Mattarella a Forlì (Ansa)
Scade domani, mercoledì, con tutta probabilità, il tempo lasciato da Sergio Mattarella ai partiti per mandare un segnale di dialogo, senza il quale sarà il capo dello Stato a decidere come procedere per dare un governo al Paese dopo 45 giorni dalle elezioni. Con un comunicato il Capo dello Stato convocherà una personalità alla quale affidare un mandato esplorativo o un preincarico. Quale sarà la sua decisione lo si saprà quasi certamente domani. Ma già si fanno previsioni e ipotesi. Matteo Salvini, dopo aver ironizzato sulla chiusura di uno dei due forni annunciata da Luigi Di Maio, apre all'ipotesi di un incarico a una figura terza. "Se il presidente della Repubblica conferisce l'incarico a qualcuno in gamba con un programma che condivido, perché no! Speriamo che serva - afferma dal Molise -. Io giudico positivamente ogni passo in avanti verso la fine delle polemiche e l'inizio del lavoro vero. Governo vuol dire avere ministri che si occupino di sanità, di scuola, di giustizia, di agricoltura e di disabili e un Parlamento pienamente operativo".
Un invito alla "responsabilità" viene intanto da Paolo Gentiloni, per il quale "l'Italia ha fatto una strada importante in questi anni, deve continuare e non può permettersi di andare fuori strada". Parlando all'inaugurazione del Salone del Mobile, il premier ha spiegato che "serve la responsabilità politica da parte di chi governerà ma serve anche la responsabilità da parte di tutti, anche delle imprese e delle forze sociali". Parole a cui ha fatto eco la presidente del Senato Elisabetta Casellati, che molti indicano come candidata a un eventuale mandato esplorativo da parte del Capo dello Stato: la Fiera del mobile, ha detto, è un esempio tangibile "di come l'Italia ancora oggi, più di ieri, possa farcela".
E aperture arrivano anche dal reggente Dem Maurizio Martina, che ha detto che il suo partito è pronto a confrontarsi "su tre punti" che erano il programma elettorale del Pd (povertà, famiglia, lavoro), mossa che ha ricevuto il plauso di M5s come "iniziativa utile".
La giornata politica di lunedì (di Angelo Picariello)
La prima giornata di ulteriore riflessione, lunedì, è trascorsa senza segnali. E non ce ne saranno molte ancora. «Alcuni giorni» aveva concesso ai partiti venerdì, al termine delle consultazioni, Sergio Mattarella. A sera, di ritorno dalla visita a Forlì per il trentennale dell’assassinio di Roberto Ruffilli, il presidente della Repubblica fa il punto con i suoi collaboratori per essere informato di eventuali sviluppi nella trattativa. Ma novità non ve ne sono, e questa è già una notizia negativa, che fa allontanare la possibilità che domani, mercoledì - giorno per il quale sono attese decisioni del Quirinale - possa essere il giorno per un pre-incarico.
È stata una giornata in cui Mattarella, nella città romagnola, in una visita densa di impegni (ha visitato anche un centro di ricerca anti tumori e il celebre allevatore Francesco Amadori), è sembrato mettere in vetrina la calma dei nervi distesi di fronte a una situazione politica se possibile ancora più tesa, entrata nei 15 giorni di fine campagna elettorale per il Molise (che vota il 22) e Friuli-Venezia Giulia (il 29). Con i 'vincitori' che - invece di segnare passi di avvicinamento - si punzecchiano a vicenda, e le acque che si increspano anche fra alleati del centrodestra, che mostrano evidenti differenze di strategia.
Prende corpo, quindi, non essendo matura, l’ipotesi che la scelta del Colle per tentare di smuovere la situazione possa essere un mandato esplorativo. La giornata di oggi dovrebbe servire a individuare quale delle due figure risponda meglio all’esigenza di tentare di smuovere la situazione. Perché è evidente che sia Elisabetta Casellati, sia Roberto Fico, freschi di incarico, mantengono una connotazione politica ben precisa, e la scelta che dovesse ricadere su uno dei due potrebbe denotare, in qualche modo una scelta di campo verso un tipo di soluzione piuttosto che verso un altro.
La giornata politica, d’altronde, ha restituito la sensazione, ancora una volta, che i potenziali destinatari di incarico si guardino bene dal sollecitarlo. Un gioco a rimpiattino emerso con chiarezza giovedì scorso, nel corso delle consultazioni, tanto da indurre il capo dello Stato alla determinazione - annunciata venerdì - di dare una accelerata a una situazione ormai impantanata. Le parole di Matteo Salvini, in giro nel Molise per le Regionali, assumono i contorni di una mezza sfida all’'arbitro': «Sia chiaro a tutti, anche alle orecchie di chi non vuole intendere, che se vinciamo in Friuli e in Molise, nel giro di 15 giorni si fa il governo», dice il leader della Lega da Montenero di Bisaccia, laddove dal Quirinale arrivano invece segnali chiari di voler chiudere prima, o almeno di arrivare a un incarico pieno prima di fine mese. Salvini la spiega così: «È chiaro che se in Molise domenica e in Friuli domenica prossima verrà premiata la forza e il coraggio e la chiarezza della Lega, nell’arco di 15 giorni chi deve capire capisce e il governo comincia a fare, a lavorare senza perdere altro tempo». Perché la via d’uscita che Salvini vede è e resta una sola: l’intesa con M5s. Si tratta solo di chiarire una volta per tutte chi deve fare il vice a chi, mentre altri scenari non ne vede, a differenza di Silvio Berlusconi, che sembra guardare anche altrove. Salvini è tornato invece ad escludere intese con il Pd: «Non posso prendere in giro chi mi ha votato un mese fa facendo finta di nulla e andando al governo con Matteo Renzi», ha detto.
Poi, dai giorni si passa addirittura ai minuti. «Se vinciamo in Friuli e in Molise, il governo lo faccio in un quarto d’ora», dice il leader della Lega parlando in piazza Duomo, a sera, a Termoli, complice - forse - l’aria di mare che induce a maggiore ottimismo. Battute da campagna elettorale. Al Colle sicuramente ci si aspettava di più, in questa settimana indicata come decisiva. Alla fine apre anche uno spiraglio: «Terzo candidato? Se ci fosse qualcuno in gamba che sottoscrive la nostra idea d’Italia perché no?», risponde a precisa domanda, a Telemolise . C’è chi ci vede un riferimento al sua stimato braccio destro, Giancarlo Giorgetti, più volte messo in pista di lancio. Ma anche questa ipotesi, al momento appare prematura. L’ultima stoccata è ancora una volta al Pd, con un avvertimento a Luigi Di Maio: «Se preferisce il forno di Renzi si accomodi, temo che sia un pane muffo».