Saman Abbas, la ragazza musulmana scomparsa nelle campagne del Reggiano
Le parole sono importanti e vanno usate con cura. Però pesano, soprattutto se pronunciate in determinati contesti. E ieri l’Ucoii ha pronunciato la parola "fatwa" a proposito della vicenda di Saman Abbas, la ragazza musulmana scomparsa nelle campagne reggiane. «Una fatwa è un parere religioso che trova le sue fondamenta nei testi sacri del Corano e nella tradizione profetica dell’islam – spiega Yassine Lafram, presidente dell’Ucoii, l’Unione delle comunità islamiche italiane –. È emessa in casi di gravità assoluta e la vicenda di Saman rientra tra questi». Lafram non vuole lasciare margini di ambiguità sulla vicenda. «Emetteremo una fatwa contro i matrimoni combinati forzati e l’altrettanto tribale usanza dell’infibulazione femminile» ha fatto sapere l’Ucoii, «in concerto con l’Associazione islamica degli imam e delle guide religiose». Inutile dire che la nota ha destato scalpore, in un contesto comunicativo abituato alle semplificazioni. In realtà, almeno per l’ente religioso più rappresentativo del mondo islamico nel nostro Paese, il principio della trasparenza è un carattere distintivo da tempo. Soprattutto dentro il mondo musulmano, a volte diviso e frammentato. «Noi ci mettiamo la faccia sempre, perché siamo a contatto con la nostra base che ci chiede proprio questo: nessun insabbiamento in vicende come queste, nessuna ambiguità». È il silenzio di altri mondi legati all’islam italiano che forse oggi colpisce il resto dell’opinione pubblica.
«Sappiamo che all’interno di alcune comunità etniche persistono ancora situazioni e comportamenti lesivi dei diritti delle persone» ha spiegato l’Ucoii, parlando di azioni che «non possono trovare alcuna giustificazione religiosa, quindi assolutamente da condannare, e ancor più da prevenire». In particolare, sul caso di Saman, il numero uno dell’Unione delle comunità islamiche ripete che «proprio dal punto di vista religioso si tratta di qualcosa di inammissibile. Non c’è nulla che possa spiegare tragedie del genere. Per questo, preghiamo per lei affinché ritorni sana e salva. E poi rivolgiamo un appello alla sua famiglia: non costruiamo odio ma amore partendo dal rispetto della vita».
Per quanto riguarda l’Ucoii, il percorso intrapreso sembra procedere in una direzione chiara. C’è un filo diretto che unisce il lavoro fatto negli anni passati da Izzedin Elzir, imam della moschea di Firenze, a ciò che sta facendo Yassine Lafram, che ha preso il suo posto. Non c’è solo l’impegno comune contro tutti i fondamentalismi, ma anche l’attenzione alla vita concreta delle comunità islamiche, i segnali di novità che si intravedono sul ruolo della donna, la presenza in situazioni difficili come il carcere, a dire che una parte importante del mondo musulmano nel nostro Paese vuole contare per ciò che realmente fa e rappresenta. Ieri, ad esempio, nel giorno in cui l’opinione pubblica discuteva della "fatwa", l’Unione interveniva nel dibattito pubblico anche con un’altra riflessione, sulla Festa del 2 giugno, elogiando la scelta referendaria della Repubblica, il voto alle donne, la nascita della Costituente. «La democrazia lì espressa è una pianta che va innaffiata e curata ogni giorno». Se si scorre l’insieme delle prese di posizione più recenti, si trovano interventi su tutti i grandi temi di attualità, a testimonianza di un desiderio di cittadinanza che sta contagiando soprattutto le nuove generazioni di musulmani, quelle nate e cresciute in Italia.
Temi di cui l’Ucoii parla spesso apertamente col mondo cattolico, come dimostra il confronto continuo a Bologna con il cardinale Matteo Zuppi e il mondo dell’associazionismo. Un percorso che non è ancora compiuto e che deve affrontare ostacoli e difficoltà, comuni ad altre religioni, come ad esempio l’allontanamento dalla pratica religiosa dei più giovani. Ma la strada pare tracciata.