sabato 7 settembre 2024
L'aggressione al Policlinico Riuniti di Foggia ha spinto i camici bianchi ad esprimere con forza il loro disagio. Il presidente della Fnomceo: «Arresto per chi commette atti di violenza»
La rivolta dei medici: «Sicurezza subito o ce ne andiamo»

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La misura è colma. Se ancora ne esiste una, di misura, per il personale sanitario. L’impressionante aggressione a medici e infermieri, avvenuta nel Policlinico Riuniti di Foggia giovedì sera - non una novità nel capoluogo, anche se di una gravità mai registrata prima - pone i camici bianchi sul piede di guerra. Le decine di persone, parenti di una 23enne deceduta nel nosocomio del capoluogo dopo un intervento di chirurgia toracica, scagliatesi furiose contro un intero reparto per “punire” l’équipe responsabile dell’intervento dall’esito infausto, innescano un’iniziativa clamorosa dei camici bianchi: « Abbandoniamo gli ospedali», dicono senza peli sulla lingua i leader dei sindacati medici Anaao Assomed e Cimo-Fesmed, Pierino Di Silverio e Guido Quici. Un gesto che non avrebbe precedenti e che potrà essere evitato, affermano i sindacati, a patto che arrivino «risposte certe » sul tema della sicurezza dei professionisti sanitari.

«Il pestaggio di Foggia ai danni dei nostri colleghi ci lascia basiti soprattutto per la facilità con cui è stato commesso e l'impunità – ammettono i due sindacalisti –. Consentire a 50 persone di fare irruzione in un reparto ospedaliero vuol dire che sono state violate le più elementari regole di controllo. Non vogliamo che questi episodi rientrino in una specie di “routine della violenza” che si ripete quasi con monotona regolarità» e «alla quale si stanno abituando tutti, dalla politica, alle istituzioni all'opinione pubblica. Per non parlare dell'inaccettabile insensibilità delle aziende, indifferenti al dovere di mettere in sicurezza i propri ospedali oltre che il personale che vi opera», aggiungono. E sollecitano «un piano straordinario di riforma del sistema delle cure e dell’emergenza», in mancanza del quale «non abbiamo altra soluzione che abbandonare gli ospedali».

Ma da dove si può partire, visto che resta una convinzione diffusa degli aggressori quella di cavarsela con pene (quasi) irrisorie - sempre che si riesca ad arrivare ad un giudizio - rispetto ai danni procurati? Il presidente della Federazione degli ordini dei medici (Fnomceo), Filippo Anelli, ha pochi dubbi: «Occorre applicare l’istituto dell’arresto in flagranza differita – dice – anche nei confronti di coloro che commettono atti di violenza contro il personale sanitario. Siamo indignati» per l'ultimo «episodio di violenza. Non è possibile considerare oggi che l'accesso in qualsiasi struttura sanitaria sia libero, senza le opportune misure di sicurezza». Considerazioni condivise dal presidente della Federazione italiane aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso), Giovanni Migliore, per il quale «se decine di persone partono da casa con la deliberata intenzione di mettere in atto una violenta spedizione di gruppo contro il personale di un ospedale, dobbiamo parlare di aggressione premeditata, attuata con una modalità chiaramente mafiosa. I responsabili vanno arrestati, senza se e senza ma. È un episodio di delinquenza e ordine pubblico davanti al quale non si può rimanere inerti. Chiediamo ulteriori misure di deterrenza a partire dal fermo di polizia, con l'istituzione della flagranza differita».

Ogni volta, evidenzia il sindacato infermieri Nursind, «è sempre peggio. Il livello di rabbia e brutalità è in aumento, come nel caso pugliese che sembra assumere i contorni di una spedizione punitiva. Siamo stanchi di dover continuare a denunciare situazioni di questo tipo senza che le istituzioni riescano a trovare soluzioni efficaci». E mentre la politica, più o meno a 360 gradi, condanna l’episodio di Foggia, l’ex ministro della Salute, Roberto Speranza, oggi deputato democratico, preannuncia un’interrogazione parlamentare: «La violenza contro gli operatori sanitari – la sua presa di posizione – è inaccettabile. Le ultime immagini che arrivano da Foggia sono oltre i limiti. Presenteremo con altri colleghi una interrogazione per avere chiarezza su quanto accaduto. Serve una reazione unitaria di tutte le forze politiche e sociali a difesa di chi ogni giorno lavora nel Servizio sanitario nazionale».

Cittadinanzattiva richiama l’attenzione sul «tema del rapporto di fiducia fra sanitari e pazienti o familiari», e della «umanizzazione delle cure». L’associazione «attende gli esiti della doppia indagine: quella sui fatti di violenza e quella interna, per valutare il percorso di assistenza alla ragazza deceduta a seguito dell’intervento. Un intreccio di situazioni pesanti sui quali – auspica la segretaria generale dell’associazione, Anna Lisa Mandorino – speriamo si faccia presto chiarezza».

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