martedì 11 giugno 2013
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«Dopo il 1870 sono nate due Rome, una laica, una cattolica, in contrapposizione. Queste due Rome, nella storia, sono spesso riemerse. Io credo che bisogna avere l’intelligenza politica di tenerle insieme». L’ex ministro dell’Integrazione Andrea Riccardi, storico, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, la Città Eterna la conosce bene. A cominciare dalle sue periferie, sempre più abbandonate a sé stesse, per finire con le antiche e le nuove ferite inflitte al corpo e all’anima della città. Per lui i nuovi amministratori di Roma devono porsi un obiettivo difficile e ambizioso, quello di «ridare un’anima a una città che sembra averla persa».Professor Riccardi, qual è il suo giudizio generale su queste elezioni per il Comune di Roma?Sono due i fatti di grande rilevanza. La schiacciante maggioranza a favore di Ignazio Marino e il bassissimo numero dei romani che è andato a votare. Quest’ultima è una circostanza nuova che interrompe la tradizione di grande partecipazione popolare nella Capitale. Che tipo di valutazione fa a livello nazionale?Sembrava fino a oggi che i sindaci, i leader del territorio, fossero stati risparmiati dalla crisi di credibilità che ha investito la politica a livello centrale. Invece oggi assistiamo a un pericoloso divario tra politica e elettori anche a livello municipale. Ed è chiaro che ormai nessuno – partiti tradizionali o movimenti di protesta radicale – è in grado di suscitare passioni politiche e spinte alla partecipazione. I partiti, i movimenti, i sindacati, le associazioni, devono ripartire da qui, da questo dato allarmante, per ricostruire la loro presenza.Torniamo alla Capitale. Lei nel passato ha lanciato continui allarmi sul progressivo decadimento della città... Roma si trova in uno stato obiettivamente difficile che le ha sfigurato il volto. Le periferie sono dei ghetti, è aumentata la violenza e tutto è reso più arduo dalla crisi economica che morde, per un lato, creando nuova disoccupazione e, per l’altro, assottigliando le risorse pubbliche per la spesa produttiva e sociale. Ma mi sembra che nessuno nei dibattiti recenti abbia colto nel profondo l’anima di questa grande città. Theodor Mommsen diceva che non si può stare a Roma senza un’idea universale. L’ultima giunta ha messo in campo alcune iniziative, ma non ha espresso un’idea di Roma. In campagna elettorale ho sentito molte parole, ma poche idee per Roma. È diventata una città senz’anima e questo è il problema numero uno. Il nuovo sindaco e la nuova giunta, a suo parere, da dove debbono cominciare?I compiti sono tanti e difficili. Devono lavorare da subito nelle periferie, perché è nei quartieri periferici, nella loro diversità, che si sentono di più i morsi della crisi che è una crisi economica, ma anche sociale, culturale, di identità. Devono lavorare sui giovani, ridando loro prospettive di lavoro e di futuro. Devono aiutare concretamente le famiglie, le giovani coppie, che hanno difficoltà a trovare casa e a mettere al mondo i figli. La famiglia, nella crisi generale di sfilacciamento delle reti sociali, che non ha risparmiato partiti e sindacati, è un’istituzione che ha retto, che ha fatto da vero e proprio ammortizzatore sociale, pensiamo agli anziani, ai non autosufficienti, ai giovani senza lavoro, che vivono grazie agli sforzi dei genitori e talvolta anche dei nonni. Ma sulle spalle della famiglia si sono scaricati tutti i problemi. Roma è diventata anche una città di grandi solitudini. Pensiamo agli anziani che sono sempre più numerosi e abbandonati a loro stessi. Non ho mai capito perché non si sia tentato di sviluppare una rete capillare di assistenza a domicilio che permetterebbe a questi anziani di rimanere a vivere nelle loro case, evitando il ricovero, tra l’altro più oneroso, in istituti che spesso sono solo delle anticamere del cimitero.Sembra anche, nella crisi più generale, che Roma abbia perso, a livello internazionale, molto smalto come capitale della cultura e dell’arte. Roma è una città di incomparabile ricchezza artistica e culturale. Possiede uno tra i primi scrigni di arte del mondo. Tutto questo patrimonio va sicuramente valorizzato, ma bisogna farlo coinvolgendo sempre di più i romani. Chi governa Roma deve evitare che il centro si svuoti ancora di più, diventando un grande museo senza vita o, peggio, un grande centro commerciale. Penso anche ai tanti immobili di proprietà degli ordini religiosi, che avevano finalità cultuali, assistenziali, educative che sono stati via via venduti e trasformati in altro. Il centro senza abitanti e senza storia è un aspetto di una città senz’anima.Roma è anche la sede del successore di Pietro... Roma ha un profilo particolarissimo: con la presenza del Papa è il cuore del cattolicesimo. È meta di incontri ecumenici e interreligiosi, di preghiera e di pellegrinaggi. È luogo di visita privilegiato di leader cattolici, cristiani e di altre religioni. È questo un aspetto fondamentale dell’internazionalità e dell’universalità di Roma e rappresenta una peculiarità e una ricchezza. Il governo locale deve essere capace di valorizzare e di rispettare questo profilo cattolico, universale, internazionale. I Patti lateranensi del 1929 definivano Roma «città sacra». E anche se quei patti sono stati modificati con il Concordato del 1984, il carattere sacro di Roma è rimasto intatto.E, dunque, cosa consiglia al nuovo sindaco da questo punto di vista?Essere sindaco in una città come Roma può essere una avventura entusiasmante ma anche delicatissima. Il sindaco di Roma deve avere un approccio laico e concreto, evitando di lasciarsi prendere da percorsi ideologici. Viviamo in una città già molto frammentata, che non ha bisogno di ulteriori conflitti. Serve invece un grande processo di ricomposizione.
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