Un gruppo di migranti abbandonati nel deserto - Frame tratto da un video diffuso dagli stessi profughi
C’è una questione etnica di fondo. Quella che il presidente tunisino Kais Saied vuole allontanare a tutti i costi e che l’accordo con l’Europa rischia invece di riportare alla ribalta con grande forza. I tunisini non vogliono i subsahariani. Lo stanno dimostrando da diversi giorni, a Sfax, dove le tensioni fra cittadini e migranti originari dei Paesi dell’Africa subsahariana sono sfociate in guerriglia vera e propria con già due vittime. L’ultima, un cittadino tunisino di 41 anni accoltellato a morte lunedì scorso da un gruppo di migranti subsahariani.
Il pubblico ministero della seconda città della Tunisia ha emesso un ordine di custodia cautelare nei confronti di 33 subsahariani irregolari. Lunedì scorso 34 migranti irregolari sono stati arrestati dopo gli scontri tra i residenti e un gruppo di subsahariani, accusati di soggiorno irregolare sul territorio tunisino. Altri 23 migranti irregolari sono stati posti in stato di in fermo di polizia il giorno prima ancora per soggiorno irregolare, oltre a quattro tunisini accusati invece di aver ospitato presso edifici di loro proprietà persone in situazione irregolare.
In diversi quartieri di Sfax (la città da cui partono tutti i barchini alla volta dell’Europa e dell’Italia, ndr) centinaia di residenti si sono radunati per le strade durante la notte chiedendo l’immediata partenza di tutti i migranti irregolari. Nei video che circolano sui social media, si possono vedere agenti di polizia che inseguono decine di migranti dalle loro case tra gli applausi dei residenti, prima di caricarli sulle auto della sicurezza. Altri hanno mostrato migranti a terra, mani sulla testa, circondati da residenti con bastoni in attesa dell’arrivo della polizia.
Ma non è tutto, perché, come denunciano diverse Ong, c’è anche il respingimento di uomini, donne e bambini in pieno deserto, senza acqua né cibo, come si vede in un video che Avvenire ha potuto visionare ma che abbiamo deciso di non riproporre perché alcuni migranti sono riconoscibili.
«In Tunisia, dopo una perquisizione in una casa a Sfax, 48 persone sono state arrestate, e 20, tra loro, sono state espulse in Libia dai militari tunisini – denuncia la Ong Alarm Phone –. Ora si trovano nella regione di confine e chiedono urgentemente aiuto: sono stati minacciati da uomini armati, denaro e cibo sono stati portati via, i loro telefoni cellulari sono stati distrutti». Con loro ci sono sei donne e una ragazza (di 16 anni), due donne sono incinte, una di loro ha bisogno di cure mediche. «Queste pratiche di deportazione e violenza perpetrate dalle autorità tunisine sulle comunità migranti sono documentate da tempo! Questo evento è un’altra prova che la Tunisia non può essere considerata un paese sicuro», conclude Alarm Phone.
Sullo sfondo c’è anche la prospettiva della firma di un memorandum d’intesa tra Bruxelles e Tunisi che prevede stanziamenti per 900 milioni di euro per frenare le partenze.
«Nella trattativa con l’Italia e l’Europa, l’ambiguità di fondo è che la Tunisia di Saied non vuole diventare l’entità che subappalta la gestione dei migranti» spiega Riccardo Fabiani, direttore Nord Africa per International crisis group. La grave situazione economica nel Paese nordafricano ha creato uno stato di instabilità e insicurezza per tutti. In particolare per i migranti che qui si erano trasferiti anni fa o quelli che fuggono dall’Inferno libico per imbarcarsi dalle coste tunisine verso l’Europa. Ma razzismo e ghettizzazione nei loro confronti sono romai diventate all’ordine del giorno. E i militari di Saied non fanno nulla per fermare le violenze.
«La situazione è molto complessa, non c’è una soluzione facile – ammette l’analista – perché la Tunisia ha bisogno di soldi ma dall’altra parte Saied con questo accordo teme che si voglia arrivare alla sostituzione etnica della popolazione tunisina cioè con quella dei migranti e si fa sempre più forte la tentazione di rifiutare questo aiuto per rafforzare il nazionalismo e sovranismo. La Tunisia, cioè, non vuole gestire i migranti subsahariani per conto dell’Europa, come invece sta facendo la Turchia». Come se ne esce? L’importante, sottolinea Fabiani «è continuare a dialogare e cercare soluzioni condivise con la Tunisia». L’Europa e l’Italia però devono anche mandare dei «messaggi chiave». «Non si devono accettare determinati eccessi da parte del governo tunisino: sia che si tratti di violenze contro i migranti subsahariani, sia che si tratti della situazione interna nel Paese».
Anche l’Osservatorio tunisino per la Difesa della Civiltà dello Stato mette in guardia sull’accordo “dubbio”. L’Ong esorta inoltre l’Ue ad evitare di approfittare della crisi finanziaria ed economica del Paese e di usarla come pretesto per risolvere la crisi migratoria a scapito della sovranità e della sicurezza della Tunisia.