La statua del giovane profugo, opera di Jago, attualmente esposta a Ponte Sant'Angelo - Foto Liverani
Prima sulla Ocean Viking in mezzo al Mediterraneo, poi a Roma allo Stadio Olimpico. Dal 6 agosto era sul ponte tra l’antica prigione di Castel Sant’Angelo e la Basilica di San Pietro. A terra, immobile, incurante della folla di turisti, artisti di strada e venditori che popolano Ponte Sant'Angelo. È l'ultima opera di Jago, nome d'arte di Jacopo Cardillo, lo scultore nato a Frosinone e che a 35 anni ha già esposto le sue opere in tutto il mondo. La statua di un giovanissimo profugo stremato, in marmo nero, è stata vandalizzata nei giorni scorsi da ignoti che hanno spezzato di netto la mano destra dell'opera, trafugandola. Un puro atto di teppismo, come molti altri. O forse qualcosa di più grave, per sfregiare un'opera che invita alla solidarietà con chi fugge dalla sua terra e finisce a dormire in strada. La statua, alla fine del suo "tour", doveva essere venduta, con una base d'asta di un milione e 250 mila euro, per devolvere tutto il ricavato alla ong di soccorso in mare SOS Mediterranee.
La mano destra della statua è stata spezzata - Foto Liverani
L'opera, in marmo nero italiano a grandezza naturale, sembra seguire in tutto il destino dei profughi di cui vuole essere un'icona dolorosa. Dal mare alla terraferma, sdraiata tra l'indifferenza dei passanti, presa a calci o a martellate. In flagella paratus sum, sono pronto al flagello è il titolo dell'opera, tratto dal Salmo 37. La stesso nome di uno dei dieci angeli barocchi di scuola berniniana che ornano Ponte Sant'Angelo e porta in mano uno degli strumenti della Passione. Lo scultore Jago - il 28 agosto si conclude a Roma la mostra retrospettiva a Palazzo Bonaparte delle sue opere - padroneggia in modo impressionante la tecnica scultorea, reinterpretando in chiave moderna i temi dei massimi maestri della scultura, da Gianlorenzo Bernini a Michelangelo. Ma unisce al suo stile classico un'approccio modernissimo, tra dirette sui canali social delle sue performance e lo stile della street art, che espone sulla strada le sue opere.
Pronto al flagello, ma forse non al martello, lo strumento che potrebbe essere stato usato per sfregiare questa opera delicata e dolorosa. Ignoti si sono accaniti, probabilmente in piena notte visto l'afflusso continuo di passanti di giorno e di sera, con un corpo contundente. O saltando di peso sulla statua. Un'insulto a un'opera d'arte che ha anche il sapore amaro dell'intolleranza, visto il messaggio dell'opera e la sua concreta finalità.
L'atto vandalico a Roma contro la scultura del profugo ricorda quello verificatosi a Lampedusa dove, nei giorni scorsi, ignoti hanno danneggiato la Porta d'Europa, l'opera dell'artista Mimmo Paladino - recentemente restaurata - simbolo della rinascita dedicata a tutti imigranti che hanno trovato la morte nel Mediterraneo. Qualcuno ha staccato alcuni oggetti decorativi, scaraventandoli a terra a poca distanza.
L'opera di Jago è realizzata in marmo nero - Reuters
Non è la prima volta che un'opera di Jago esposta in strada viene vandalizzata. Era già successo a fine dicembre 2020 a Napoli. In piazza del Plebiscito dove era stata esposta un'altra scultura in marmo bianco del giovane artista, un neonato raggomitolato in posizione fetale, con una catena al posto del cordone ombelicale. Intitolata Look down, in assonanza con la tristezza e l'isolamento dei lockdown, voleva essere un invito a guardare in basso, per accorgersi di chi soffre ed è abbandonato e indifeso. Un gruppo di ragazzi l'aveva presa a calci, spezzando una mano del neonato, per poi postare la bravata su Tik Tok. Il frammento era stato poi recuperato e restituito allo scultore che aveva invitato nel suo studio gli autori dell'atto vandalico, individuati dalle forze dell'ordine. La speranza è che anche stavolta si riesca a identificare chi ha compiuto un gesto così idiota. Che - c'è da augurarsi - sia "solo" vandalico.