando la presenza temporale giornaliera dei poliziotti». Stando ad un’indagine del sindacato, «in nessun ospedale italiano, dopo la mezzanotte, viene oggi garantita la presenza di agenti, ma solo, in alcuni casi, di ronde notturne esterne ad opera di vigilantes, abbandonando totalmente a se stessi i professionisti sanitari nella fascia oraria potenzialmente più critica».

E una risposta «esemplare di Stato e Regioni» è invocata anche dalla Federazione nazionale Ordini professioni infermieristiche (Fnopi): «Azioni criminali come quelle che abbiamo visto dai video degli stessi sanitari aggrediti – dice la presidente Barbara Mangiacavalli –, non possono essere in alcun modo tollerati: chiediamo di essere difesi e messi nelle condizioni di sicurezza per poter operare». Esprimendo solidarietà «ai colleghi aggrediti» ma anche vicinanza «alla famiglia della giovane nel dolore per la grave perdita», la Fnopi «rinnova alle istituzioni la richiesta, sempre più urgente, di misure e soluzioni per una situazione che sta diventando sempre più insostenibile e intollerabile».

A proposito di misure urgenti. Per il presidente della Federazione delle società medico-scientifiche italiane (Fism), Loreto Gesualdo, andrebbe adottato il disegno di legge presentato dal senatore Ignazio Zullo (FdI), che prevede la sospensione della gratuità di accesso alle cure per tre anni per chi aggredisce operatori sanitari o danneggia le strutture del Servizio sanitario nazionale, e che contempla anche l’individuazione del Ruas (responsabile unico regionale dell’assistenza sanitaria): si porrebbe così «un freno alle aggressioni», che, tra verbali e fisiche, arrivano a «16mila nel 2023». Sebbene, aggiunge Gesualdo, il dolore dei familiari «per la perdita della giovane donna di Cerignola (Foggia) sia comprensibile e straziante, non sono ammessi atti di inciviltà. La risposta violenta e immediata non è mai giustificabile, né tantomeno utile a far luce su quanto accaduto. La fiducia nel lavoro dei professionisti sanitari deve essere mantenuta, nonostante la sofferenza». Le accuse di «malasanità, per quanto gravi, devono essere fondate su dati oggettivi e non sulla reazione istintiva del dolore – rimarca Gesualdo –. L'immediata ricerca di un colpevole o il sospetto di errore non possono essere basati su emozioni, ma devono derivare da una valutazione rigorosa dei fatti. L'aggressione fisica e verbale, oltre a essere inaccettabile, mina il delicato equilibrio di fiducia tra medico e paziente, un rapporto che è essenziale per il funzionamento del sistema sanitario».

E che il problema non riguardi solo qualche provincia meridionale - per quanto esposte più di altre ad un dilagante clima di illegalità e brutalità -, o in genere il Mezzogiorno, lo si evince anche da un report appena diffuso dall'Ordine dei medici di Firenze e dal sindacato Anaao Assomed, che, dal 2020 al 2023, evidenzia un boom di aggressioni verbali o fisiche al personale medico e sanitario toscano: oltre mille nei primi sei mesi dello scorso anno, con un aumento del 30% in tre anni. L’emergenza insomma investe tutto il Paese.

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