Per strada non c’è nessuno. Le ronde, uno dei provvedimenti più discussi degli ultimi anni, non sono mai partite. Ricordate le famose "associazioni di cittadini volontari" che avrebbero dovuto presidiare i quartieri a rischio delle nostre città e allertare le forze dell’ordine in caso di pericolo? Non pervenute. Basta chiedere all’Associazione nazionale dei Comuni italiani, primi destinatari della misura fortemente voluta dall’esecutivo. «A oltre un anno di distanza, non c’è nulla. Nessun dato significativo» risponde a precisa domanda Flavio Zanonato, vicepresidente dell’Anci con delega alle politiche della sicurezza e sindaco di Padova in quota Pd. Un primo cittadino tutt’altro che tollerante in materia di ordine pubblico, visto che non ha esitato a costruire un muro nella sua città (il muro di via Anelli) per combattere degrado e spaccio in una zona ad alto rischio, attirandosi gli strali innanzitutto della sua parte politica. Eppure, sulle ronde Zanonato non ha dubbi. «Dai sindaci non sono mai giunte richieste di chiarimento sull’uso dei volontari, semplicemente perché nessuno ne ha bisogno. A oggi si sono rivelate soltanto uno spot propagandistico».
Verifica ministeriale in corsoIl ministero dell’Interno preferisce non commentare, ricordando però di essere in attesa dei dati delle 110 Prefetture d’Italia, che via via sta ricevendo. Ed è stato lo stesso ministro Roberto Maroni, nel luglio scorso, ad assicurare invece che l’operazione sta funzionando, «sono molte le iniziative partite», e che è in corso una verifica sui risultati e sui meccanismi. Un problema comunque c’è. «Abbiamo ricevuto molte segnalazioni dai sindaci che vogliono fare – ha detto Maroni – e che hanno incontrato difficoltà di carattere burocratico». Il riferimento è ai poteri dei primi cittadini, cui spetta di emanare un’apposita ordinanza. «Lo strumento delle ordinanze in parte è servito – riconosce Zanonato – ma il punto è che sui temi del degrado urbano si tratta di un’arma spuntata. È meglio avere i nonni vigile fuori dalle scuole, piuttosto che le squadre politicizzate che chiedeva la Lega».Per la Corte Costituzionale, che si è espressa con una sentenza a giugno, l’impiego di cittadini non armati è legittimo sui fatti che attengono alla sicurezza urbana, mentre è illegittimo nelle situazioni di disagio sociale. Nel mondo politico è soprattutto il Carroccio a difendere la bontà del provvedimento, tra il silenzio degli alleati e gli attacchi ripetuti dell’opposizione, ma pare sempre più evidente come sia mancata, in questo anno, la presenza di una base di consenso sociale seppur minima nell’opinione pubblica. Anche perché sul territorio, i soggetti chiamati a gestire direttamente il nuovo quadro normativo non hanno fatto mai mistero delle loro perplessità. Prendete ad esempio i sindacati di polizia. «Per fortuna è stato un flop – chiarisce subito Felice Romano, segretario generale del Siulp –. Le ronde non sono mai partite e chi pensava di relegare la polizia a dare esecuzione delle ordinanze dei sindaci si sbagliava. È bastato che i 100 milioni di euro stanziati inizialmente dalla Finanziaria dell’anno scorso venissero tolti, perché il miraggio dei volontari per la sicurezza scomparisse definitivamente» chiosa sarcasticamente Romano.Niente fondi, niente ronde: è l’equazione avvalorata dai rappresentanti dei poliziotti. Obiettivo sicurezza partecipata In assenza di dati e riscontri, elaborare una mappa dei casi che sia significativa è pressoché impossibile: anche le dichiarazioni più ottimistiche dei primi cittadini del Varesotto, di qualche enclave del Nordest, del Lazio o della Campania (buon ultimo il Comune di Castellamare di Stabia) non hanno portato per ora a risultati concreti. Degli osservatori dotati di "giubbotto senza maniche giallo, ad alta visibilità e bande luminescenti", come specificava all’epoca un’apposita nota del Viminale, non v’è ombra. «In realtà gli studi dimostrano come le politiche di tipo securitario hanno portato in questi anni a un aumento dell’insicurezza percepita – fa notare Rosangela Lodigiani, sociologa della Cattolica e autrice del Rapporto Ambrosianeum sulla città di Milano –. Il nodo semmai è culturale e rimanda a un’esigenza di sicurezza che non è legata solo all’ordine pubblico, ma anche ad altre categorie come il posto di lavoro e la qualità della vita».Più che una chiamata alle armi per i cittadini, spiega un recente rapporto realizzato da Fondaca, la Fondazione per la cittadinanza attiva, occorrerebbe insistere sul modello di "sicurezza partecipata", già messa alla prova in alcune realtà-simbolo del Paese, da Roma alla provincia di Milano fino alla Toscana. Un modello opposto alle ronde, che secondo i primi dati ha già avuto un discreto successo nelle comunità locali.