Separati in casa, entrambi vicepremier nello stesso governo Di Maio e Salvini non si parlano più. Nella foto sono a Genova per l'anniversario della tragedia del 14 agosto 2018 (Ansa)
Matteo Salvini fa buon viso a cattivo gioco e prova a spostare al 20 la sua nuova deadline: mozione di sfiducia e «costruiremo il futuro». Ma la botta c’è stata, e i colpi ora arrivano da tutte le parti. Demolito un po’ da tutti come una boutade il suo colpo di teatro in Aula per il taglio-lampo dei parlamentari, preso di mira dagli ex alleati di M5s per le dimissioni che continua a chiedere agli altri ma evita a sé stesso e ai suoi, ora registra qualche scricchiolio anche nelle sue fila.
Giancarlo Giorgetti, orientato da tempo a chiudere l’esperienza di governo, gli contesta la scelta dei tempi. Quelle di Salvini, dice il sottosegretario alla Presidenza, sono decisioni sue, «un capo sempre decide da solo». Ma rompendo prima non sarebbe stato più facile andare a votare? «Sì, probabilmente sì», ammette Giorgetti che non commenta l’uscita di Salvini: «Non sono costituzionalista, ci sono interpretazioni diverse. Ascolteremo Conte e vedremo».
Il quadro è confuso, le prospettive più che incerte. Ma Salvini prova a mostrare sicurezza e a guardare avanti: al voto e al nuovo governo che già immagina, nel quale vorrebbe proprio Giorgetti come ministro dell’Economia. «Il 20 agosto - si dice certo - sfiduceremo il premier. In tantissimi chiedono che non ci siano giochini di palazzo, governi tecnici. La via maestra, democratica, trasparente, lineare, è quella delle elezioni. Stiamo facendo tutto il possibile perché gli italiani possano votare. No a governi strani, prima si vota, meglio è». E avverte: «Che gli italiani possano essere governati da chi ha perso le ultime elezioni, una dopo l’altra, sarebbe democraticamente curioso». Quanto all’accusa di bluff, sul taglio ai parlamentari, difende la sua proposta: «Puoi aspettare 6-7 mesi senza governo e senza maggioranza spiega -, oppure votare subito. La legge lo permette. E poi attuare il taglio. Non vorrei che qualcuno tirasse a perdere tempo».
Con i tempi più lunghi il futuro diventa più incerto, nessuno si fida di nessuno, e in tutti i partiti ci sono spinte e controspinte. Dentro Forza Italia, ad esempio, c’è chi non si fida dello strappo di Salvini e dell’accelerazione verso il voto, specie se il leader della Lega continua a rifiutare l’alleanza con una lista autonoma di Forza Italia. E così qualcuno inizia a guardare con qualche interesse alla prospettiva di un governo istituzionale.
Anche la configurazione di un nuovo centrodestra con il quale andare al voto resta confusa, perché mentre l’incontro Salvini-Berlusconi è stato rinviato il leader della Lega ieri ha visto Giovanni Toti: i due si sono incontrati a pranzo. Ufficialmente sul tavolo c’erano i problemi di Genova e della Liguria, ma è inevitabile pensare che abbiano discusso anche del futuro del centrodestra e del ruolo di "Cambiamo", il movimento che ha segnato la scissione del governatore dagli azzurri con il quale vorrebbe diventare interlocutore privilegiato svuotando Forza Italia.
Salvini nel dubbio sul da farsi resta saldamente in sella al Viminale, e gli alleati di M5s lo accusano, sul Blog delle Stelle, di «incoerenza imbarazzante». Lo invitano a «mollare la poltrona, passando dalle parole ai fatti». Nel frattempo la crisi non è nemmeno ufficialmente aperta. E c’è chi è convinto che chi aveva fretta di aprirla ora prenda in considerazione di tornare sui suoi passi.