sabato 21 luglio 2018
I trafficanti moltiplicano i percorsi per aggirare i controlli. La guerra (con bombe italiane) nella penisola araba sposta i flussi verso il Maghreb. In Croazia fermati stranieri nascosti nei furgoni
La guerra, fatta anche con le bombe italiane, sta distruggendo lo Yemen (Ansa)

La guerra, fatta anche con le bombe italiane, sta distruggendo lo Yemen (Ansa)

COMMENTA E CONDIVIDI

Ci sono stragi di cui quasi mai si viene a sapere. Come nelle acque che separano lo Yemen dal Corno d’Africa. Alcune volte, però, nonostante l’assenza di testimoni, qualcosa trapela. Ieri un barcone con a bordo 160 migranti africani si è capovolto nella provincia meridionale yemenita di Shabwa. Secondo quanto riferito da autorità e capi tribù, l’imbarcazione era partita dal porto di Bosaso, in Somalia, con a bordo 100 somali e 60 etiopi, compresi donne e bambini. Come in precedenti circostanze non si conosce ne il numero dei superstiti né quello delle vittime.

La rotta dal Corno d’Africa verso il Golfo di Aden resta tra le più pericolose al mondo. Il monopolio è nelle mani delle organizzazioni della pirateria somala, specializzata anche ne contrabbando e nel traffico di esseri umani. Storicamente la gran parte dei migranti africani che raggiungevano lo Yemen si spostavano nel resto della Penisola Araba, in gran parte a ingrossare le fila dei nuovi schiavi nelle monarchie petrolifere. A causa del conflitto yemenita l’attraversamento del Paese si è fatto talmente pericoloso che solo nel 2017, secondo fonti delle Nazioni Unite, quasi 100mila africani sono tornati nel Corno d’Africa per dirigersi a Nord, specialmente verso la Libia e l’Europa.

Secondo l’Onu almeno 22,2 milioni di persone hanno bisogno di aiuti alimentari in Yemen, e 8,4 milioni sono minacciati da una grave insicurezza alimentare. Il colera ha infettato 1,1 milioni di persone da aprile 2017, costituendo il peggior focolaio mondiale, e la difterite è tornata nel Paese per la prima volta dal 1982. L’Unicef ha fatto sapere che negli ultimi 13 mesi il numero di morti dovuti all’epidemia di colera ha superato i 2.300.

Da metà giugno, la guerra nel Paese arabo ha visto una nuova escalation in seguito all’offensiva lanciata sulla città di Hodeidah, l’unico porto rimasto in mano ai miliziani sciiti filo-iraniani houthi, la cui caduta potrebbe determinare il crollo del fronte ribelle. Un conflitto che ha ricadute dirette sui flussi migratori in Europa. L’instabilità, infatti, ha spinto i trafficanti a puntare principalmente sulla rotta europea. Intanto proseguono i bombardamenti, in grande misura sostenuti dalle esportazioni di bombe aeree italiane acquistate dalla coalizione saudita che bersagli le province degli houthi.

I conflitti e le incertezze in tutto il quadrante hanno permesso di moltiplicare le vie delle migrazioni che, specie dopo gli accordi dell’Italia e dell’Ue con la Libia, hanno trovato nuove strade. Il Salvamento Marittimo spagnolo ha reso noto di avere tratto in salvo 450 migranti in arrivo su 20 imbarcazioni dalle coste nord africane nella zona dello Stretto di Gibilterra, facendo salire a oltre 18mila il numero dei migranti giunti da gennaio nella penisola iberica. La rotta occidentale dalle coste nordafricane a quelle dell’Andalusia è diventata la più trafficata fra le coste sud-mediterranee e l’Europa. E oggi a Palma di Maiorca arriverà la nave di Open Arms con a bordo la camerunense Josefa e i corpi di una donna e di un bambino che, come ha ammesso ieri a La Stampa la Guardia costiera libica, sono stati abbandonati in mare.

Il capo della Mezzaluna Rossa tunisina, intanto, ha detto che le condizioni dei 40 migranti a bordo della nave Sarost 5, alla quale dopo una settimana non è ancora stato dato il permesso di attraccare, si stanno deteriorando. Da oriente non arrivano segnali di definitiva chiusura della rotta balcanica, che al contrario appare in ripresa. Da alcuni mesi si è attivata una inedita pista terrestre che dalla Grecia passa attraverso l’Albania, il Montenegro e la Bosnia, in direzione di Croazia e Slovenia: ieri 37 migranti sono stati trovati nascosti in un furgone in Croazia, nei pressi del confine con la Bosnia-Erzegovina; pochi giorni prima in Istria sempre in un van erano stati individuati 23 stranieri, in maggioranza pachistani.

Ma è la Libia la grande incognita. Tripoli ieri ha nuovamente chiuso le porte a centri di sbarco Ue per i migranti. Lo ha ribadito il premier Fayez al-Sarraj, assicurando alla testata tedesca Bild che il suo Paese non accetterà di venire trasformato in una piattaforma per lo smistamento dei profighi: non ci saranno accordi per prendere profughi, neanche in cambio di soldi, e i rimpatri dovranno essere gestiti direttamente con i Paesi d’origine.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: